Aggiungo una mia (non troppo lunga, eh!
) impressione sugli orologi “anticonvenzionali”, nello spirito di questo post.
Premetto che il genere “anticonvenzionale”, come tutto ciò che vuole essere “anticonformista”, “trasgressivo”, “alternativo”, “moderno”, “
cool”, ecc., non mi fa fremere per l’emozione al semplice evocarlo (e non solo nell’orologeria).
Mi spiego: i parametri di giudizio che ritengo opportuno utilizzare, normalmente, sono buono/cattivo, bello/brutto, utile/inutile (con tutti gli sforzi di messa a fuoco e le approssimazioni che tali categorie presuppongono)… Se ciò che è “convenzionale” si è imposto rispondendo a questi parametri (o addirittura diventa “classico”), allora ha un significato che non può essere buttato nel cestino solo per il prurito della novità e dell’originalità. Anche perché – diciamolo con sincerità – l’etichetta dell’anticonformismo, nel linguaggio comune, spesso maschera l'approssimazione o l'idea incompiuta.
Tutto è migliorabile, certo; per cui bisogna prestare attenzione a ciò che è
sperimentale. Ma senza entusiasmi epidermici, senza adesioni che siano forzate dal timore di sembrare “chiusi alle novità”.
Piuttosto, bisogna cercare di capire se c’è
reale miglioramento (i cambiamenti possono essere anche in peggio!), se l’oggetto della nostra attenzione ha i “numeri” per imporsi come nuova convenzione (o almeno come fonte di ispirazione), e non come moda effimera.
Ciò premesso, direi che gli orologi che l’
opener ha definito “anticonvenzionali” possono essere distinti, nella mia prospettiva, in due categorie:
1) Gli
orologi “estremi”, prettamente anticonvenzionali, del tutto “fuori schema”.
Ve ne sono alcuni che trovo sinceramente affascinanti, anche se non li giudico “orologi da polso” in senso stretto, “indossabili” nella quotidianità: non solo e non tanto per le dimensioni (che in questo caso passano pure in secondo piano), ma soprattutto per l’impostazione. Dico questo senza pensare con ciò di denigrarli, anche perché a me sembra evidente che siano immaginati già dai loro creatori con una vocazione molto particolare - espressione di genialità e passione pura, sperimentazione di un’idea assoluta -, e non per suggerire una nuova convenzione o fornire un manufatto d’uso effettivo.
Tra questi anticonvenzionali che mi affascinano, cito – forse è troppo facile – quasi tutti gli Halter e gli MB&F HM1 e HM2; ma anche, ai “vertici” dell’anticonvenzionalità, il Prescher presentato da Palombaro.
2) Ci sono poi gli
orologi “originali”, pensati dai loro creatori anche per un utilizzo concreto, sia pure con connotati di esclusività.
Per questi il problema delle dimensioni si porrebbe, e seriamente. Però il gioco iniziale era di tralasciare questo aspetto, quindi…
Tra quelli che conosco e/o che sono stati presentati in questo
topic, giudico molto interessanti – anche se non mi fanno impazzire – il De Bethune DB28, il Jumping Hour & Moonphase di Halter, gli Asaoka. Ed anche l’MB&F HM5: ha una forma particolare, ma in certi contesti (vacanziero-sofisticati, al volante di una fuoriserie… chi mi presta la Lambo?
) ci si potrebbe divertire a indossarlo.
Ma quello che mi ha colpito di più è lo Xushu-Ma con affissione a spirale e lancetta telescopica a pagoda. Migliorabili il profilo della cassa e delle anse (da addolcire), la corona. Migliorabile anche la leggibilità dell'affissione; in un quadrante che però esprime bellezza, eleganza, personalità (anche per l'idea meccanica sottostante).
P.S: Il George Daniels “Anniversary” non mi sembra anticonvenzionale… se non nelle misure! (4 mm di troppo). Nell’impostazione, è un bellissimo segnatempo che reinterpreta lo stile classico.