L'aria di famiglia esiste quando la famiglia di prodotto rimane sempre uguale o al massimo si aggiorna poco e molto lentamente così che gli stilemi siano sempre chiaramente riconoscibili.
E ciò avviene quando la linea funziona e non risente particolarmente delle mode e dei trend.
A parte Rolex, che comunque anche lei l'ha smarrito in parte e in proporzione alla sua tradizionale staticità, e solo in piccola misura Omega, il resto dei marchi dell'orologeria indistriale ha visto nel corso degli anni una completa rivisitazione di se più volte e spesso nelle medesime direzioni, dettata da ragioni commerciali e strategiche dei gruppi del lusso che ne hanno completamente fatto perdere quel senso di unicità e specificità che in parte era già sparito negli anni 80. Anche nell'alto di gamma, e pur mantenendo alcune unicità stilistiche come nel caso di alcuni modelli iconici (royal oak, nautilus, reverso, ecc ) o di alcune caratteristiche estetiche (cassa a moneta e guillochage dei quadranti per Breguet) molte case hanno completamente smarrito la propria impronta, in tutto o in parte, anche quelle tradizionalmente più conservatrici come Patek che se è vero che continua per lo più a proporre rivisitazioni di propri orologi del passato ha comunque anche lei ceduto, più lentamente e in misura minore, ma comunque consistente, ai dettami delle mode e dei trend stilistici smarrendo in molte occasioni quella pulizia dei quadranti e quell'eleganza delle proporzioni che erano sempre state le caratteristiche discriminanti dei propri modelli.
Un certo cambiamento stilistico è fisiologico perchè i gusti e gli usi cambiano nel tempo, il reale "problema" è che le case non sanno più disegnare orologi capaci di piacere ai nuovi mercati (geografici o generazionali) pur conservando i propri stilemi e si limitano quindi a riproposizioni modaiole del già fatto con risultati spesso discutibili, quando non - come per esempio nel caso di Blancpain o altre meno fortunate commercialmente - ad una disperata e inconcludente ricerca di qualcosa di convincente.
AP poi è un caso emblematico, a parte il royal oak e certi orologi di produzione R&P che riconosceresti tra mille per la mano del "maestro" (e solo dalla sofisticatezza del movimento, non dall'impronta stilistica che di fatto non c'è) il resto è anonimo e lontano secoli dalla produzione del passato, molto più che non in casa Patek.
Stessa cosa può dirsi per VC, che più di AP ha solcato i sentieri delle misure, pur tentando di conservare (e in alcuni casi riuscendoci) alcuni suoi tratti distintivi, anche se non in modo uniforme.
C'erano poi case come Corum che dell'originalità della sua produzione aveva fatto il proprio cavallo di battaglia, anch'essa trasfigurata in qualcosa di oggettivamente indecifrabile, altre come Genta e Roth addirittura non esistono più.
Insomma, sono tempi di grande confusione perchè confusi sono i mercati che da un lato seguono solo aziende dal grande blasone formatosi e consolidatosi però in altre epoche e con tipologie di orologi oggi per lo più dimenticate e poco apprezzate, dall'altro vogliono giocattoloni modaioli e modernisti che quelle case non sanno fare se non con risultati estetici a dir poco discutibili.
Il 5070 e le prime due versioni del 5170 di PP da questo punto di vista un esempio lampante.
Poi ci sono gli indipendenti, ma è tutta un'altra storia: un Voutilainen lo riconosci da un Ronkko, come un Grönefeld da un Gauthier; ciascuno di loro ha una chiara e univoca impronta e un chiaro progetto stilistico, ma sono comunque realtà relativamente giovani, che producono pochi pezzi e ancor meno modelli.
E poi ci sono i sassoni, chiaramente distinguibili e riconoscibili ma solo perché possono attingere a piene mani e fedelmente dalla loro tradizione che è in piena sintonia con alcune mode imperanti (i diametri e gli spessori generosi, le linee austere e poco elaborate) e non ha quindi bisogno di grandi aggiustamenti per adattarsi bene alle tendenze dell'epoca.