Posso dire che Heuer casa madre era all'oscuro di tutto.
Premetto che il tema mi affascina come un trancio di spada sul bancone del pescivendolo, dico la mia per l'ultima volta su questa patetica vicenda che è l'ennesima prova di quanto squalificante e squalificata l'umanità che mediamente ruota attorno agli orologi e ai soldi che si ci possono fare sopra.
Se per
Heuer casa madre intendi il management in svizzera, è cosa possibile.
Non altrettanto si può dire con il management nazionale, che infatti mi pare di ricordare averci rimesso la poltrona a seguito di questa vicenda in cui era invischiato chiaramente unitamente al concessionario.
Queste vicende nascono dall'egocentrismo e dalla megalomania di chi crede di contare qualcosa anche quando gli si dice espressamente che non conta nulla, e che non accetta di contare poco o nulla.
Con Zenith andò bene perché Paolo Cappiello, responsabile del marchio per l'italia, riuscì a convincere Dufour, allora Ceo Zenith, della bontà dell'iniziativa. Gestita in Italia ma con il pieno supporto della manifattura.
Con Heuer è andata male perché il responsabile per l'italia del marchio, di cui non ricordo il nome, non è riuscito a fare altrettanto (o forse nemmeno ci ha provato).
Davanti a questa evidenza, ossia che la casa madre non era coinvolta, perché aveva manifestato disinteresse o perché nemmeno era stata informata, bisognava bloccare tutto e finirla lì, con un onorevole ci abbiamo provato ma non ci siamo riusciti.
Ma siccome c'è megalomania ed eccessiva considerazione di sé, e forse anche appetiti e ambizioni di altra natura, si è preferito tirare avanti, nei modi tragicomici che conosciamo. Ed è finita "bene", ossia senza spiacevoli strascichi, perché all'epoca la casa aveva una conduzione abbastanza discutibile e "leggera", fosse accaduta la stessa cosa oggi che comanda Bivier finiva molto, ma molto, male, per tutti coloro che a vario titolo pensavano di lucrare brigando alle spalle del marchio. O forse nemmeno iniziava.
Di questa storia la parte più assurda però è quella di chi nonostante certe evidenze si ostinava a difendere l'iniziativa, e non parlo degli sponsor ma di chi aveva tirato fuori i soldi. E sapete perché? Non certo perché sveniva per la bellezza dell'orologio, di cui non é mai importato niente a nessuno, ma perché gli era stato promesso che la partecipazione a quell'iniziativa avrebbe dato diritto a partecipare ad altre e più importanti, visto che si ventilavano promesse in merito ad edizioni limitate Rolex (con Dufour nuovo Ceo della casa) e Patek.