Alla fine mi sono deciso ad aprire una discussione sul diametro degli orologi.
Beh, ho constatato che questo tema riemerge in quasi tutte le discussioni.
Però in maniera frammentaria, poiché gli
off-topic non consentono l’approfondimento e rischiano di far scadere il confronto in schermaglia.
Inizio dalla posizione di chi sostiene che
gli orologi da polso
devono avere dimensioni equilibrate, che sono quelle "classiche".
Questo “equilibrio” si traduce innanzitutto in un
diametro della cassa che dovrebbe rientrare in misure ormai “canoniche” per le diverse tipologie di orologio, consolidate in epoca classica e notevolmente inferiori a quelle oggi di moda. Lo spessore dovrebbe essere conseguente, proporzionato al diametro.
Il diametro, quindi, è il cuore della questione. Quali sarebbero queste misure canoniche, in concreto?
Riporto una citazione di erm2833 (Ermanno) tratta da altra discussione:
I 33-35 mm sono per me l'ideale per gli orologi ultrapiatti, per gli squelette, per i calendari siano essi completi o perpetui.
Con l'eccezione del Blancpain 1185 li ritengo pochi per un chrono o per un chrono-perpetuo.
Per gli sportivi puri vanno benissimo i 38-40.
In sintesi ogni orologio ha il suo diametro ideale...
Non penso di travisare il pensiero di Ermanno se interpreto che queste misure sono un
riferimento, suscettibile di leggeri adattamenti (lui stesso ne suggerisce uno per un calibro Blancpain) in situazioni particolari. Peraltro, ho citato un testo scritto in un altro contesto, che probabilmente lo stesso autore potrebbe ampliare e fare oggetto di precisazioni.
Le misure variano leggermente in funzione della tipologia di orologio, perché variano alcune caratteristiche costruttive (dimensioni del movimento in base alle complicazioni presenti, guarnizioni, protezioni, ecc.) o alcune esigenze legate alla destinazione d'impiego dell'orologio. Si potrebbero fare considerazioni approfondite per ogni tipologia di segnatempo.
Ma ci si muove, in ogni caso, in un'ampiezza di misure ben definita e contenuta.
Questa “corrente di pensiero” mi sembra trovare più di un consenso (io per ultimo…
) in questo forum, con le sfumature che ognuno potrebbe aggiungere (ad esempio, ricordo che ciaca ha parlato dei 42 mm come misura massima, secondo lui, per gli sportivi).
Gli orologi della produzione attuale sono quasi tutti più grandi?
“Pazienza”, risponde chi sostiene l’importanza dei diametri classici: “non rinunciamo a esprimere la nostra opinione, cerchiamo di valorizzare quello che di buono ancora viene proposto, consoliamoci con il ben di Dio che c’è nell’usato”.
Altri, invece, sostengono che
gli orologi da polso devono avere sì dimensioni equilibrate, che non sono però necessariamente quelle “classiche”. Secondo costoro possono essere
accettabili, in molti casi, misure superiori a quelle classiche, anche per una questione di realismo nei confronti della tendenza ormai generalizzata e per non precludersi la possibilità di apprezzare le novità positive della produzione attuale.
Altri ancora sostengono che
il pregio di un orologio non ha nulla a che vedere con le misure.
O, addirittura, che
le misure sono importanti… perché devono essere grandi! "Basta con orologini vintage e da donna!” (Su questo forum non ricordo di aver letto interventi così netti, ma sicuramente è una tesi che ha i suoi estimatori, se è vero che è capace di orientare il mercato...)
Tralasciando la questione del gusto personale – ognuno scelga l’orologio che preferisce, a me sembra ovvio… -, mi interesserebbe capire meglio le ragioni della prima posizione: cioè
perché alcuni diametri (in genere più contenuti) siano da preferire.
Le ragioni possibili mi sembrano:
1) “I diametri ‘classici’ si sono consolidati nei decenni, attraverso l’apporto di grandi geni nel campo della tecnica e dello stile. Non disperdiamo questo patrimonio, soprattutto perché non sembra emersa una nuova estetica in grado di sostituire la precedente”.
Tesi interessante, anche se forse limitativa: probabilmente sarebbe utile cercare di capire
come si è giunti ai canoni classici; e, di conseguenza, se possono essere ritenuti ancora attuali (o solo espressione nostalgica).
2) “I diametri ‘classici’ consentono il miglior equilibrio e la miglior proporzione tra le parti dell’orologio”.
Tesi debole… Se prendiamo un orologio da 34 mm, ed ingrandiamo non solo la cassa, ma in proporzione tutte le altre componenti (anche interne al quadrante), il risultato – in termini di equilibrio reciproco delle parti – sarà identico. Tanto che in fotografia può capitare che non sappiamo distinguere un 34 da un 43 mm…
3) “I diametri classici consentono il miglior equilibrio della componente estetica con quella tecnica; della cassa col movimento”.
Leggo spesso, a sostegno di questa tesi, che oggi abbiamo casse – e diametri - troppo grandi rispetto al movimento incassato, con conseguenze estetiche sgradevoli: datari e compax troppo accentrati nel quadrante; “ciambelle” necessarie ad occupare lo spazio lasciato libero dal movimento”; ecc.
Sono osservazioni certamente fondate, anche se mi sembra che le
maisons si stiano adeguando… nella direzione opposta a quella auspicata! Infatti, per rendere più omogenei cassa e movimento, anziché ridurre le casse stanno ingrandendo i calibri.
Un esempio che mi ha colpito è la recente presentazione del nuovo calibro
Élite 6150 della Zenith, opportunamente ingrandito per adeguarlo ai tempi “moderni”: si passa dai 25,60 mm della Serie 6 degli anni ’90 agli attuali 30 mm…
Per cui la tesi n.3 avrebbe forse bisogno di una precisazione:
3 bis) “I diametri classici consentono il miglior equilibrio della cassa col movimento, allorché il movimento è sufficientemente miniaturizzato e presenta quindi un reale pregio tecnico”.
In questo modo avremmo forse posto un argine (concettuale) alla deriva dei diametri verso l’alto.
Ma… verso il basso?
Movimenti ancora più piccoli, che consentano ad esempio casse sotto i 30 mm senza apprezzabili diminuzioni della precisione cronometrica, potrebbero essere espressione di un pregio ancora maggiore!
A meno che non entri in gioco la compensazione con un altro fattore, come la “leggibilità”…, ovviamente legata alla tipologia di affissione e alla destinazione d'impiego dell'orologio. Per cui servirebbe un’ulteriore precisazione, per arrivare forse alla tesi “finale”:
3 ter) “I diametri classici consentono il miglior equilibrio della cassa col movimento, costituendo il miglior compromesso tra un movimento pregevolmente miniaturizzato e un quadrante sufficientemente leggibile”.
Che cosa ne dicono gli esperti?
A dire il vero, io prenderei in considerazione anche un ulteriore aspetto, non ultimo per importanza:
4) “I diametri classici esaltano l’indossabilità di un orologio, poiché esprimono anche il miglior equilibrio con le dimensioni del polso”.
Si tratta di una tesi che
si aggiunge alla precedente e che, per esempio, fonda la distinzione tra i diversi diametri di orologi maschili e femminili. Del resto, è elementare osservare che ognuno, di un orologio, guarda innanzitutto “come sta al polso”.
Di contro, bisogna osservare che il concetto di indossabilità è condizionato dal concetto di eleganza: ciò che era considerato troppo grande ieri può sembrare equilibrato - o addirittura piccolo – oggi (perché si ha un diverso concetto di eleganza o... perché la si ritiene superata in nome della “disinvoltura”!).
Lascio quindi la parola a chi abbia avuto la pazienza di arrivare fino in fondo e abbia voglia di approfondire, argomentare meglio… evidenziare le fesserie che ho scritto!
Sperando che questo non sia il mio ultimo post prima di esser bannato da Orologico…