Orologico Forum 3.0

La ristorazione, le stelle, la televisione

mbelt

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #75 il: Ottobre 24, 2015, 15:06:06 pm »
Neanche io, ma ho trovato spesso ricette che nulla aggiungevano e tanto toglievano all'ingrediente base.
Una fetta di filetto di tonno tagliato spesso e appena scottato, una girata e via, tollera al massimo un po' di cipolla in agrodolce. Di più non puoi fare, se vuoi assaporare il tonno rosso del Mediterraneo e non le fantasie vanagloriose di uno chef che si prende troppo sul serio :)
I giapponesi, che non sono da meno in cucina, il tonno infatti neanche lo cucinano, se lo magnano crudo, e se lo vengono a comprare in Sicilia pagandolo a peso d'oro perché sanno che quel sapore é unico e va preservato, non caricato con aromi, spezie e condimenti che nulla hanno da aggiungere.
Per quella roba li va bene un bel tonno dell'oceano indiano, insipido e stopposo.

Una bella tagliata di fassona piemontese sninuzzata al coltello tollera solo un po' d'olio d'oliva, una foglia di basilico e una spolverata di scaglie di grana, se vuoi apprezzare il sapore della fassona allevata al pascolo, per la carne francese estrogenata industriale va bene la "tartare" inchiappata di uova e ogni altra schifezza.

E ancora, parlando di sperimentazione, dedizione, arte, fantasia, estro...per fare una buona pasta con le sarde, o con i broccoli in tegame, ci vogliono ore, molteplici preparazioni, diverse cotture. Un concentrato di estro, fantasia, arte e dedizione che non ha nulla, ma proprio nulla da invidiare a ciò che definiamo "alta" cucina solo in rapporto all'estro, alla fantasia, all'arte e alla maestria che evoca.
Quindi io rifiuto categoricamente questa distinzione a ben guardare snob e priva di fondamento, tra "alta" cucina e cucina "popolare", tra le due non esistono sostanziali differenze nei termini suddetti e anzi la seconda si lascia preferire ampiamente nei termini precedentemente esplicitati, nutrire, saziare, digerire.
Rifiuto l'analogia in base alla quale l'alta cucina sta all'alta orologeria come la cucina popolare sta all'orologeria industriale e massificata, e sarei molto più lieto di strapagare una granita alle mandorle e pistacchio di Bronte preparata a San Giovanni La Punta piuttosto che il gelato alla acciughe della starchef. Ma magari la trovassi una vera granita come quella...
Scusa, ma in questi termini non ti seguo. Chiaro che più è semplice la ricetta meglio si sentono le qualità dei pochi ingredienti, ma per far questo non devo pagare 100 euro, o 500 euro: mangio a casa mia e sono a posto. Come fai a dire che non esiste distinzione fra cucina popolare e alta cucina? Io la vedo tutta invece, e non ho mai detto che sempre l'alta sia migliore della bassa, può anche essere l'inverso, ma sovente l'alta è di un ottimo livello e soprattutto è molto più rara. Io ho mangiato meglio quando ho seguito la guida Michelin che i consigli degli amici....
Mi sembra che su questo tema generalizzi troppo. Se vieni a Roma ti porto a mangiare bene, dove si fa sperimentazione non  tanto per fare ma per avere il meglio in termini originali.
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mbelt

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #76 il: Ottobre 24, 2015, 15:07:38 pm »
Il miglior fegato d'oca che abbia mai mangiato? Una trattoria nei boschi di Budapest nel 1992, dove la cacciagione uscivano a spararla dopo che l'avevi ordinata :D
Fegato d'oca fritto in agrodolce, uno spettacolo che non dimenticherò mai e forse mai più mangerò di nuovo. Nel piatto, va da se, non c'era l'odore del fegato d'oca, c'era un pezzo di fegato delle dimensioni di un plum cake. Non c'era coreografia, il piatto serviva alla portata, alla portata era proporzionato e non a coprire con la decorazione l'assenza della portata. Non c'era il cameriere pronto ad accompagnarti al bagno, c'era un gentile signore Ungherese che non ti faceva mancare nulla e faceva di tutto per farti sentire a casa tua.
Sono tornato di recente a Budapest é ho passato 6 giorni a cercare quella trattoria (purtroppo senza successo).
Mai passato per la mente di tornare in uno degli stellati in cui mi é capitato di "mangiare" (si fa per dire).
Il fois gras io non lo amo particolarmente, ma se andassimo a Ginevra assieme saprei dove andare a gustare uno dei migliori della storia.....
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ciaca

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #77 il: Ottobre 24, 2015, 15:23:04 pm »
Speriamo che accada allora :D
Neanche io lo amo, per questo ancora ricordo quello di Budapest :P

Sulla sperimentazione, ancora, ribadisco che ci sono piatti della mia tradizione popolare (ma ne conosco tanti di altre regioni) che non hanno nulla da invidiare in termini di estro, complessità, arte e dedizione, a nessun piatto della sedicente "alta" cucina.
Ci sono cose sulle quali si può e si deve sperimentare perché prese a solo dicono poco o nulla, e altre che vanno rispettate ed esaltate senza sperimentazioni che restano esercizi di stile fine a se stesso.

Una pasta con le sarde, ma anche una più semplice pasta coi ricci, se fatta a regola d'arte é un trionfo di complessità e sperimentazione, e il fatto che appartenga alla tradizione popolare palermitana non significa che sia più ordinaria del sorbetto al basilico o del gelato all'acciuga o del croccante al fegato d'oca.
Nessuno al mondo é in grado di fare la pasta coi ricci che prepara Ippolito Ferreri da "charme" a Palermo, non ha le stelle, non va in tv, non lo conosce nessuno, ma chiunque ci abbia portato, da qualunque parte d'Italia o del mondo venisse, é rimasto incantato (e pure sazio). E alcuni tornano solo per mangiare li quella pasta, pure quelli ai quali i ricci facevano schifo.

A me, ripeto, con un ristorante stellato Non é mai successo, e quando pago voglio uscire appagato sia nel palato che nella pancia, possibilmente senza dover prendere il gaviscon dopo mezzora.
Invece spesso sono uscito deluso (al palato) con lo stomaco vuoto, pure sofferente, oltre che con la tasca molto più leggera. Roba che il pirata a Cap d'Antibes con i suoi 100 euro a piatto rotto é più "onesto" :D

E ancora, parlando di prezzo, vero che se pago di più voglio mangiare qualcosa di più e di diverso da quello che posso mangiare a casa, ma siamo sicuri che in casa certa cucina "popolare" si possa ancora mangiare?! Se un gelato alle acciughe o un'unghia di formaggio a 5 dkverse stagionature la pago 50 euro, una pasta con le sarde che per farla ci vogliono almeno 4 ore di preparazione, uno svariato numero di ingredienti e cotture differenti e un'arte che ormai pochi hanno e custodiscono, quanto la dovrei pagare?! 500?!
E senza andare troppo sul "sofisticato", siamo sicuri che una pizza come quella che servono da
Pulecenella a Salerno sia mangiabile altrove?! E per come è fatta e l'antica arte dell'impasto, della lievitazione lenta e della cottura a legna, quanto la dovrei pagare? :D 
Solo per il fatto che hai mangiato la vera pizza, la più buona al mondo, e ti alzi con lo stomaco leggero come se non avessi messo dentro mezzo chilo di carboidrati e grassi animali sarei disposto a pagarla molto di più di qualunque estrosità culinaria delle star chef.
« Ultima modifica: Ottobre 24, 2015, 15:37:41 pm da ciaca »
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mbelt

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #78 il: Ottobre 24, 2015, 15:46:29 pm »
Speriamo che accada allora :D
Neanche io lo amo, per questo ancora ricordo quello di Budapest :P

Sulla sperimentazione, ancora, ribadisco che ci sono piatti della mia tradizione popolare (ma ne conosco tanti di altre regioni) che non hanno nulla da invidiare in termini di estro, complessità, arte e dedizione, a nessun piatto della sedicente "alta" cucina.
Ci sono cose sulle quali si può e si deve sperimentare perché prese a solo dicono poco o nulla, e altre che vanno rispettate ed esaltate senza sperimentazioni che restano esercizi di stile fine a se stesso.

Una pasta con le sarde, ma anche una più semplice pasta coi ricci, se fatta a regola d'arte é un trionfo di complessità e sperimentazione, e il fatto che appartenga alla tradizione popolare palermitana non significa che sia più ordinaria del sorbetto al basilico o del gelato all'acciuga o del croccante al fegato d'oca.
Nessuno al mondo é in grado di fare la pasta coi ricci che prepara Ippolito Ferreri da "charme" a Palermo, non ha le stelle, non va in tv, non lo conosce nessuno, ma chiunque ci abbia portato, da qualunque parte d'Italia o del mondo venisse, é rimasto incantato (e pure sazio). E alcuni tornano solo per mangiare li quella pasta, pure quelli ai quali i ricci facevano schifo.

A me, ripeto, con un ristorante stellato Non é mai successo, e quando pago voglio uscire appagato sia nel palato che nella pancia, possibilmente senza dover prendere il gaviscon dopo mezzora.
Invece spesso sono uscito deluso (al palato) con lo stomaco vuoto, pure sofferente, oltre che con la tasca molto più leggera. Roba che il pirata a Cap d'Antibes con i suoi 100 euro a piatto rotto é più "onesto" :D

E ancora, parlando di prezzo, vero che se pago di più voglio mangiare qualcosa di più e di diverso da quello che posso mangiare a casa, ma siamo sicuri che in casa certa cucina "popolare" si possa ancora mangiare?! Se un gelato alle acciughe o un'unghia di formaggio a 5 dkverse stagionature la pago 50 euro, una pasta con le sarde che per farla ci vogliono almeno 4 ore di preparazione, uno svariato numero di ingredienti e cotture differenti e un'arte che ormai pochi hanno e custodiscono, quanto la dovrei pagare?! 500?!
E senza andare troppo sul "sofisticato", siamo sicuri che una pizza come quella che servono da
Pulecenella a Salerno sia mangiabile altrove?! E per come è fatta e l'antica arte dell'impasto, della lievitazione lenta e della cottura a legna, quanto la dovrei pagare? :D 
Solo per il fatto che hai mangiato la vera pizza, la più buona al mondo, e ti alzi con lo stomaco leggero come se non avessi messo dentro mezzo chilo di carboidrati e grassi animali sarei disposto a pagarla molto di più di qualunque estrosità culinaria delle star chef.
Quella pizza la conosco. Ma si può apprezzare quella pizza e anche altro.
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ciaca

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #79 il: Ottobre 24, 2015, 17:08:39 pm »
Certamente, era solo una replica all'assunto in base al quale se pago tanto voglio mangiare cose diverse da quello che posso mangiare a casa. :)
Io quella pizza, per esempio, a casa non posso mangiarla, e se voglio mangiarla devo arrivare fino a Salerno, ma ciò non significa che sia lecito pagarla 100 euro. Ne bastano 8
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guagua72

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #80 il: Ottobre 24, 2015, 17:10:20 pm »
Non ho preclusioni per alcun tipo di cucina. Vi sono piatti la cui complessità è figlia di una grande conoscenza del prodotto e, in particolare, quelli della tradizione che appoggiano su una grande tradizione gastronomica. Fare piatti di tradizione non è semplice. E in certi ristoranti vengono proposti o rivisitati i grandi piatti della tradizione, di modo che il forestiero possa andare a provarli. Io da Emiliano non bramo di andare fuori per mangiare i tortellini. Come Angelo mangerà molto meglio a casa la pasta alla norma, o gli altri piatti della tradizione. A Genova mi piace ricordare, sempre per rimanere sui piatti poveri, il cappon magro. Ho mangiato il Cappon Magro sia in uno stellato, che in una più umile osteria che in casa di amici. I tre piatti avevano consistenze diverse e costruzioni come alcuni ingredienti modificati, ma erano tre piatti succulenti e ottimamente cucinati ma comunque diversi. Non saprei dire in quel senso quale sia buona cucina

ciaca

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #81 il: Ottobre 24, 2015, 17:14:09 pm »
Citazione
Non saprei dire in quel senso quale sia buona cucina

Forse, se parimenti appaganti, salubri e sazianti, come sembrerebbe dalla tua testimonianza, quella che è costata (molto) meno a parità di altri fattori?! :)
Anche "l'onestà" dei prezzi è un requisito di una buona ristorazione.

Tornando alla cucina "di casa", non è detto che io possa mangiare in casa un piatto della mia tradizione culinaria regionale.
Un cous cous "incocciato" a mano, oggi, posso ancora mangiarlo grazie alla nonna di mia moglie, per cui o vado a trovarla a Trapani o vado in qualche trattoria dove ancora lo fanno e lo sanno fare (e non mi propinano il precotto in busta e il pesce da brodo rimasto durante la settimana, n.d.r.).
Ci vogliono TRE ore solo per "incocciare" a mano la semola nella "mafaradda", e la signora ha ormai una certa età....

Allo stesso modo un piatto di pasta ai ricci come quello che ho citato sopra non posso mangiarlo se non nel posto citato, e ci sta che lo paghi 25 euro (con estrema gioia e soddisfazione gli ne darei anche il doppio).

Insomma, il postulato in base al quale se vado al ristorante e pago certe cifre voglio mangiare solo cose dell'altro mondo io non lo condivido. Come non capisco tutta questa attenzione verso uno stile di cucina che ritengo non ci appartenga, scimmiottato (concettualmente) dai francesi, quando buona parte dei piatti della nostra più profonda tradizione si sta perdendo nell'oblio e nella memoria dei nostri nonni, troppo difficili, complessi e laboriosi da preparare per i moderni ritmi di vita sempre più orientati sul "cotto e mangiato". Andrebbe prima di tutto preservato e trasmesso quel patrimonio, specie alle nuove generazioni cresciute a bigmac e sofficini, che di quei sapori e di quelle tradizioni nulla conoscono, piuttosto che giocare al piccolo alchimista tra i fornelli coniando per i piatti nomi più lunghi e pieni di accenti dell'elenco dei titoli e delle casate di in nobile.

Almeno finchè qualcuna di queste star, fulminata sulla via di Damasco, non avvierà la moda della "riscoperta" degli antichi sapori tradizionali, e allora tutti correranno a pagare migliaia di euro per una ribollita, un piatto di trippa o una stigghiola, che a quel punto se li prepara Cracco faranno molto chic e conoisseur :)
Farinetti c'è già arrivato con gli ingredienti, e ci ha fatto su un bel business, peccato che spaccia robaccia industriale per "cose di una volta". Ma tutti corrono a fare la spesa da eataly o ai mercati "biologici" dove si vende la stessa roba che si compra nei mercati ortofrutticoli, pagandola però il triplo. Perché fa figo e molto conoisseur. Diciamo che abbiamo una spiccata propensione a farci prendere per i fondelli?! :)
« Ultima modifica: Ottobre 24, 2015, 17:52:35 pm da ciaca »
"A megghiu parola è chidda ca un si dici"

guagua72

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #82 il: Ottobre 24, 2015, 17:50:46 pm »
Secondo me sbagli quando pensi che un certo tipo di cucina è scimmiottato dai francesi. La novelle cuisine non esiste più da tempo ed è  molto più vecchia della rivisitiazione di quella tradizionale.......Roger Verger, un ottimo cuoco francese e Philippe Leveille, un'altro cuoco francese emigrato in Italia ( Philippe ha due stelle michelin o macaron come dicono i cugini d'oltralpe) non hanno nulla a che vedere con lo stereotipo della cucina francese. Ricordo di avere mangiato al Miramonti L'altro da Leveille, un risotto ai formaggi squisito, non un piattino o un piattuncolo, cottura , mantecature e condimento del risotto erano fantastici......In questo momento non ricordo il secondo piatto. Ho speso 40 Euro con Vino, a mezzogiorno, credo la sera si spenda dalle 80 alle 100 Euro, poi se si esagera col vino i prezzi possono crescere. Alle Calandre a Rubano Padova Chef Alaimo , mi è capitato di mandare indietro un piatto, avevano esagerato con la bottarga........Non per questo penso che il pluristellato Alaimo sia un propinatore di fuffa. Per quanto riguarda il prezzo e il piatto diverso non riesco a compreneder quale sia il senso del discorso, sono tre piatti interpretati in maniera diversa , perchè devo per forza scegliere il meno caro? Anzi, perchè devo per forza effettuare una scelta? Non posso immaginare il ragionamento per stereotipi, i Francesi con le salse, gli Italiani Pizza e Mandolino, Gli Americani con la bistecca e il cow boy........Ci mancherebbe che qualcuno tirasse fuori il siciliano con la lupara

ciaca

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #83 il: Ottobre 24, 2015, 18:07:41 pm »
Citazione
Secondo me sbagli quando pensi che un certo tipo di cucina è scimmiottato dai francesi. La novelle cuisine

Concettualmente la nouvelle cousine, per quanto ormai superata, è la madre di tutte le "elaborazioni" culinarie, e concettualmente io ritrovo gli stessi presupposti nell'alta cucina italiana, seppur sviluppata (ovviamente) in modi completamente diversi e con risultati diversi.
Ora è pacifico che la materia è vasta, le espressioni variegate, e il rischio di generalizzare molto elevato.
Ma purtroppo quando si affronta un tema in modo generale, o sulla base delle proprie esperienze per definizione limitate, è un rischio che bisogna correre, e che sui "principi" del ragionamento non influisce.
Io sono certo che se venissi a trovarti e mi indicassi alcuni luoghi/piatti per te apprezzabili con ogni probabilità li apprezzerei anch'io (sempre che riesca a digerirli, che per me non è fatto scontato), ma questo nulla toglie al discorso che ho cercato di imbastire in questo 3d. Chiamalo "di principio", se vuoi.
Quanto alla "scelta", se tu scrivi "non saprei quale scegliere" dai per scontato che scelta, o graduatoria, deve esserci. :) e, ripeto, per me il prezzo non è mai un "dettaglio", un prezzo "onesto" è alla base di una buona "ristorazione" ed entra, almeno per me, nella valutazione complessiva specie se il prezzo è clamorosamente sproporzionato alla qualità e quantità di quello che ho mangiato.
Se tu ci metti 4 ore a preparare una autentica schifezza, non è che io posso giudicare congruo il prezzo esoso pagato per quella schifezza solo perchè ci hai messo quattro ore a farlo. Se per me era una schifezza per me non vale nemmeno il piatto in cui era servita, quindi il mio giudizio del rapporto qualità/prezzo sempre quello resterà.

P.s: mai rimandato indietro nulla, piuttosto lo lascio nel piatto. E quando alla fine del pasto mi si chiede se era di mio gradimento, rispondo sempre soddisfatto "perfetto". Mi limito a non tornarci mai più :)
Mio padre, che aveva un carattere molto più guerrafondaio del mio, era capace di quei numeri se qualcosa non era solo vagamente perfetta che un pasto al ristorante diventava un'esperienza a se stante solo per quello :D
Il suo motto era: pago un botto e tutto deve essere perfetto. Peccato che la perfezione non è di questo mondo, checchè ne pensino le star dei fornelli  :P
« Ultima modifica: Ottobre 24, 2015, 18:12:29 pm da ciaca »
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guagua72

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #84 il: Ottobre 24, 2015, 19:45:55 pm »
Quanto alla "scelta", se tu scrivi "non saprei quale scegliere" dai per scontato che scelta, o graduatoria, deve esserci.
No lo hai chiesto tu di definire buona cucina, io Ti volevo fare capire che non saprei quale sciegliere perchè non è possibile, per partito preso  come fai tu,  fornire delle definizioni o sentenziare contro l'una o l'altra tipologia di cucina. Nel tuo caso, stellati no no no.....Io non uso emoticons ma se ci fosse metterei due omini che si abbracciano seduti a tavola. Tovaglia a quadretti rossi si intende

ciaca

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #85 il: Ottobre 24, 2015, 19:53:36 pm »
Anche senza tovaglia può andare bene, se c'è la ciccia :D
Certo che l'ho chiesto io di definire il concetto di buona tavola, se no come si fa a giudicare? Ho anche proposto, qua e la, dei criteri.
Nutrizione, sazietà, gusto, salubrità della materia prima e digestione, il tutto rapportato al prezzo.
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Istaro

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #86 il: Ottobre 25, 2015, 00:05:32 am »
Prima di dire la mia, cerco di recuperare alcuni fili della discussione, che a tratti mi sembra essersi aggrovigliata.

La domanda iniziale di Giorgio (guagaua72) - se i cuochi in tv avessero apportato beneficio alla cultura alimentare – è stata presto sostituita dal dibattito su: “È meglio la cucina ‘casalinga’ o quella della ‘alta’ ristorazione”?

Questa discussione si è incanalata sull’assunto che la cucina “casalinga” sia quella basata sulla tradizione italiana, almeno per chi ha la fortuna di avere in casa mogli/mamme/nonne che la sappiano riproporre. Questa tradizione culinaria, al di fuori delle mura domestiche, potrebbe trovare soddisfazione – mi sembra di aver capito – solo nelle “osterie”.

La cosiddetta “alta” ristorazione (stellata o non), invece, parrebbe necessariamente essere quella basata su espressioni culinarie innovative, prevalentemente di tipo “creativo”: nouvelle cousine, molecolare, fusion, destrutturata, ecc.
Questo sulla base del presupposto che chi va a cena fuori e paga bei quattrini sarebbe desideroso di esperienze “diverse”.

Qui sorge la mia prima domanda: l’alta ristorazione dev’essere per forza “creativa”?
Il desiderio di una serata “particolare” non potrebbe essere soddisfatto anche da pietanze tradizionali, soprattutto se la tradizione in questione è quella italiana, indiscutibilmente la migliore al mondo?

Se la questione fosse solo quella del desiderio di vivere una serata “particolare”, potrei dire che tale desiderio potrebbe essere soddisfatto già nel recarsi in un grande ristorante per poter consumare cibi tradizionali perfettamente cucinati.
Anche perché io non vedo più, tra le mura domestiche, tutte queste persone che abbiano tempo e competenza per stare dietro i fornelli… Estremizzo: oggi come oggi anche un’ottima pasta e fagioli è per molti un’esperienza “diversa”!

Potremmo aggiungere che – anche per chi ha la fortuna di poter gustare in casa propria piatti ben preparati – avvicinarsi ad altre cucine regionali è sempre un’esperienza profondamente nuova; e che la “particolarità” di una serata può risiedere anche – come è stato ricordato - nell’ambiente, nel servizio.

La vera questione mi sembra un’altra: è che si è imposta l’idea che la cucina di “serie A” – quella meritevole di essere offerta in locali esclusivi e di richiedere esborsi considerevoli – sia solo quella creativa.
Retrocedendo la cultura tradizionale e regionale italiana al rango di cucina di “serie B”: da ricette della nonna oppure, tutt’al più, da osteria.

Il mio dissenso rispetto a questa impostazione è profondo.

Quando il messaggio trasmesso dagli operatori di un settore – non solo quello della ristorazione - viene focalizzato solo sulla “novità”, sulla "modernità", sulla “esclusività”, sulla “particolarità”, ecc. ecc., quasi sempre rilevo che la “novità” è solo verbale e in realtà si cerca di distogliere l’attenzione da un fattore che dovrebbe restare quello centrale: la qualità!

Mi sembra qui di poter svolgere un parallelo con altri settori merceologici, accomunati da una linea di tendenza: lo spostamento progressivo dalle esigenze del consumatore a quelle del produttore.

Al consumatore dovrebbe interessare la massima qualità al “giusto” prezzo.
Invece, il mercato globale sta riuscendo a massimizzare il profitto abbattendo i costi con la rinuncia alla qualità, sostituita da fattori immateriali ed emotivi.
Sparisce la qualità intesa come ricerca, sostituita da innovazioni esteriori. Sparisce la qualità della materia prima, sostituita da materiali sintetici a bassissimo costo e scarsa resa. Sparisce la qualità della lavorazione, della lunga cura artigianale (il cesellatore, il sarto, il falegname…), sostituita da procedimenti industriali che spesso deprimono il risultato finale.

La qualità viene residualmente offerta come bene di lusso, e fatta pagare cifre spropositate.

In settori come quelli dell’abbigliamento, dell’arredamento, della manifattura, questo fenomeno è ormai spinto a livelli estremi (ne abbiamo parlato in altro topic).
Nella tecnologia, all’opposto, è più contenuto: in quel campo la funzionalità del bene è più facilmente riconoscibile, l’attenzione del consumatore più elevata.

E nel settore della ristorazione (e della cucina in generale)?
Qui, a mio avviso, siamo a… metà strada.

Oggi viene enfatizzato il concetto di “materia prima”. Ma quest’enfasi nasconde un illustre disperso: il fattore lavorazione.
Angelo (ciaca) ha ricordato come la grandezza della cucina italiana – ma anche dei piatti pregiati di altre cucine estere - risieda non da ultimo nelle lunghe ore richieste dai numerosi passaggi di preparazione, lavorazione, cottura.
Tempi inconciliabili con quelli di una ristorazione che voglia massimizzare i profitti nei termini su esposti.

Bisogna anche aggiungere che la cucina “creativa”, di qualunque tipologia essa sia, consente di esaltare la “personalità” dello chef e di alimentare tutti quei discorsi su esclusività, novità, ecc. che consentono di far lievitare i prezzi.

Concludo: non voglio essere tranchant nel dare giudizi sui ristoranti stellati. In questi posti si possono senz’altro fare esperienze molto gratificanti (tali da giustificare il prezzo?), insieme con altre da dimenticare.
Allo stesso modo, i cuochi in tv potranno alternare utili consigli a narrazioni autoreferenziali.

Però voglio sottolineare con forza che non esiste nessuna “superiorità” della cucina creativa su quella tradizionale (intendiamoci: non l’hanno proclamata i forumisti che mi hanno preceduto; ma è quella che proclama il mercato). Anzi, casomai è il contrario.
E se nell’alta ristorazione si è imposta la cucina creativa, io lo spiego soprattutto con i motivi economici e “culturali” (indotti dalla moderna cultura mediatica) che ho descritto.
« Ultima modifica: Ottobre 25, 2015, 00:07:39 am da Istaro »
"Non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)

ciaca

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #87 il: Ottobre 25, 2015, 00:21:28 am »
Una perfetta ed eloquente "sintesi" (si fa per dire :D ) di ciò che intendo.
Grazie
"A megghiu parola è chidda ca un si dici"

guagua72

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #88 il: Ottobre 25, 2015, 08:55:27 am »
In alcuni tratti di questa interessante discussione ho notato che si tendeva a generalizzare, uniformare, stereotipizzare un certo tipo di ristorazione. Istaro forse non ha letto tutto, e ha fatto pure bene, ma non ha notato che alcuno dei forumisti abbia lodato per partito preso gli chef stellati tanto quanto altri lo abbiano fatto contro gli stessi. Se qualcuno si fosse azzardato a criticare la cucina di casa o quella tradizionale giudicandola per partito preso, affermando che coloro che mangiano a casa sono degli ignoranti, avrei tenuto, rispetto alla cucina di casa lo stesso atteggiamento che ho tenuto verso la cucina dei ristoranti stellati.
Non riesco spesso a non citare qualche buon ristorante stellato, ma credo che nell'intervento di Istaro, che per larghi tratti condivido e apprezzo, non si sottolinei  e non si calchi la mano a fare comprendere come la cucina tradizionale non sia la cucina di casa e come la cucina stellata , molto spesso, possa essere al tempo stesso tradizionale.
Io ho sempre tenuto distinte due cucine, la cucina di casa e la cucina del fuori casa, non è detto che la cucina fuori casa debba corrispondere per forza allo stellato di turno. Io personalmente i sapori della cucina di casa non li ho mai ricercati nella cucina fuori casa, nemmeno andando nei ristoranti tradizionali.
Io per esempio, ho assaporato splendidi tortellini in brodo anche fuori casa ma Vi potrei elencare miriadi di differenze con quelli proposti nelle case. Non è sempre detto che diverso debba essere peggiore o migliore, semplicemente è diverso

ALAN FORD

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Re:La ristorazione, le stelle, la televisione
« Risposta #89 il: Ottobre 25, 2015, 09:32:11 am »
Creativa, non creativa, ciccia o non ciccia, io credo che in una serata particolare sia nessario innanzitutto l'ambiente.
Se vado a cena al Mirabelle e dall'alto ho davanti a me Roma mentre sorseggio un buon pro secco o champagne, il cibo assumerà di conseguenza sapori diversi anche se già lo sono vista la competenza dello chef.
Sono condizionato dalla fuffa?
Può darsi ma non sono mai andato via con la fame ne mi è mai capitato di trovare sapori non graditi e neanche ho mai dovuto prendere il bicarbonato per digerire.
Ossia a me va bene l'osteria della sora Maria con la tovaglia di carta a mangiarmi fettuccine fatte in casa con ragù cotto 8 ore ma la serata particolare deve essere particolare se no che particolare è?