In questo senso va dato atto al verdone di aver costituito, almeno dal 90 in poi, una vera miniera di informazioni. Se non quelle delle descrizioni degli orologi, spesso lacunose, sicuramente molta documentazione fotografica (anche e soprattutto sui movimenti) e non solo.
La prima volta che ho letto di "anglage", cotes de geneve e perlage, con tanto di spiegazione di cosa fossero e come fossero realizzati, l'ho letto proprio su uno dei primi (se non il primo) verdone.
Anche alcuni articoli del compianto prof. De Toma sulla rivista "l'orologio" erano luci nel buio.
Per il resto c'erano solo marchette e parole al vento proprio sulle medesime riviste.
A volte ne rileggo qualcuna delle poche che ho conservato con un misto di divertimento e pietà.
Erano comunque anni di grande fermento e di rinata attenzione per l'orologeria, la voglia di "informare" non era del tutto sopita.
Ma sempre in termini di "innovazione" sono, non a caso, anni nerissimi; a parte Il sodalizio Fredric Piguet&Bkancpain nelle mani di Bivier, e qualcosa da IWC, per il resto il buio pesto.
D'altronde se osserviamo gli ultimi 30 anni dal punto di vista esclusivamente dell'estetica del prodotto, a parte la rivoluzione (io la definirei involuzione) dei grandi diametri, e qualche restyling ben riuscito, di fatto non c'è nulla se non certi esercizi stilistici (per me assai discutibili e troppo sperimentali) da parte di qualche indipendente.
Possibile che non si riesca a tirar fuori qualcosa di nuovo e convincente?
Io una spiegazione ce l'ho, ed è legata a quanto affermato da Daniel Roth, che meccanica ed estetica devono essere mutuamente propedeutiche.
Se non innovi la meccanica, o i meccanismi di affissione delle informazioni, l'innovazione estetica si traduce solo in un vuoto esercizio di maquillage del già fatto e già visto.
Orologi innovativi, seppur non sempre convincenti, come il da vinci di IWC, lo star wheel di AP, gli astronomici di UN, le ore vaganti di Calabrese o i suoi movimenti "gallegianti", guardacaso, muovono proprio da innovazioni meccaniche, così come il Royal Oak muove dal JLC920.
Così come in tempi più recenti le lune tridimensionali di De Bethune, o gli orologi di FPJ.
Innovazione estetica e meccanica, per me, non possono prescindere l'una dall'altra per essere convincenti e avere futuro.
Ecco perchè, anche grazie alla spinta degli smartwatch, in un prossimo futuro mi aspetto qualcosa di eclatante.