Torno su un argomento che mi sta a cuore, sia pure cercando di non ripetere concetti già espressi…
Il dibattito sui canoni dell’estetica rischia di essere un dialogo tra sordi (sia pure rispettoso e senza polemiche
) se ci si arrocca su posizioni predefinite e, soprattutto, se si incasella l’interlocutore in una posizione predefinita; e, quindi, non lo si ascolta davvero.
A me sembra che la posizione di chi afferma l’esistenza di canoni estetici venga incasellata in una forma caricaturale, come se sostenesse: “L’estetica è un fatto completamente oggettivo; ha le sue regole precise e inderogabili; le regole sono quelle e non bisogna discuterne; chi non le rispetta è rozzo e ignorante, o quanto meno ha cattivo gusto”.
Non è così, o almeno io non intendo questo.
Più in generale, mi sembra che al solo accennare all’esistenza di “canoni”, “regole” estetiche, scatti in molti un rifiuto che è una sorta di riflesso condizionato.
In parte dettato – come scrivevo in un precedente post - dalla difficoltà a ragionare su questi canoni, la cui applicazione concreta richiede di essere sposata con una certa dose di gusto individuale; per cui risulta più facile rifugiarsi nel “a me piace così”.
Per altro verso, mi sembra che in molti scatti una reazione che fa appello alla “libertà”, alla “disinvoltura”, alla “sdrammatizzazione” (?!), che però spesso è semplicemente sintomo di insofferenza.
Non mi riferisco ad interventi in particolare in questa discussione, ma si tratta di atteggiamenti ormai così diffusi che stanno diventando quasi uno "standard sociale"...
Ribadisco che nel campo estetico e del gusto esistono parametri di giudizio oggettivi, princìpi (che in campi diversi dall'orologeria spesso sono ancor più consolidati), dai quali possono derivarsi indicazioni concrete, che sono “regole” solo in senso lato.
Non siamo obbligati a rispettarle, e quindi non attentano alla nostra libertà! Però hanno uno scopo e un significato (una
ratio, direbbero i giuristi), anche se non ci appaiono oscuri: scopo e significato che sono espressione della natura e della funzione delle cose e possono aiutarci ad apprezzarle meglio (o addirittura a vivere meglio).
Non dimentichiamo, infine, che le persone
davvero di gusto, eleganti, capaci di esprimere la loro personalità, sono quelle che conoscono a fondo le “regole”, le sanno interpretare, e sanno fino a che punto possono spingersi nell’innovarle o nel derogarvi.
C’è il rischio che qualcuno utilizzi queste considerazioni per assumere un atteggiamento “pedagogico”, come nella caricatura che ho disegnato inizialmente? Può darsi.
Ma prestare attenzione a questo eccesso non mi sembra un buon motivo (in questo e in altri campi) per buttare il bambino con l’acqua sporca, negando in radice la possibilità di uno studio estetico e rinunciando al piacere di una maggiore conoscenza del bello.
Oppure sono “pedagogico” io, con un post come questo, un po’ troppo lungo (nel tentativo di argomentare)? Se è così mi scuso, ma giuro che è pedagogismo involontario!
A me, peraltro, piacerebbe anche addentrarmi in uno scambio di idee più approfondito sul
perché sia opportuno un certo abbinamento tra cassa (o quadrante) e cinturino, su chi lo ha introdotto, i tipi di materiale, i colori… Ma mi rendo conto di aver già annoiato molti (tutti? ), per cui mi accontento di aver sollevato la questione.