Eccolo l'orologio di Perrelet.
L'automatico di Perrelet probabilmente non caricava, non tanto a causa dei fattori tecnici ma soprattutto per quelli "culturali".
La massa oscillante aveva scarsa inerzia: più pesante al centro e più sottile (quindi leggera) in periferia, il contrario del modo corretto in cui vengono costruite oggi.
L'orologio, risiedente nel panciotto, subiva movimenti verticali, i quali non influenzavano molto la massa oscillante.
Provate a mettere il Vostro orologio automatico nella tasca della giacca o della camicia, dopo pochi giorni lo troverete fermo, nonostante quelli moderni abbiano maggiore inerzia con imperniata la massa oscillante ad un sensibilissimo cuscinetto a sfere.
Purtroppo si perse la memoria dell'orologio automatico di Perrelet e solo nel 1949 venne ritrovata da Léon Leroy, quando ormai era stato già re-inventato tutto.
Grazie Alan!
stavo per far notare infatti come Breguet, come risulta anche dall'articolo su fornitoci da Patrizio, avendo acquistato degli automatici da Perrelet provò a riprodurli ma i difetti di carica erano evidenti.
Comunque, caro Emanuele, non è possibile che Perrelet abbia influenzato i successivi sviluppi della meccanica automatica: lo stesso Alan ci ha detto che Leroy ribvenne i progetti solo nel 1949.
Del resto, Harwood seguì la strada della massa oscillante limitata da molle, così come Meylan: il primo automatico con massa oscillante libera è quello di Wilsdorf.
Poi come innovazioni rilevanti, che hanno portato l'automatico al grado di perfezionamento attuale, ci furono il Bidynator di Felsa (Ebauches SA), primo automatico con massa oscillante bidirezionale, e soprattutto l'EternaMatic di Eterna SA di Grenchen, con l'elaborazione della carica automatica su cuscinetti a sfera, che caratterizzano gli automatici moderni: innovazione tanto riuscita che il logo di Eterna divenne una sorta di pentagono con 5 sfere, i cuscinetti a sfera così come sono disposti in prossimità del rotore dell'auromatico, appunto.