Il fatto che un quarzo oggi costi meno di un meccanico non è un handicap, è un magnifico progresso. La produzione di “banali” circuiti stampati richiede competenze interdisciplinari che l’orologeria semplicemente si sogna. Se facessimo, come in molti ambiti, il paragone sulla quantità di investimenti necessaria a portare un prodotto in commercio per darne una valutazione, scopriremmo che non sono nemmeno paragonabili i soldi che stanno dietro a un quarzo rispetto ad un meccanico. Dufour si può chiudere nella sua baita in montagna e con un archetto, un tornio e due trapani tirare fuori uno di quelli che definiamo “capolavori”. Provate a chiedergli di tirare fuori un “banale” quarzo da 30 centesimi, senza il supporto di decine di ingegneri e materiali di cui ignora l’esistenza. Dietro un quarzo c’è un mondo di ricerca e sviluppo che fa impallidire. Se consideriamo tutti gli aspetti emozionali di una Maison, che produce da 150 anni magnifici manufatti, e carichiamo (giustamente) ogni pezzo di valore immateriale per non dover semplicemente giudicare una ruota dentata uguale a se stessa da 200 anni, come possiamo guardare un quarzo e non vedere il magnifico progresso della nostra conoscenza che ci permette di averlo a 2 soldi?
Siamo pronti con la poesia dell’orologio che prende vita grazie a quella che gli trasferiamo noi, e non vediamo niente di interessante in un orologio che vive con la luce del sole? Ci emozioniamo pensando al nonno che passa le ore a lucidare un ponte e non pensiamo all’ingegnere che ne ha passate dieci volte tante ottimizzando un processo o un’equazione?
Assumere che tutti i quarzi siano uguali (e non interessanti allo stesso modo) è un po’ come dire che tutti gli scappamenti sono uguali, visto che alla fine fanno la stessa cosa.
Non si tratta di definire cosa sia “migliore”, si tratta di andare oltre il prodotto puntuale e capire tutto quello che ci sta dietro, altrimenti un orologio meccanico sono semplicemente 50 grammi di latta: il pagarli più che se fossero d’oro in sè non aggiunge granchè.
Molte delle finiture che osserviamo sui meccanici derivano da uno scopo iniziale legato all’utilità: evitare che lo sporco se ne andasse in giro, migliorare l’accuratezza degli innesti, rendere precisi gli assemblaggi. Oggi perdono la connotazione funzionale per averne una estetica. In questo senso, che siano fatte su un meccanico o un quarzo non cambia nulla, dovremmo apprezzarle allo stesso modo. Pensando semmai che se un quarzo funziona anche con un po’ di polvere, questo è un vantaggio non un problema.