Non si può inventare ogni giorno una cosa nuova e diversa, bisogna anche respirare e provare a consolidarsi.
Roger Dubuis in pochi anni ha sfornato una quantitá impressionante di nuovi calibri, alcuni anche molto innovativi, tutti estremamente curati e costosi, e in pochi anni é andata a gambe per aria nonostante gli applausi e gli apprezzamenti degli appassionati. Che evidentemente non bastano a tirare la carretta se poi non si traducono in acquisti.
Journe non può solo accontentare i pruriti degli appassionati, specie di quelli che applaudono ma non comprano, ma deve anche curare l'aspetto commerciale e manageriale della sua azienda se non vuole fare rapidamente karakiri come accaduto ad altre piccole realtà prima di lui.
Negli ultimi anni ha fatto scelte forse discutibili, come l'abbandono delle misure piú contenute, forse anche sbagliate in termini di risultati commerciali, come per esempio l'apertura di alcune boutique e l'introdizione di alcuni modelli più sporty, ma chiaramente orientate al mercato, che é quello che ogni azienda non deve mai perdere di vista se vuole sopravvivere.
Il mercato, di nicchia, a cui si rivolge Journe evidentemente é un mercato in sofferenza e sempre più risicato, forse anche sempre più difficile da decifrare e intercettare. E poi c'è il problema della dimensione, quella dei 1000 orologi/anno, che é molto critica.
L'aumento dei listini non mi sorprende, tra svalutazione dell'euro e aumenti indiscriminati dei prezzi della concorrenza. Quello che mi sorprende, sono sincero, é che Journe sia riuscito a sopravvivere in questo mercato per oltre 15 anni senza squalificarsi e senza andare a gambe all'aria, é già un piccolo "miracolo".