Scusami ma sono a volte un po' criptico. Intendevo dire che molti contratti di uso/vendita di prodotti contengono clausole specifiche che vietano il reverse engineering del prodotto. In molti casi esistono protezioni specifiche. Ciò nonostante, con leggi e difficoltà contro, si procede comunque.
Molte aziende hanno macchine sovradimensionate come capacità e figlie di un epoca in cui si pensava ad un futuro diverso. Molte stanno provando a trovare sbocchi produttivi e sarebbero felici di trovare qualcosa da fare.
Chi può produrre questo
ha solo bisogno di un ragazzo uscito da una scuola tecnica.
Nel 99% dei casi gli orologi sono esattamente ciò che sembrano.
Quando parli di subfornitura in molti sono attrezzati proprio per mettere in produzione pezzi di altri il più in fretta possibile.
Se si intravvede la convenienza economica si riproduce tutto, dalla ruota centro a Google.
Perdonami, però forse non stiamo seguendo lo stesso filo del discorso...
E' vero:
già oggi esistono industrie o - per prodotti meno complessi - piccole manifatture specializzate che sono in grado di produrre e replicare quasi tutto, tanto che spesso lavorano come terzisti. (Per inciso: il "ragazzo uscito da una scuola tecnica" certe cose le può fare se è inserito nell'azienda che abbia il
know-how e i macchinari...)
Però è anche vero che
oggi i riparatori indipendenti non hanno accesso a molti ricambi di orologi non ETA, e la situazione va peggiorando a mano a mano che le case chiudono i rubinetti della distribuzione parallela.
I terzisti che potrebbero mettere in commercio le riproduzioni di fatto non lo fanno, perché temono di violare i brevetti: evidentemente non esiste una domanda di mercato sufficiente a indurli, anche per i componenti più "generici", a una produzione che li trascini in costosi contenziosi giudiziari (o che induca qualcuno a una produzione e distribuzione in nero).
Il ragionamento sulle stampanti 3D, in questo contesto, non nasce come ragionamento generale su queste macchine e sulle loro potenzialità all'interno dei normali processi produttivi (ragionamento che in ogni caso sto seguendo con interesse).
Piuttosto, in un topic sull'assistenza delle case produttrici di orologi (e sulle possibili alternative), il ragionamento nasce sull'ipotesi della stampante 3D come macchina che consenta un diffuso "fai da te" manifatturiero.
Per cui pongo di nuovo il mio dubbio: il piccolo orologiaio riparatore, che voglia riprodursi i componenti necessari senza ricorrere alla distribuzione parallela (che già oggi potrebbe aiutarlo, ma è soggetta a vincoli non solo tecnologici), potrà trovare nella stampante 3D la soluzione ai suoi problemi?
E anche ammesso che queste macchine, nelle evoluzioni future, siano in grado di produrre (per addizione o sottrazione di materiale) pezzi in diversi materiali (plastica, metallo, leghe), realizzati con un materiale unico o unendone più insieme, ecc....
Ammesso ciò, come può il piccolo orologiaio impostare la macchina senza avere il progetto digitalizzato dei componenti da realizzare? Può una scansione 3D essere in grado di effettuare il
reverse engineering di componenti
particolarmente complessi di cui non siano conosciute le schede tecniche?
Al di là del fatto che "la tecnologia può tutto", e che pochi anni fa le stampanti 3D non le immaginavano neanche nei romanzi di fantascienza, mi interessava capire se eravamo in grado di prefigurare una concreta applicabilità di questa soluzione per un
futuro prossimo e sulla base si
sperimentazioni tecnologiche già in corso (o di conoscenze attuali già definite di cui si sta studiando la sperimentazione).
Altrimenti, come annotava Angelo, possiamo concludere che si tratta di evoluzioni futuribili che probabilmente non interesseranno i nostri orologi (e non ci esenteranno dalla necessità di "monitorare" la qualità delle assistenze ufficiali delle case)...