Articolo sullo Speciale Orologi del Corriere, di Augusto Veroni
Abraham-Louis Breguet (1747 - 1823) è unanimemente considerato il Leonardo da Vinci dell’orologeria moderna, lo abbiamo detto più volte. Il suo lavoro è ancora oggi fonte di ispirazione per molti tecnici, dal momento che alcune delle sue invenzioni si rivelarono geniali ma di difficile o incerta realizzazione per via dei limiti imposti dai materiali usati all’epoca. I secoli successivi hanno cambiato molto la situazione, al punto che gli orologi d’oggi possono vantare prestazioni (precisione) e affidabilità una volta impensabili: basti pensare che solo fino a una trentina d’anni fa nessun produttore avrebbe potuto offrire una garanzia di due o tre anni, come invece ora avviene normalmente. Anche sul fronte della costanza di marcia le cose sono molto cambiate. A parte quella degli orologi al quarzo, anche gli orologi meccanici meno costosi sono in grado di offrire una precisione ampiamente superiore alle normali necessità quotidiane. Perché, allora, alcuni tecnici ostinati vogliono andare oltre? Per riprendere fra le proprie mani la sfida (precisione e affidabilità) affrontata dai tecnici del passato e portarla verso nuovi limiti: la prosecuzione di un sogno, insomma. Quella dell’orologio «perfetto».
Fra i molti e tutti ottimi prosecutori del lavoro di Breguet quello forse candidato al ruolo di primo della classe è François-Paul Journe, artigiano splendidamente ostinato.
Un caratteraccio: quando qualcuno gli fece osservare che aver scelto di realizzare in oro ponti e platine del movimento aumentava il peso dei suoi orologi la sua risposta fu un modello interamente (ponti e platine compresi) fatto d’alluminio, per un peso complessivo di 53 grammi. Come a dire: accidenti a te, se lo vuoi leggero posso fartelo leggero ma non è questo il punto. Già: il punto.
Il punto è studiare la storia dell’orologeria e riprenderla con mezzi, tecnologie e materiali odierni. Il remontoir d’égalité, dispositivo ideato per fornire all’orologio un flusso d’energia più costante possibile, risale al XV secolo ma Journe lo riprende e lo fa proprio, realizzandone uno efficacissimo (e brevettato) in titanio; un dispositivo in grado di garantire la miglior efficacia possibile in ogni posizione dell’orologio.
Lo scappamento biassiale ad alte prestazioni di Journe riprende concettualmente lo scappamento naturale di Breguet, anch’esso a doppia ruota, portandolo però alle estreme conseguenze: nel caso di Journe questo scappamento a doppia ruota e impulsi diretti non ha bisogno di lubrificazione (Breguet diceva: datemi il lubrificante perfetto e vi darò l’orologio perfetto) e ciò consente un rendimento superiore che si traduce in una maggior costanza di marcia. In pratica, l’energia immagazzinata nei due bariletti garantisce circa 60 ore di autonomia complessiva ma nella maggior parte degli orologi quando l’autonomia scende sotto i due terzi di quella totale assistiamo a forti variazioni dell’amplitudine del bilanciere, che causano perturbazioni sensibili della costanza di marcia. Lo scappamento di Journe, però, va oltre, garantendo amplitudine costante per almeno 50 ore contro le 40, al massimo, che sarebbe lecito aspettarsi da un orologio comunque di qualità eccellente.
Come si vede, insomma, Journe parte da lontano per spingersi oltre quei limiti di precisione e affidabilità che impediscono agli orologi d’essere «perfetti». E se gli fate notare che la perfezione non è di questo mondo e comunque non esiste per definizione fisica, la sua risposta è, semplicemente: «Può essere. Ma vediamo qual è il limite...». E proprio questo è il senso dell’orologeria contemporanea: non più la precisione e l’affidabilità necessarie per la vita quotidiana ma la ribellione contro quelli da sempre considerati «limiti naturali». Un discorso che, va da sé, vale per l’orologeria come per tante altre cose e potrebbe spingersi verso aspetti trascendenti della vita.
Proprio nei significati di questa sfida, raccolta da persone come François-Paul Journe, risiede il vero fascino dell’orologeria contemporanea. Il Chronomètre Optimum è disponibile in due versioni con la cassa di platino: 40 (63.500 euro) oppure 42 mm di diametro (65.000 euro).
Le bellezza del quadrante armonico
L’eccellenza tecnica è importante ma se un orologio non è anche «bello», difficilmente si salva dall’inferno dell’invenduto. Journe ha saputo trovare anche una propria veste estetica, originale e caratteristica. La cassa è sempre di forma semplice e funzionale: elegante nelle proporzioni, studiata nei dettagli ma senza alcun eccesso di decorazioni, visto che l’orologio deve sottolineare l’eccellenza tecnica del movimento. E allora si concentra sul quadrante, che sottolinea le funzioni disponendole in modo armonico, aggiungendo cornici d’acciaio fissate con viti e lasciando aperture il cui fine è quello di esaltare i dettagli tecnici.
LA CASSA Gli orologi prodotti da Journe (meno di mille l’anno, in totale) hanno linea semplice, ma molto curata nei dettagli. Da notare che persino la corona, con un «cordoncino» inciso, per facilitare la presa, è personalizzata e diversa per i movimenti a carica manuale (cordoncino più grande) e quelli automatici. Persino la forma delle lancette (rese blu esponendole alla fiamma d'alcol) è diversa da ogni altra.
BUCATO Il foro sul quadrante non è semplicemente, come avviene in altri orologi, un’apertura per spiare l’interno del movimento. Journe sposta l’ingranaggio chiave del sistema a remontoir d’égalité verso l’esterno, fissando sul quadrante (che diventa elemento funzionale del movimento) il ponte d’ancoraggio con il relativo rubino in cui alloggia il perno. Sembra un dettaglio secondario ma rivela un matrimonio perfetto fra tecnica ed estetica.
SCAPPAMENTO Nel disegno, lo schema dello scappamento biassiale ad alte prestazioni che caratterizza il Chronomètre Optimum di Journe. La doppia ruota di scappamento viene azionata da un’ancora di foggia particolare, con i rubini sistemati sia sull’àncora stessa che su un ponte collegato direttamente al bilanciere. Si tratta di una «variazione sul tema» dello scappamento di Breguet, interpretato con tecnologie e materiali d’attualità.
IL BILANCIERE È di generose dimensioni. C’è sempre un rapporto fra il diametro del bilanciere e la «velocità» del movimento. Journe ha scelto una frequenza relativamente bassa (21.600 alternanze/ora) perché ritiene che sia il miglior compromesso fra costanza di marcia e durata nel tempo, che dipende in gran parte dal fatto che a velocità maggiore corrispondono maggiori attriti e maggior consumo delle parti.
SECONDI I «secondi morti» consistono nel far muovere la lancetta dei secondi a scatti di un secondo, come negli orologi al quarzo. Visibili sul fondello dell’orologio, i «secondi morti» sono una conseguenza delle scelte d’impostazione tecnica sulle quali si fonda il Chronomètre Optimum di Journe. Non si tratta, in pratica, di un capriccio o di un gioco di prestigio tecnico ma, al contrario, sottolineano la coerenza di Journe.