Ieri sera ho visto al cinema un documentario interessante sulla lenta affermazione dei pittori impressionisti nel mercato della seconda metà dell'ottocento. Vi chiederete: cosa c'entra questo con il nuovo nell'orologeria? C'entra eccome, e chi avesse visto il documentario qualche parallelo lo avrebbe fatto. Anzitutto vi era un volto noto agli appassionati di orologi: il direttore di Sotheby's, che in diversi video di YouTube parla di orologi.
Ma ad essere non dissimile è almeno la parte iniziale della storia della loro affermazione. Infatti quando Edouard Manet, Sisley, Pissaro, poi Claude Monet, Renoir ( straordinario), Courot e altri iniziarono a dipingere in modo totalmente diverso dal passato ( una autentica rivoluzione nella tecnica di pittura, e nel tipo di rappresentazione) i collezionisti, i critici e i mercanti fecero resistenza. Furono a lungo derisi, considerati pazzi, le opere disprezzate. Tutti fecero la fame, e fu grazie alla tenacia di un commerciante Durand Ruel francese , convintissimo del loro valore, che commerciava solo questi quadri, che si era dato la missione di rendere a questi artisti anche commercialmente il loro merito, che instancabilmente credeva in loro e comprava in blocco le loro opere fino ad arrivare alla bancarotta ( quasi), deriso da tutti, sia per conservatorismo sia per malcelato istinto di conservazione di chi aveva investito nei grandi del passato, li ha mantenuti in qualche modo. Poi ebbe l'idea di portarli negli USA e li vennero molto più facilmente compresi dal pubblico. Il successo negli USA porto poi lentamente ad un aumento dei valori anche nella vecchia Europa. Interessante osservare come quasi sempre i primi collezionisti di queste opere appartenevano ad una nuova borghesia, o all'aristocrazia che si era data alla incipiente industria, oppure a ricchi professionisti. A ceti cioè emergenti, alla parte più dinamica delle società. Ovvio che negli USA, nazione giovane in cui allora molti accumulavano immense fortune, maggiore fosse il numero di esponenti di questi nuovi ceti sociali e professionali.
Notevole la descrizione delle derisioni dei critici, della assoluta ostilità degli accademici, che non ammettevano le opere alle esposizioni dell'epoca, della incapacità dei collezionisti stessi di trovare il valore in un nuovo modo di dipingere. Resistenze culturali, professionali, pure economiche di chi temeva di rimettere dall'affermazione di nuovi artisti e di una arte che appariva giustamente rivoluzionaria. Notevole anche il fatto che molti critici in Europa pur non capendo gli impressionisti tuttavia sapevano che ormai l'arte francese ed europea era rimasta troppo ferma, sentivano il bisogno di novità, ma inizialmente non sapevano riconoscerla. Pensate anche ad un certo punto questi nuovi artisti , stanchi di essere ridotti alla fame, crearono una organizzazione denominata "artisti indipendenti" che cercò con inizialmente scarso successo a cercare di trovare lùoghi di esposizione indipendente delle loro opere, poi Durand Ruel iniziò sistematicamente ad organizzare esposizioni dedicate ad un solo pittore e poco alla volta la strategia funzionò.
Per carità, non so se oggi nell'ambito dell'orologeria abbiamo qualcosa di simile agli impressionisti per bravura e carattere rivoluzionario. Ma io penso che in una certa misura sia così, mentre certamente non so se in questo mondo globalizzato alla fine le cose finiranno bene, il merito sarà valorizzato anche commercialmente oltre che culturalmente, se alla fine un nuovo e diverso modo di concepire gli orlogi portato oggi solo da alcuni indipendenti con gli stessi argomenti di allora riuscirà a smuovere un settore fermo.
Ho scritto questo perché chi mi conosce Sa che da tempo penso e scrivo certe cose. La sensazione di un ritardo culturale, di una chiusura totale al nuovo, gli interessi costituiti che si sentono ingenuamente minacciati da chi fa semplicemente altro, in modo del tutto diverso, l'omologazione alle mode e alla cultura, il rifiuto di chi ha personalità ed autonomia di piegarsi ai facili dogmi del mercato, la voglia di non rischiare, di vivere di rendita, sono tutti tratti che io vedo forte nell'orologeria di oggi. Non solo , ma vedo il disprezzo per il nuovo, il disprezzo per chi realizza anzitutto per se stesso, di chi ha forti convinzioni estetiche non omologate. Non si tratta di affermare un nuovo contro il vecchio, ma di aggiungere all'amore per il classico l'amore per il nuovo, la capita di riconoscere valore e valori dove essi sono, la capacità di distinguere ciò che vale da ciò che non vale. Liberarsi da dogmi, preconcetti, etc.
Ma volendo essere più arditi ci sono altre affinità. Infatti l'impressionismo francese deve molto allo sviluppo della fotografia. La possibilità di avere immagini perfette, oggettive, in serie , anziché delle rappresentazioni percepite dal filtro dell'artista, spinse inevitabilmente a ridurre sempre più il ruolo della pittura figurativa e a valorizzare altri valori come la luce ( resa tramite colori e pittura di tocco), il movimento , la sottolineatura del carattere inevitabilmente soggettivo della percezione, la capacità con pochi tratti di rendere emozioni. Da qui poi nasceranno in un distacco sempre maggiore dalla figurazione l'astrattismo, l'informale, il cubismo, il futurismo, la metafisica, l'arte povera, la trans avanguardia, etc. Mutandis tutto questo a me ricorda l'affermazione del quarzo e le modificazioni che questo ha comportato per tutto il settore, la necessità di ridefinire il prodotto altro solo in parte raccolta dai pochi orologiai rimasti.
Ho sempre anche sostenuto la necessità quando si parla di orologerìa di non limitarsi ad una marca, ad un settore, ad una epoca, ad una arte. Ricordo su altri forum uno specialista di una sola marca e di un solo periodo (10 anni ) della sua storia: non ho mai pensato che una persona così amasse veramente gli orologi, ed infatti era molto attento ai commerci e al denaro. Gli orologiai, o meglio gli uomini che fanno orologeria, sono immersi in un contesto culturale e questo influenza il loro lavoro. Senza una conoscenza complessiva, profonda, non banale, della cultura difficilmente si capiscono anche fenomeni limitati nella loro interezza. La capacità di vedere in quello che è successo altrove in altri ambiti e che potrebbe succedere ancora è di vitale importanza per chi voglia avere un pensiero autonomo e non farsi imporre dagli altri le mode imperanti.