Esatto, le ragioni sono solo di natura commerciale perché c'è una enorme crisi di identità di buona parte del settore e specialmente di quella parte che si rifà all'orologeria di stampo tradizionale che oggi é demodé e per essere venduta ha necessità di aderire al cliché dell'orologione sportivo, cliché che mal si concilia con certo tipo di orologi.
É la ragione per la quale case tradizionalmente conservative come Patek hanno decisamente virato su questi cliché, perché altrimenti 70k orologi all'anno a chi li vendono?
Comprendo il problema per chi ha un marchio, un'azienda commerciale e una cospicua produzione, lo capisco anche per realtà più di nicchia come quella di FPJ.
Meno capisco la cosa per chi di orologi all'anno ne fa una decina, come Asaoka, Voutilainen, e tanti altri.
Altro che originalità e anti conformismo, nulla di più falso quando poi tutta questa presunta originalità viene confezionata nel cliché commerciale imperante.
Non é un caso che uno dei pochi fedeli alla tradizione, cosa che tutti questi creatori di meccanica dicono di voler difendere salvo poi violentarla con proposte modaiole, sia uno come Philippe Dufour della vecchia scuola, che la meccanica la sa fare e rifinire ma sa anche come si fa un orologio coerente e problemi a vendere i pochi pezzi che costruisce pare non averne; cosa che va ben oltre la mera costruzione della meccanica come ben sa Giulio Papi il quale dichiarandosi interessato alla sola meccanica e non all' orologio nel suo insieme ben si guarda dal disegnare propri modelli.
Io ho l'impressione che molti di questi "creatori di meccanica" della nuova generazione e figli di un tempo in cui la forma orologio ha grandi problemi di identità concettuale, non abbiano alcuna "cultura" dell'oggetto orologio. O se ce l'ha se l'é completamente dimenticata, al punto da rinnegarla piuttosto che rinnovarla.
Qualcuno ha scritto che per violare i canoni in modo convincente prima devi conoscerli alla perfezione. Miles Davis poteva permettersi di sovvertire gli standard del jazz perché di quegli standard era padrone incontrastato.
Siamo sicuri che i Grönefeld e gli Asaoka possano dire altrettanto?! Io no.
Il fatto che questi cliché commerciali siano ormai imperativi, tuttavia, non può e non deve annebbiare il senso critico di ciascuno di noi nel valutare e giudicare un oggetto. Il fatto che il mondo richieda cose per me insensate, come un orologio formale delle dimensioni e proporzioni di un subacqueo estremo da indossare come da foto precedente, non implica che io debba apprezzarle o che se non le apprezzo debba darmi al quarzo; al limite al vintage