Secondo me una tabella del genere, ammesso che sia realizzabile, ha valore solo per il momento esatto nel quale viene stilata. Non si può, a mio avviso, parlare di valore economico slegandolo dal mercato e il mercato é per definizione mutevole.
Tra i valori attuali che vengono indicati posso esprimermi solo su quello del Reverso e penso che un GT d'acciaio attualmente abbia un valore inferiore di almeno 500€ rispetto a quanto riportato.
La discussione penso che nasca da riflessioni fatte più volte in passato sul mercato “impazzito”: vuoi perché le case applicano a questa tipologia di prodotto margini spropositati, per amplificarne la dimensione di bene di “lusso”; vuoi perché su alcune marche/modelli si sono innescati meccanismi speculativi; ecc.
Riflessioni che conducono, quindi, a suggerire la necessità di non seguire supinamente questo mercato.
Conseguentemente, se abbiamo una certa disponibilità economica (sia questa di 2.000 o di 20.000 euro), come orientarla nella gran messe di orologi nuovi e usati disponibili?
L’unico criterio deve essere quello del “mi piace” oppure riusciamo a sviluppare un ragionamento sulle
qualità “intrinseche” di un orologio (meccanica, disegno, lavorazione, rarità…), che ci consenta di capire come è più opportuno indirizzare i nostri sforzi?
Un discorso sul valore intrinseco per me è molto interessante e merita di essere sviluppato.
Con la consapevolezza che,
in fase di compravendita, dal mercato non si può prescindere: le nostre quotazioni ideali possono avere solo il significato di capire quali orologi se ne allontanano di più . E quindi meritano di essere trascurati qualora se ne allontanino in eccesso, perché non hanno un valido rapporto qualità/prezzo ed esistono alternative - in quest’ottica - più “convenienti”. Oppure meritano di essere acquistati di corsa qualora se ne allontanino per difetto.
Ciò detto, il vero problema è a mio avviso un altro:
come definire un “valore intrinseco” senza essere – più o meno consapevolmente – condizionati dal valore di mercato? O senza essere – ancor peggio – condizionati dai nostri desiderî (possiedo un orologio, allora per me vale moltissimo; oppure ne cerco uno, allora vale poco perché a poco spero di trovarlo)?
In base a quali parametri possiamo dire, ad esempio, che il valore “giusto” di un Breguet 3130 è X?
Dobbiamo forse calcolare il valore dei materiali utilizzati (metalli nobili, componenti meccaniche pregiate) e sommarlo ai costi di produzione (costi per la progettazione, ammortamenti macchinari utilizzati, lavorazione industriale, “valore lavoro” di controlli ed eventuali finiture manuali, distribuzione, assistenza)?
Impresa improba già per un orologio, figuriamoci moltiplicarla per più modelli…
Oppure possiamo definire un orologio di riferimento (il classico hamburger di McDonald’s) di cui diamo una quotazione accurata, e ricaviamo le quotazioni degli altri rapportandone le qualità – in maniera anche approssimativa, basata sull’esperienza – all’orologio di riferimento?
Questo secondo metodo forse è il più fattibile (o il meno avventuroso...).
Ma
un metodo deve esserci e deve essere dichiarato, altrimenti si giustappongono cifre ambigue (perché ricavate con criterî diversi), la cui media non ha significato: se Ermanno dice che un 3130 vale 11.000 euro e io dico che ne vale 5.000, allora la media è 8.000?
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