Ci provo, raccontando le mie opinioni, qualche indiscrezione e qualche fatto, con la speranza di aiutare a chiarire la confusione creatasi sull’argomento AHCI, Busser e Co.
Ho seguito e letto con attenzione quanto pubblicato sul Forum sull’argomento AHCI con i diversi ed appassionati interventi di alcuni qualificati forumisti.
Per quanto emerge dalle molteplici risposte, sembrerebbero scontrarsi due tesi sull’oggetto del topic, tra di loro diversissime e contrastanti.
Da una parte ci sono coloro che attribuiscono all’Academie un ruolo irrilevante, attribuendo al Sig. Max Busser il grande merito di essere stato l’artefice vero e disinteressato (?) del lancio di bravissimi Orologiai, apparentemente sconosciuti, sull’altro fronte si sostiene esattamente il contrario.
Ora, a me sembra che tutte e due le tesi siano più o meno errate, benché personalmente io propenda per la seconda tesi che mi sembra più verosimile.
I protagonisti:
- AHCI : (Académie Horlogère des Créateurs Indépendants).
- gli orologiai membri di AHCI,
- Max Busser, (Direttore di Harry Winston orologeria).
- HW (HarrY Winston, “il re dei brillanti”).
- MB&F (Maximilian Busser and Friends).
AHCI:
In realtà, non è corretto disconoscere un certo valore ad AHCI, la quale, dal momento della sua costituzione, ha certamente aiutato e favorito una migliore visibilità e conoscenza dei suoi membri, o quanto meno di coloro che se la meritavano.
Penso che l’idea sia da attribuirsi principalmente a Vincent Calabrese ed a Sven Andersen, i quali probabilmente pensavano che, associandosi, avrebbero ottenuto un maggior peso contrattuale ed una maggior attenzione da parte dei medias internazionali.
I risultati sembrerebbero aver dato loro ragione.
Ricordo molto bene il primo anno, il 1986, qundo AHCI fece la sua comparsa alla Fiera di Basilea, e ricordo che lo spazio loro riservato non era né importante né facile da trovare, anche se girava voce che fosse stato loro offerto gratuitamente dalla Fiera, permettendo loro una partecipazione diversamente impossibile dati gli esosissimi costi dello spazio espositivo.
Gratuito oppure no, posizione da ricercare con il radar che pur si voglia, ma tutti, curiosi di vedere, tutti andammo discretamente, quasi furtivamente, a ricercare l’Académie e curiosammo su quanto da loro esposto.
Che poi i Membri fossero più o meno noti e conosciuti non è poi così importante, risultando incontrovertibile che il Gruppo fosse composto da Orologiai, più o meno capaci, i quali avevano delle speranze e delle ambizioni, ma che non disponevano dei mezzi, economici e non, per comunicare o solo far sapere della loro esistenza, ed in alcuni casi, delle loro virtù e/o del loro estro creativo non solo al pubblico degli appassionati, ma nemmeno al mondo degli addetti ai lavori, salvo pochissimi.
Tra i Membri ve ne erano alcuni che avevano già provato ad affacciarsi sul mercato, ma evidentemente i risultati non erano stati così probanti né per il ritorno economico né avevano migliorato la loro visibilità, e senza mezzi l’impresa dev’essere loro sembrata molto ardua e da rimandare nel tempo.
Dal punto di vista personale, per quanto può valere anche io mi sarei aspettato una maggiore e più efficace attività di promozione da parte di AHCI, ma non bisogna dimenticare che tale associazione era fatta esclusivamente da Orologiai, che seppur capaci, restavano comunque degli Orologiai, sprovvisti di competenze al di fuori della loro arte: repetita iuvant.
Ciò nondimeno, ritengo che la nascita di AHCI abbia costituito un momento importante, in qualche caso fondamentale, se non fosse altro per aver favorito una maggior consapevolezza ed infuso loro quel coraggio senza i quali, probabilmente, la routine non sarebbe probabilmente migliorata.
Che poi, quattro gatti, tra i quali il sottoscritto, ne conoscessero alcuni, non era stato evidentemente sufficiente per modificare il loro stato e le loro condizioni.
Maximilian Busser.
Salvo errori, quando l’AHCI fece la sua prima comparsa, nel 1986, alla Fiera di Basilea, nessuno sapeva dell’esistenza di un Signore con quel nome nel mondo dell’orologeria.
Per motivi, assolutamente casuali, un collega ed amico comune, di certo dopo il 1988 quando ho iniziato a lavorare per Blancpain, , mi aveva detto che il responsabile dei cinturini alla Jaeger, era un certo Max Busser, un suo amico: io, però, non lo ho mai incontrato, stop.
Non ricordo in quale anno appresi che lo stesso Max Busser era diventato il Direttore di HW, nome importante, ma non per il mondo degli orologi.
Avendo vissuto per qualche anno nel mondo degli Orologi, e quindi per averlo conosciuto dal di dentro, mi apparve quanto meno inconsueto che qualcuno potesse passare da Responsabile di cinturini a Direttore di una marca di pietre preziose, soprattutto di brillanti, ma questo in fondo poteva rientrare nelle stranezze di un settore pittoresco, dove non sempre i risultati, buoni o cattivi, sono frutto di strategie più o meno corrette e comprensibili.
Seppi poi, come molti del settore, che il nuovo Direttore di HW aveva l’incarico di allargare il campo d’azione di HW agli orologi meccanici di haut de gamme.
Beh, come si suol dire pensai, auguri e figli maschi, l’impresa è diversissima ed un po’ più complessa che dirigere un piccolo reparto di cinturini, seppur di una marca del prestigio di Jaeger.
Per esperienza di retta e personale, non sapevo allora, ma so oggi, che si tratta di un’impresa difficile, costosissima e che comporta tempi lunghi, con un alto rischio di riuscita.
Ma il Signor Busser, il quale evidentemente immaginava quali difficoltà avrebbe dovuto incontrare per portare HW nell’olimpo dell’Orologeria, aggirò l’ostacolo, “inventandosi” l’idea di affidarsi a qualcuno dei nomi più conosciuti tra gli artigiani-creatori.
Ora, senza voler giudicare nessuno e men che meno tale Monsieur Busser, sembrerebbe evidente non trattarsi di una grande invenzione, moltissime case, per non dire tutte, affidano le loro idee oppure adottano progetti e realizzazioni concepite e fabbricate da artigiani-creatori esterni ed “indipendenti”, solo che di solito non lo dicono, avendo la necessaria reputazione e credibilità per far credere di esserne loro i realizzatori.
Ma né HW né Monsieur Busser, apparentemente, godevano di una qualche credibilità per adottare la stessa politica, e quindi non fecero altro che sfruttare la reputazione e la credibilità, magari pompata un po’ dalla comunicazione, degli artigiani creatori, già in qualche modo comparsi al pubblico grazie ad AHCI e quindi più o meno noti..
A me sembra che, nel caso, non si possa parlare di una strategia di marca, né tanto meno di un’idea nuova ed originale, ma di un committente che non sapendo da che parte cominciare preferisce prendere l’unica scorciatoia possibile.
Io stesso, quando mi ritrovai a dovermi reinventare Minerva, prima di pensare a Cabiddu, mi ero rivolto a Daniel Roth, per le stesse identiche ragioni, immagino, riferibili al Sig. Busser, cercare una credibilità diversamente improbabile.
Preciso però che, alla Minerva, i movimenti e gli orologi volevamo farceli all’interno, come di fatto abbiamo poi fatto, distinguo che rende almeno incomparabile l’esperienza di Minerva con quella di HW.
A me sembra, semmai qualcuno dovesse ringraziare qualcun altro, che AHCI ed i suoi membri non debbano ringraziare nessuno, a parte la Fiera di Basilea, se è vero che li ha favoriti nel 1986, come riferito all’inizio.
Mi sembrerebbe piuttosto evidente che dovrebbero essere HW e lo stesso Busser a dover ringraziare i partner orologiai man mano succedutisi negli anni, anche se ovviamente erano retribuiti, mi auguro bene.
Compensi che possono aver contribuito, probabilmente, ad infondere maggior determinazione a coloro che avevano in animo di dar vita ad una loro Marca.
Credo di aver letto, in passato, che sono o sarebbero i grandi orologiai a fare le grandi marche, (forse proprio di Marco), affermazione in parte vera, ma che contradirrebbe le circostanze secondo le quali ha operato HW, che proprio in base alla precedente affermazione dovrebbe accontentarsi di essere considerato un semplice committente e non ile, una Marca di alta orologeria, con una sua strategia, un suo laboratorio di ricerca, un suo stile, dei suoi orologiai.
In realtà, solo grazie agli orologiai, tutti indipendenti, che si sono avvicendati nel fabbricare orologi riservati al committente HW, quest’ultima ha potuto tentare di far credere di rientrare nel novero delle Marche dell’orologeria di alto di gamma. Che poi ci sia riuscita oppure no, non mi interessa, e lascio ad altri il verdetto.
Resta, a mio avviso, incontrovertibile che nessuno ha reso famoso nessuno, e nessuno deve ringraziare nessuno, trattandosi di rapporti contrattuali regolati o da contratti d’opera oppure da contratti d’appalto, contratti nei quali i ruoli delle parti erano chiari, ivi compreso, naturalmente, il compenso.
L’elemento denominato “gratitudine”, non rientra nella nozione di contratto, ma se si volesse uscire dalla terminologia contrattualistica, non vi è dubbio che dovrebbero essere HW ed i suo Direttore pro-tempore di allora, il Sig. Max Busser, e lo stesso Max Busser nella sua successiva figura di imprenditore di MB&F a dover dire grazie a quegli orologiai, peraltro da lui stessi ricercati, per rendere possibile la realizzazione dei suoi propositi imprenditoriali.