Marco,ho fatto l'esempio volgendomi indietro perche' grandi orologi di qualche lustro fa sono economicamente accessibili
ai piu' mentre,tranne rarissime eccezioni,i capolavori moderni sono inarrivabili per le masse,che sono poi quelle che creano i miti.
Se per ipotesi poniamo il limite di spesa a 7-8k,un Sub appunto,di orologi stupendi con qualche anno sulle spalle ne troviamo quanti ne vogliamo,di contemporanei non uno.
Potrei dirti anche che il tocco umano sulle finiture di tanta orologerìa moderna di è persa proprio per i numeri. Se non fosse per gli alti numeri di produzione non ci sarebbe tutto quel marketing, non ci sarebbero listini gonfiati a fronte di sconti formidabili, non ci sarebbero deprezzamento abissali. Non sono convinto che i numeri tanto allargati abbiano fatto bene al settore, hanno danneggiato il prodotto, hanno arricchito il settore, ma ora rischiano di portarlo a fondo. Forse il vero errore dell'orologeria alta moderna è stato proprio quello, o meglio, da lì è partito.
Ed in fondo se ci pensi bene credo tu possa concordare con me almeno su questo : l'orologio meccanico è un prodotto in sè anacronistico , non funzionale, costosissimo, raffinato....può una simile meraviglia essere tale ed essere venduto con i numeri con cui viene venduto? No, ed infatti non accade.
Secondo me bisogna distinguere tra le caratteristiche (qualità, numeri della produzione, prezzi) proprie dell'offerta di un'azienda e quelle proprie di un settore nel suo complesso.
Se ci riferiamo alla
singola azienda, possiamo senz'altro ritenere che alti numeri rendano molto più difficile una lavorazione di tipo semi-artigianale, con i pregi propri di questa.
Con una serie di distinguo:
- in un prodotto ad elevato contenuto tecnologico la produzione industriale può garantire spesso livelli qualitativi superiori, visto che la progettazione informatica e le macchine a controllo numerico consentono accuratezze di lavorazione altrimenti impossibili (per cui il pregio dell'artigianalità lo ritroviamo anzitutto nella sua originalità, prima ancora che nella sua "eccellenza");
- in astratto, anche su una produzione più estesa potrebbe esserci una cura di tipo semi-artigianale: i geni (quelli che progettano) sono pochi, ma gli artigiani (quelli che eseguono le lavorazioni) possono essere formati.
Ad ogni modo, tralasciando questi distinguo che renderebbero il ragionamento oltremodo complesso, possiamo ritenere in generale che a una riduzione quantitativa potrebbe corrispondere un aumento di pregio del prodotto.
Ma - ripeto - il ragionamento ha senso solo se lo applichiamo alla singola azienda: possiamo rimpiangere il fatto che non ci siano più la Patek o la Vacheron di una volta.
Se invece parliamo dell'
intero settore dell'orologeria meccanica, non penso abbia senso ipotizzare una restrizione dell'offerta: il settore - come ogni settore produttivo - offre quello che il mercato chiede o è in grado di assorbire.
Se Patek o Vacheron riducessero i numeri, altre aziende prenderebbero il loro posto (magari riesumando marchi prestigiosi del passato) con orologi di tipologia simile a quella attualmente offerta: lusso griffato, con una strizzata d'occhio a una tradizione gloriosa.
Poiché Patek e Vacheron hanno invece deciso di "modernizzarsi", occupando questa nuova fascia di mercato più vasta, c'è chi - gli indipendenti - si è inserito in quella nicchia (piccoli numeri, originalità, cura elevatissima del dettaglio) di cui le grandi
maisons erano regine incontrastate in passato.
Insomma, il mercato non tollera vuoti...