Orologico Forum 3.0

Le grandi case e la ricerca e sviluppo.

Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #15 il: Aprile 08, 2015, 13:42:11 pm »
Mi sto commuovendo, era da un po' di tempo che non leggevo cose interessanti ed intelligenti sugli orologi...  ;) :D
Adesso vado a fare una breve pausa pranzo, poi quando torno vedo di contribuire anch'io.
Comunque quello denunciato nel topic è un po' il male di questa odierna società e cioè la mancanza di cultura che nel nostro caso diventa cultura del lusso e più nello specifico cultura orologiera.
Si aggiunga anche l'orologio visto come oggetto di lusso con tutte le relative implicazioni legate alla riconoscibilità e dimostrazione di un certo status, non a caso oggi più che mai viene schernita la complicazione ripetizione minuti poiché è quella più discreta all'occhio.
In ultimo e non per ultimo il fattore investimento, che con l'investimento non ci sta a dire nulla e che si traduce quando va bene nel riuscire a guadagnare 2/300  euro con un paio di passaggi di mano od ancora peggio, nell'opera di volponi che creano sapientemente mode e relative bolle speculative logicamente a loro vantaggio sfruttando l'ignoranza generalizzata.
In tutto questo cosa dovrebbero fare le varie Maison? Curare le finiture quando in un forum di orologi di oltre 15.000 iscritti forse eravamo in 20 a saperne riconoscere il valore e la fattezza, creare calibri adeguati alle casse quando vendono ciambelle inguardabili con fondello a vista che vanno a ruba e la maggior parte delle persone dice "guarda che bel calibro!!!", ecc. ecc.
Se penso ad uno scambio di opinioni in un recente topic in un altro forum tra Ciaca ed un altro utente, che posso tranquillamente ergere a cliente medio, che voleva comprare il suo secondo PP Calatrava mi vengono i brividi... :D

ciaca

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #16 il: Aprile 08, 2015, 13:52:24 pm »
Gianluca, in realtà l'orologio "di lusso" é sempre esistito, e le sue valenze simboliche anche in termini di distinzioni tra ceti sociali, pure. Breguet vendeva i suoi orologi a reggenti e nobili, non a contadini e garzoni.
E la cosa non si circoscrive al solo ambito dell'orologio.
L'oggetto di lusso, che fosse l'orologio, l'arredo, il vestiario, o chissà che altro, esiste dalla notte dei tempi anche con le sue valenze di "status symbol".
Ciò che é clamorosamente mutato é il concetto stesso di lusso: Una volta era lusso ciò che in pochi potevano permettersi, perché troppo caro ma caro perché ricco di contenuti di pregio (materiali selezionati, ore di lavoro, personale altamente qualificato e maestria artigianale), oggi il prezzo del lusso é completamente slegato dalla sua qualità ed é lusso ciò che assurge al ruolo di status symbol, unitamente al suo prezzo, in base a fenomeni di marketing che con l'artigianato e la manifattura non hanno più alcun legame.
Nell'800 era "lusso" una stoffa pregiata frutto di materie prime rare e selezionate come la seta,importata dal lontano oriente sui bastimenti e filata a mano da sapienti e selezionati artigiani, oggi é "lusso" una pezza sdrucita fatta con materiali scadenti sfruttando come bestie i più diseredati del mondo, ma con sopra il logo giusto.
Il che é uno dei motivi per i quali le case innovano sempre meno, perché sempre meno "rende" l'investimento sul prodotto (e sulla sua eventuale innovazione) rispetto a quello sul marketing, sulla comunicazione o sul packaging.
L'aria fritta, insomma, ha sostituito il prodotto anche e soprattutto nel campo del "lusso" che da "sostanziale" si é trasformato in "immaginifico".
« Ultima modifica: Aprile 08, 2015, 14:00:24 pm da ciaca »
"A megghiu parola è chidda ca un si dici"

Errol

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #17 il: Aprile 08, 2015, 14:00:48 pm »
Chi compra qualcosa condizionato dal valore e dalla rivendibilità futura inevitabilmente non ha grande scelta, quindi si limita in un ristretto ventaglio di alternative. Non giudico tale approccio che non riesco però nemmeno a comprendere, se io scelgo un abito, un paio di scarpe, un impianto hi-fi, una moto, un televisore ed ogni altro sfizio (perché questo, in prima battuta, sono anche gli orologi), l'ultima cosa alla quale penso é la rivendibilità e il valore futuro. Penso invece al "piacere" che mi proviene dal possesso, piacere che é sempre intimamente connesso alla "qualità" del prodotto acquistato.
Ci sta anche, in modo estemporaneo, l'acquisto meno "colto", lo sfizio più"ignorante", il giocattolo alla moda ancorché privo di grandi contenuti. L'importante é esserne consapevoli, e non esserne in qualche modo schiavi in nome della rivendibilità e della tenuta del valore.
Dovrebbe essere così anche per gli orologi, ma gli orologi non hanno prestazioni che consentano di misurare la qualità anche ad un occhio inesperto o poco consapevole, e quindi percepirne la qualità e conseguentemente bearsene é un privilegio riservato a pochi.
Se però questo é l'approccio, chiudersi nella propria incapacità di riconoscere la qualità e scegliere in base alla rivalutazione e/o commerciabilità, la riconoscibilità e il "prestigio" connesso al marchio, allora non ha poi molto senso lamentarsi per la scarsa innovazione delle case, che campano di rendita proprio perché il cliente cerca solo rassicuranti cose già viste, scambiate e valorizzate, sempre con lo stesso marchio sul quadrante.

io comprare un orologio pensando solo a perdere poco vendendolo non riesco proprio a capirlo.
ma la cosa che maggiormente non riesco a comprendere è perché, questa filosofia di vita, viene applicata solo agli orologi.

se compro una macchina da 30.000 so già che dopo 5/6 anni varrà 5/7 Euro però dato che è così me ne faccio una ragione;
se compro una barca nemmeno ne parlo,
se compro un elettrodomestico do per scontato che vivrà un po di anni e dopo dovrò pagare qualcuno per venire a buttarlo,
se compro una moto apriti cielo (un detto diceva che la felicità nell'avere una moto si prova solo due giorni, quando si compra e quando si vende)

però negli orologi l'unico scopo è mantenere il valore, la facilità di rivendibilità.....è una follia.

 
        

ilcommesso

Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #18 il: Aprile 08, 2015, 14:10:56 pm »
ci sono però realtà che dimostrano che innovare e fare "cose nuove", pur mantenendo linee e forme classiche, paghi: Journe ne è l'esempio più lampante.

Il maestro in una decina d'anni ha dato alla luce orologi che sono già un simbolo, vedi resonance; cito journe perchè ha una produzione di tutto rispetto, inferiore ai 1000 orologi all'anno, ma per essere un vero indipendente è in grado di produrre "molto", pensando ai mezzi di cui dispone.

Calibri in oro e sempre nuovi, la ricerca della complicazione e della bellezza estetica vanno di pari passo, basti pensare alle scelta del tantalio sul bleu, orologio di una semplicità e bellezza abbaglianti.

E' moderno in tutto, dimensioni in primis :D, senza scadere nell'eccesso.

Anche journe tiene famiglia (e azienda), quindi volente o nolente qualche compromesso estetico ha dovuto concederlo, ma chi più di lui ha realmente innovato e prodotto negli ultimi anni?

Facile dire Lange o anche gli ultimi VC, ma hanno alle  spalle un gruppo come richemont, il che permette di agire con relativa tranquillità (al massimo cambiano CEO)  8)

Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #19 il: Aprile 08, 2015, 14:28:23 pm »
Ciò che é clamorosamente mutato é il concetto stesso di lusso: Una volta era lusso ciò che in pochi potevano permettersi, perché troppo caro ma caro perché ricco di contenuti di pregio (materiali selezionati, ore di lavoro, personale altamente qualificato e maestria artigianale), oggi il prezzo del lusso é completamente slegato dalla sua qualità ed é lusso ciò che assurge al ruolo di status symbol, unitamente al suo prezzo, in base a fenomeni di marketing che con l'artigianato e la manifattura non hanno più alcun legame.
Nell'800 era "lusso" una stoffa pregiata frutto di materie prime rare e selezionate come la seta,importata dal lontano oriente sui bastimenti e filata a mano da sapienti e selezionati artigiani, oggi é "lusso" una pezza sdrucita fatta con materiali scadenti sfruttando come bestie i più diseredati del mondo, ma con sopra il logo giusto.
Il che é uno dei motivi per i quali le case innovano sempre meno, perché sempre meno "rende" l'investimento sul prodotto (e sulla sua eventuale innovazione) rispetto a quello sul marketing, sulla comunicazione o sul packaging.
L'aria fritta, insomma, ha sostituito il prodotto anche e soprattutto nel campo del "lusso" che da "sostanziale" si é trasformato in "immaginifico".
Esattamente, è venuta meno la cultura del lusso, il cliente tipo usa l'oggetto solo per apparire e per ostentare fregandosene delle qualità dell'oggetto che possono esserci o anche no ma questo è ultroneo per lo stesso.
Anche volendo il cliente medio non riuscirebbe a cosa sta comprando perché alla fine della fiera non gliene importa nulla ed in un mercato di questo tipo che motivo hanno le grandi Maison a spendere in ricerca e sviluppo?

ciaca

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #20 il: Aprile 08, 2015, 14:52:21 pm »
Anche volendo il cliente medio non riuscirebbe a cosa sta comprando perché alla fine della fiera non gliene importa nulla ed in un mercato di questo tipo che motivo hanno le grandi Maison a spendere in ricerca e sviluppo?

Appunto, nessuna.
Simone giustamente cita FPJ, e infatti chi ha ancora interesse ad innovare é chi non ha un marchio forte e un mercato consolidato, e cerca di ritagliarsi una propria nicchia. Come molti indipendenti. Proponendo quel "lusso di sostanza" che é esso stesso di nicchia per definizione.
Oppure chi ha voglia o bisogno di rilanciarsi per recuperare terreno sulla concorrenza, vedasi per esempio Rolex con le recenti innovazioni sullo scappamento ad ancora per colmare un po' di gap rispetto ad Omega ed al suo scappamento coassiale.
In questo caso effetti benefici di una competizione sul prodotto, quando generalmente é quasi esclusivamente sul marketing.

Ma le innovazioni non sono solo quelle meccaniche, sono anche quelle sui materiali, ergonomia, praticità e forme.
Se una casa vende da oltre mezzo secolo sempre gli stessi 3 orologi con contenuti scadenti a prezzi sempre maggiori, e continua a venderli bene, che sia Omega con lo speedmaster (orologio con alle spalle un progetto di oltre 50 anni) o Patek con le decine di Calatrava animati dal modesto 215 e venduti a prezzi sempre più grotteschi, che incentivi ha a cambiare, a rischiare, ad investire? Nessuno. Campa di rendita, come da oltre 40 anni fa AP con il Royal Oak
« Ultima modifica: Aprile 08, 2015, 14:56:51 pm da ciaca »
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Bonimba

Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #21 il: Aprile 08, 2015, 15:24:12 pm »
Anche volendo il cliente medio non riuscirebbe a cosa sta comprando perché alla fine della fiera non gliene importa nulla ed in un mercato di questo tipo che motivo hanno le grandi Maison a spendere in ricerca e sviluppo?
Ma secondo te al cliente medio negli anni d'oro dell'orologeria è mai importato qualcosa di cosa ci fosse dentro l'orologio?
Secondo me no.
Negli anni 50 chi acquistava Patek / VC  acquistava , nè più nè meno che oggi , il Marchio.
Non credo che il Cumenda con PP al polso , tanto per citare uno stereotipo , sapesse cosa avesse al polso.
I volumi erano però decisamente minori , c'era certamente una maggior cura del dettaglio e le varie case avevano , come dire , più la cura del bello che non oggi che i numeri di produzione giustificano tutto.

« Ultima modifica: Aprile 08, 2015, 15:27:12 pm da Bonimba »

Cicuzzo

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #22 il: Aprile 08, 2015, 15:36:35 pm »
Continuate, continuate pure, è davvero un piacere leggerVi, come da tempo non mi capitava più.
Grazie!  ;) :)

ciaca

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #23 il: Aprile 08, 2015, 15:37:12 pm »
Credo tu non abbia tutti i torti, tanto più in un'epoca in cui documentarsi era certamente più difficile di quanto non sia oggi.
Semplicemente gli standard e la concezione dell'oggetto di lusso erano diversi, prima di tutto dalla parte del produttore, come appunto diverse erano le realtà aziendali, i volumi, i sistemi produttivi e le dimensioni dei mercati.
L'avvento del largo consumo, della produzione di massa e del relativo marketing hanno completamente stravolto tutto il contesto, la percezione del mercato è tuttavia rimasta "passiva", quello che gli propinano prende senza troppo spirito critico.
In piccolo oggi c'è certamente maggiore consapevolezza di un tempo, la nicchia dei "conosseurs" si è certamente allargata anche e soprattutto grazie alla rivoluzione digitale che ha messo in condivisione e reso facilmente accessibili un gran numero di informazioni, stimolando anche la curiosità e la voglia di approfondire che rimangono comunque condizioni necessarie ad acquisire una certa consapevolezza. Di contro, a compensare tale fenomeno, è aumentata esponenzilmente la cortina fumogena del marketing, delle reticenze, della mistificazione istituzionalizzata e delle compiacenti marchette giornalistiche (cartacee o digitali poco cambia).
« Ultima modifica: Aprile 08, 2015, 15:41:41 pm da ciaca »
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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #24 il: Aprile 08, 2015, 15:41:50 pm »
Anche volendo il cliente medio non riuscirebbe a cosa sta comprando perché alla fine della fiera non gliene importa nulla ed in un mercato di questo tipo che motivo hanno le grandi Maison a spendere in ricerca e sviluppo?
Ma secondo te al cliente medio negli anni d'oro dell'orologeria è mai importato qualcosa di cosa ci fosse dentro l'orologio?
Secondo me no.
Negli anni 50 chi acquistava Patek / VC  acquistava , nè più ne meno che oggi , il Marchio.
Non credo che il Cumenda con PP al polso , tanto per citare uno stereotipo , sapesse cosa avesse al polso.
I volumi erano però decisamente minori , c'era certamente una maggior cura del dettaglio e le varie case avevano , come dire , più la cura del bello che non oggi che i numeri di produzione giustificano tutto.
Sinceramente non lo so perché non faccio parte di quell'epoca però ragiono su due elementi, il primo oggettivo e cioè che quasi tutti gli orologi di allora presentano un grado di finitura molto più alto delle attuali produzioni (ieri con fondello chiuso ed oggi a vista) ed il secondo soggettivo è che riscontro una cultura del lusso molto più profonda nella scorsa generazione rispetto all'attuale quindi suppongo che al cliente medio degli anni 50 gliene importasse ma soprattutto sapesse cosa c'era dentro all'orologio molto di più del cliente medio attuale e che gli desse molta più importanza. A tal proposito, i più competenti forumisti che conosco non sono proprio di primo pelo (non se ne abbiano a male  :D). Ma penso che questo sia da ricercare più in un concetto di cultura generalizzato delle scorse generazioni rispetto alle attuali, a volte trovo più cultura in anziani con la quinta o terza elementare che in giovani neolaureati. Si rischia di finire OT  ma penso che l'odierna società fatta di valori sballati abbia creato tutto questo imbarbarimento, tanto è vero che siamo in un'economia  in crisi (leggasi fallimentare) ma io credo che sia più una crisi di cervelli.

ciaca

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #25 il: Aprile 08, 2015, 15:47:42 pm »
Gianluca, il livello medio delle produzioni del passato era diverso e superiore perchè diversa era la concezione di se che avevano le aziende, diverse le logiche, i sistemi produttivi, le realtà aziendali, le dimensioni dei mercati ed in generale la "mission" delle aziende stesse.
Tutto questo è stato completamente stravolto in quella sorta di seconda rivoluzione industriale creata dai moderni sistemi di produzione, nel passaggio da artigianato ad industria di serie, da lusso di prodotto di nicchia a lusso di immagine massificato.
Non è la competenza e consapevolezza del mercato che faceva l'artigianato di pregio del passato, era la mancanza di alternative possibili.
Quelle stesse alternative, molto più lucrose, che invece si sono consolidate già a partire dagli anni 60 e definitivamente consacrate negli anni 80 e che in quegli anni hanno trovato nei fenomeni di massa, nel marketing, nel culto del brand e dell'assoluto effimero la propria celebrazione.
Ricordiamoci cosa furono gli anni 80 in questo senso, e non solo per l'orologeria.

D'altronde, se rimaniamo in tema di innovazione, specie di prodotto, non è che nel passato le cose brillassero diversamente. Per oltre mezzo secolo l'orologeria da polso ha vissuto sostanzialmente degli stessi modelli, salvo rare e piuttosto ignorate eccezioni. Stilemi rigidamente codificati e piuttosto immobili nel tempo.
Semmai un certo fermento, almeno dal punto di vista stilistico, si è avuto proprio negli anni di maggior crisi, i primi anni 70, contestualmente all'avvento degli orologi al quarzo.
Gli anni in cui Genta potè proporre le sue idee a tutte le case desiderose di "svecchiarsi", modernizzarsi, cercare di far fronte all'avanzata di oggetti dall'aspetto tecnologico e avanguardistico come appunto gli orologi giapponesi.

In proporzione sembra si stia delineando un nuovo espisodio assai simile, all'orizzonte si staglia la potenziale minaccia degli smartwatch ma non ho idea di come questa industria orologiera saprà o vorrà far fronte a tale minaccia, anche in termini di innovazione di prodotto, o piuttosto se nin vorrà cavalcarla sfruttando per l'ennesima volta biecamente la forza dei propri brand.
« Ultima modifica: Aprile 08, 2015, 15:58:11 pm da ciaca »
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palombaro

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #26 il: Aprile 08, 2015, 15:57:34 pm »
Credo tu non abbia tutti i torti, tanto più in un'epoca in cui documentarsi era certamente più difficile di quanto non sia oggi.
Semplicemente gli standard e la concezione dell'oggetto di lusso erano diversi, prima di tutto dalla parte del produttore, come appunto diverse erano le realtà aziendali, i volumi, i sistemi produttivi e le dimensioni dei mercati.
L'avvento del largo consumo, della produzione di massa e del relativo marketing hanno completamente stravolto tutto il contesto, la percezione del mercato è tuttavia rimasta "passiva", quello che gli propinano prende senza troppo spirito critico.


anch'io ho sempre pensato che in fin dei conti non è che oggi si è più ignoranti di ieri ..
sarà brutto da dire e spero di non essere frainteso.. La scalata sociale è alla base di tutte le culture, inutile negarlo ... Se non si ha la sostanza per farlo ci si affida solo all'apparenza ..!!!
Per esempio mi viene in mente la narrativa tragicomica del borghesotto che cerca di rincorrere un'apparenza più nobile" ....(un'apparenza però) ...
Questa figura è attuale ora come in passato
Usando questa metafora: se i borghesotti sono tanti e i nobili pochi, l'indusrtia chi cercherà di sfruttare.. ? ?
« Ultima modifica: Aprile 08, 2015, 16:09:56 pm da palombaro »
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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #27 il: Aprile 08, 2015, 16:06:22 pm »
........ tanto più in un'epoca in cui documentarsi era certamente più difficile di quanto non sia oggi....
Infatti.
Che mezzi aveva mai a disposizione un cliente medio negli anni 50/60 ma , esagero , anche pi+ù recentemente ,prima dell'esplosione della rete ,  per acquisire consapevolezza di quello che acquistava ?
Praticamente nessuno . Qualche rivista e qualche annuario in tempi più recenti.
Oggi ha una infinità di fonti a cui attingere.
Se vuole può sapere tutto di ciò che sta acquistando.
Che poi non lo faccia o lo faccia poco  è tutto un altro discorso.
 :)

palombaro

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #28 il: Aprile 08, 2015, 16:13:21 pm »
........ tanto più in un'epoca in cui documentarsi era certamente più difficile di quanto non sia oggi....
Infatti.
Che mezzi aveva mai a disposizione un cliente medio negli anni 50/60 ma , esagero , anche pi+ù recentemente ,prima dell'esplosione della rete ,  per acquisire consapevolezza di quello che acquistava ?
Praticamente nessuno . Qualche rivista e qualche annuario in tempi più recenti.
Oggi ha una infinità di fonti a cui attingere.
Se vuole può sapere tutto di ciò che sta acquistando.
Che poi non lo faccia o lo faccia poco  è tutto un altro discorso.
 :)

ci sono i pro e i contro... se uno oggi vuole informarsi lo può fare ma si ritroverà anche con un mare di informazioni inutili o non vere  ... e questa quantità di informazioni viene assimilata ... dificilmente analizzata ... scremata..
***

ciaca

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Re:Le grandi case e la ricerca e sviluppo.
« Risposta #29 il: Aprile 08, 2015, 16:20:31 pm »
In questo senso va dato atto al verdone di aver costituito, almeno dal 90 in poi, una vera miniera di informazioni. Se non quelle delle descrizioni degli orologi, spesso lacunose, sicuramente molta documentazione fotografica (anche e soprattutto sui movimenti) e non solo.
La prima volta che ho letto di "anglage", cotes de geneve e perlage, con tanto di spiegazione di cosa fossero e come fossero realizzati, l'ho letto proprio su uno dei primi (se non il primo) verdone.
Anche alcuni articoli del compianto prof. De Toma sulla rivista "l'orologio" erano luci nel buio.
Per il resto c'erano solo marchette e parole al vento proprio sulle medesime riviste.
A volte ne rileggo qualcuna delle poche che ho conservato con un misto di divertimento e pietà.
Erano comunque anni di grande fermento e di rinata attenzione per l'orologeria, la voglia di "informare" non era del tutto sopita.
Ma sempre in termini di "innovazione" sono, non a caso, anni nerissimi; a parte Il sodalizio Fredric Piguet&Bkancpain nelle mani di Bivier, e qualcosa da IWC, per il resto il buio pesto.
D'altronde se osserviamo gli ultimi 30 anni dal punto di vista esclusivamente dell'estetica del prodotto, a parte la rivoluzione (io la definirei involuzione) dei grandi diametri, e qualche restyling ben riuscito, di fatto non c'è nulla se non certi esercizi stilistici (per me assai discutibili e troppo sperimentali) da parte di qualche indipendente.
Possibile che non si riesca a tirar fuori qualcosa di nuovo e convincente?
Io una spiegazione ce l'ho, ed è legata a quanto affermato da Daniel Roth, che meccanica ed estetica devono essere mutuamente propedeutiche.
Se non innovi la meccanica, o i meccanismi di affissione delle informazioni, l'innovazione estetica si traduce solo in un vuoto esercizio di maquillage del già fatto e già visto.
Orologi innovativi, seppur non sempre convincenti, come il da vinci di IWC, lo star wheel di AP, gli astronomici di UN, le ore vaganti di Calabrese o i suoi movimenti "gallegianti", guardacaso, muovono proprio da innovazioni meccaniche, così come il Royal Oak muove dal JLC920.
Così come in tempi più recenti le lune tridimensionali di De Bethune, o gli orologi di FPJ.
Innovazione estetica e meccanica, per me, non possono prescindere l'una dall'altra per essere convincenti e avere futuro.
Ecco perchè, anche grazie alla spinta degli smartwatch, in un prossimo futuro mi aspetto qualcosa di eclatante.
« Ultima modifica: Aprile 08, 2015, 16:36:17 pm da ciaca »
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