Provo anch’io a dire la mia sull’Omega Speedmaster “Moonwatch”.
In linea di principio, non penso che il fascino del “Moonwatch” sia stata solo fuffa creata dal
marketing per acquirenti gonzi. Anche se, col tempo, lo è diventata.
Mi spiego.
Il valore di un orologio meccanico non è dato solo dalle sue qualità tecniche. Concorrono anche altri fattori: estetica, valore emozionale, affidabilità del
brand (diversa dal “prestigio”, che ricondurrei al valore emozionale).
Che cos’è per me il “valore emozionale”? È un fattore complesso, la capacità evocativa di un segnatempo, la sua attitudine a suscitare ricordi personali (di chi lo ha indossato o ce lo ha donato), ma anche stimoli “culturali”: può essere il vintage che ha segnato un’epoca (per la tecnica, o anche solo per la moda); può essere il militare “assegnato”; può essere il sub o il pilot che ha accompagnato grandi imprese; può essere l’orologio che sa rimandare ad atmosfere particolari (la
gran soirée, l’avventura, ecc.). Anche il prestigio della marca, in qualche misura, partecipa a questo valore.
A mio parere, questo valore emozionale non è in sé un fattore negativo, ma una parte ineliminabile della fascinazione di un orologio. (A dire il vero, ci sono anche alcune componenti del valore emozionale che apprezzo meno: l’esclusività e la riconoscibilità…)
Del resto, se ci pensate, anche le qualità tecniche di un orologio meccanico hanno un significato emozionale, prima ancora che tecnologico: nell’epoca dell’elettronica e dell’informatica, in cui l’orologio meccanico non è più lo strumento elettivo per assolvere alla sua funzione (fornire l’ora; e, in ogni caso, non è quello che lo fa meglio…), l’amore per la meccanica deve attingere le sue motivazioni anche in componenti emozionali (l’apprezzamento per la capacità manifatturiera, la tradizione, i significati simbolici, ecc.).
Per questo motivo, non considero irrazionale o infantile l’apprezzamento per un Omega “Moonwatch”, un Longines “Lindbergh”, o anche – più banalmente – per un Rolex “Paul Newman” o un Tag Heuer “Steve McQueen” e – persino – per… un cinturino “Bond” (!).
Possiamo casomai rilevare che un acquirente attento dovrebbe saper dare il giusto peso alle diverse componenti di un orologio, privilegiandone la qualità intrinseca e le virtù mccaniche; e invece ciò non accade, perché il consumatore – come in tanti altri campi – non è informato, e trova più facile affidarsi al proprio senso estetico (che peraltro andrebbe educato…) o alla moda .
Su questo sono d’accordo.
Possiamo rilevare anche che le
maisons, sull’ignoranza dei compratori, ci marciano, e gonfiano a dismisura col
marketing gli aspetti immateriali, più facilmente manipolabili e capaci di fornire il maggior profitto rispetto al costo produttivo. Possiamo aggiungere che lo scollamento crescente tra qualità intrinseca del prodotto e valore emozionale rischia di far collassare il settore degli orologi di lusso.
Anche su questo sono d’accordo. Ma non sino al punto di privare completamente gli orologi della componente emozionale.
Tirando le somme del mio ragionamento: i “Moonwatch” non saranno stati eccezionali ai loro tempi, sono anacronistici oggi; costano senz’altro uno sproposito; ma il fatto che siano oggetto di un’attenzione particolare (alla quale è normale che sia ricollegato un certo sovrapprezzo, sia pure diverso da quello attuale: domanda e offerta…) non mi sembra un’eresia.
Piuttosto, vale la considerazione di bojwolb:
Ad oggi avere un orologio con vetro esalite non ha senso! E credo che un appassionato questo lo consideri. Che senso ha comprare un orologio moderno con vetro esalite e calibrooriginale mozzato, quando con poco più di 1k trovo l'originale con calibro originale? Prendere un vintage è un discorso...ma prendere un moderno con le caratteristiche del vintage per me non ha senso.
Il valore emozionale dovrebbe essere collegato a un "vero" Moonwatch. Originale o, al limite, una riedizione che ne riproponga fedelmente le caratteristiche e abbia un prezzo (comprensivo del "sovrapprezzo emozionale") ragionevole, rapportato alle caratteristiche intrinseche.