Giusto per la cronaca e da Repubblica non certo da Il Giornale!
Craxi, tesoro all’asta. I cimeli in vendita per pagare i debiti
di Giorgio Dell'Arti
CINZIA SASSO
PER LA REPUBBLICA –
Un busto di
terracotta di Giuseppe Garibaldi scolpito da Ximenes, comprato da un antiquario
di via dei Coronari, ricevuto in regalo da un amico per la festa di compleanno.
Un biglietto autografo dell’eroe dei due mondi, omaggio di Giovanni Spadolini,
che lo aveva prelevato dalla sua collezione. E poi dipinti di soggetto
risorgimentale, lettere, perfino soldatini in camicia rossa acquistati al
mercatino di Bollate dal vecchio leader socialista, ancora potente, una
domenica mattina di un secolo fa, quando, girando tra i robivecchi, veniva
omaggiato come il padrone d’Italia.
Dieci anni dopo la sua morte, il «tesoro» di Bettino Craxi va all’asta. La
moglie Anna Moncini e figli Bobo e Stefania si sono messi d’accordo e, per
pagare i debiti accumulati dal padre con la giustizia, soprattutto per liquidare
i creditori che ancora aspettano il risarcimento stabilito dalla sentenza sulla
bancarotta del vecchio Banco Ambrosiano, hanno deciso di vendere al miglior
offerente i 172 pezzi di una collezione unica, composta soprattutto di cimeli
garibaldini. Il caso vuole che questo accada proprio quest’anno, nel
centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia mentre altri scandali
scolorano questo, tanto da far apparire questa raccolta una passione innocente.
Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, lo studio del notaio Alfondo
Ajello, ha concluso l’inventario dell’eredità di Craxi, accettata dalla
famiglia con beneficio, e si appresta a invitare tutti i creditori che
intendono avvalersi della procedura a trasmettere entro il prossimo 15 marzo le
loro note di credito. Alla metà di aprile partirà ufficialmente la vera e
propria liquidazione, quindi un curatore sarà incaricato di mettere all’asta il
patrimonio. Si chiuderà così una vicenda cominciata quattordici anni fa, con il
sequestro, nel porto di Livorno, di 250 casse, pronte per essere spedite ad
Hammamet.
Una telefonata anonima aveva avvisato che sulla motonave Linda, diretta in
Tunisia, quel carico di «lana grezza» era invece un carico di «tesori». Gli
scatoloni erano troppo pesanti per contenere della lana, e in effetti,
imballati con nastri da pacco, c’erano stampe, libri, quadri, cappelli, divise,
camice rosse, oggetti d’arte antica, spade e pistole di epoca risorgimentale.
Abbandonata la sua casa di via Foppa a Milano, Craxi, all’epoca già condannato
a cinque anni e mezzo per corruzione, deciso a non rientrare in Italia, aveva
voluto con sé, nella sua ultima residenza, quello che aveva collezionato per
tutta la vita. «Adesso – dice Stefania Craxi – li vendiamo per pagare i debiti
e tutti vedranno di che cos’era fatto il tesoro di Craxi». «Quei beni -
aggiunge Bobo – dopo aver sollevato tanto scandalo erano stati dissequestrati»
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