Dunque, molta carne al fuoco, vediamo di fare un po' di chiarezza.
Premesso di avere bene in mente il concetto di regolarità e di isocronismo, e da tempi molto lontani (più o meno il terzo anno di liceo scientifico quando ancora nemmeno sapevo dell'esistenza degli orologi meccanici ma quando nell'ora di matematica si studiavano già gli oscillatori a molla e le leggi matematiche che ne descrivono il funzionamento unitamente alle funzioni trigonometriche sin(x) e cos(x) n.d.r.), partirei da ciò che da utente e fruitore di orologi, e non da tecnico di laboratorio, posso misurare: l'errore medio giornaliero.
Altro, empiricamente, non posso misurare nel senso che l'osservazione empirica del quadrante rispetto ad un orologio di riferimento (che sia un regolatore, un orologio atomico o il g-shock radiocontrollato) non mi permette di valutare altro.
Non posso valutare l'errore medio orario, o ad intervalli ancor più brevi, non posso valutare gli errori nelle varie posizioni (a meno di non perdere intere giornate a fare tali misurazioni), non posso valutare le ore di isocronia rispetto al totale della riserva di carica, e nemmeno mi interessa farlo ai fini della valutazione del fruitore al quale interessa sapere come il suo orologio "tiene il tempo".
In questo senso se un orologio tenuto al polso h24 per più giorni mi da un errore medio di x sec/die rilevato costante giorno dopo giorno, e quell'errore mi soddisfa, per me è buono. Stop.
Altro discorso è fare valutazioni strumentali più dettagliate, certamente interessanti e utili a descrivere il funzionamento di una macchina e a valutarne il pregio cronometrico rispetto ad un'altra, sebbene assolutamente IRRILEVANTI ai fini dell'utilizzo pratico dell'orologio.
Utili tali rilevazioni anche a valutare l'efficacia di un remontoir d'egalitè o di un tourbillon, e a dare quindi conferma che questi affascinanti e complicatissimi meccanismi hanno anche un effetto tangibile perchè misurabile sulla marcia della macchina, sebbene (ancora) IRRILEVANTI ai fini della quotidiana fruizione di un orologio.
Da cui la mia conclusione: il pregio di certe soluzioni meccaniche evolute per me non è nell'effetto cronometrico (rilevabile solo in laboratorio e all'atto pratico irrilevante nell'uso) ma nell'ingegno e nella maestria necessari a concepirle, realizzarle e farle anche funzionare.
La cronometria in se, quindi, oltre certi limiti ormai acquisiti da praticamente qualsiasi macchina, anche la più dozzinale, per me non è un "valore" in se; lo sono, un valore, quelle soluzioni finalizzate a migliorarla (sebbene in misura irrilevante ai fini pratici) in quanto esempi di ingegno, maestria e in ultima analisi sintesi dei pregio supplementare che si conviene ad un oggetto di qualità superiore.
Il "valore" quindi non è la superiore quanto irrilevante cronometria, ma è il mezzo con il quale la si ottiene: silicio? Magnetismo? Complicazione meccanica ardita? Così, quello che apparirebbe il fine ultimo (la superiore cronometria) non è più tale ma diventa pretesto (o strumento) propedeutico e funzionale a stimolare nuove e ingegnose, pregiate e mirabolanti soluzioni tecniche che in quanto sintesi di "valore meccanico" divengono esse stesse fine ultimo di questo processo creativo, a differenza di altre soluzioni più sbrigative, semplicistiche, economiche e comunque prive di "fascino meccanico" come l'utilizzo del silicio o altro.
È questo ribaltamento della prospettiva che per me definisce una delle possibili ragion d'essere dell'alta orologeria, se la ragion d'essere fosse la "precisione" l'orologeria meccanica avrebbe già potuto chiudere baracca mezzo secolo fa.
P.s: potrei poi approfondire il discorso della ridondanza, della scuola di pensiero di Vincent Calabrese in merito al fascino della semplicità, ma inevitabilmente andrei OT