Il topic sul Genta Success (
http://www.orologico.info/index.php?topic=21723.0) mi ha indotto a una riflessione più generale, che forse sta bene nel topic dedicato espressamente a questo grande "artista":
Io mi unisco a chi non apprezza questo modello...
E aggiungo una domanda-considerazione: come mai l'estetica dei Genta, cioè degli orologi prodotti direttamente dal celebre disegnatore, è mediamente più deludente di quelli da lui pensati per altre maisons ?
Secondo voi è uno dei casi in cui il committente/produttore riesce a tirar fuori il meglio dall'artista, il quale invece non riesce a trovare un equilibrio ottimale quando lavora a briglia sciolta?
Ermanno, ad esempio, ha commentato:
Direi piuttosto che quando ha disegnato per altri ha subito un condizionamento che ne ha mitigato l'estro.
Quando lo ha fatto per se stesso ha potuto dare libero sfogo alla propria visione dell'oggetto orologio.
Probabilmente è così.
A me sembra però che le sue creazioni precedenti abbiano dimostrato maggiore equilibrio e riuscita nel tempo.
Royal Oak e Nautilus, addirittura, sono divenuti veri "classici", a prescindere dai fenomeni emulativi e/o speculativi che ne hanno rilanciato la richiesta negli ultimi anni.
Le creazioni a marchio "Gerald Genta", invece, esprimevano un gusto più elaborato, più barocco, più "particolare", e quindi inevitabilmente destinato a suscitare più facilmente stanchezza (al di là dei gusti personali: tutto può piacere, esistono gli amanti del genere, ecc.).
Le cause che ipotizzo sono diverse.
Il Genta "a briglia sciolta" non ha avuto un committente con sufficiente sensibilità (o senso pratico), che sapesse porre argini all'eccesso di creatività, suggerire una modalità espressiva capace di essere significativa e interessante per il pubblico, e non autoreferenziale?
Questa tesi darebbe lo spunto per tante riflessioni sull'importanza che storicamente la committenza ha avuto per trarre il massimo dagli artisti (architetti, registi, romanzieri, ecc.). Abbiamo spesso avuto modo di confrontare l'opera "integrale" - quella pensata senza i tagli o i rimaneggiamenti o i suggerimenti del committente / produttore / curatore editoriale - con quella diffusa al pubblico; e notare come la prima - se ci liberiamo dei miti sull'intangibilità dell'estro creativo… - fosse effettivamente inferiore.
Oppure il Genta su commissione potrebbe essersi "autodisciplinato", tenendo presente già al momento creativo la necessità di assecondare un'esigenza esterna (qui l'influenza del committente sarebbe "implicita").
O ancora: il Genta imprenditore ha sviluppato una produzione con forti tratti di "originalità" non per assecondare il suo estro creativo, ma per semplice calcolo commerciale: voleva distinguersi più marcatamente dalle produzioni "tradizionali", ritagliarsi una nicchia di mercato rendendosi riconoscibile.
Con esiti non entusiasmanti, mi sembra.
Roth, ad esempio, seguì una strada molto diversa: originalità sì, ma nel solco della tradizione, e con una fortissima coerenza di prodotto.
Altra ipotesi: i Genta degli anni Ottanta risentono fortemente del gusto - e della moda - di quell'epoca, destinati perciò a invecchiare più di prodotti meno modaioli e meno connotati temporalmente.
Ultima ipotesi: l'estro del maestro si stava semplicemente affievolendo, come capita a tutti gli artisti...
O forse una parte di vero c'è in tutte queste possibilità.