Questa non è neanche la prima crisi dell'era 2.0 (post quarzo) del settore.
Una prima crisi era già accaduta, per le stesse identiche ragioni, intorno alla metà degli anni 90 quando in crisi era andato l'allora trainante mercato italiano (erano finiti i bagordi degli anni 80 e i relativi esuberi di liquidità, per capire da cosa era mossa la domanda allora come oggi) e le fragili case svizzere erano tutte finite in bocca ai tre gruppi del lusso per una manciata di lenticchie. Allora a prenderselo in quel posto furono tutti gli "investitori" che per tutti gli anni 80 avevano "investito" in orologi svizzeri di qualsiasi marca e che, grazie alla svolta modaiola maturata dal settore tutto proteso ai nuovi mercati, nel breve volgere di qualche anno si ritrovarono in mano orologi "demodé" che valevano cenere rispetto a quanto erano stati pagati.
In tal senso è molto istruttivo consultare il database di antiquorum e vedere come sono radicalmente mutati i valori di aggiudicazione di certi orologi proprio a cavallo di quel periodo.
Tutti orologi finiti in bocca ai commercianti per un tozzo di pane in cambio di nuovi "investimenti", che ovviamente rischiano oggi di fare la medesima fine.
I numeri "fuori scala" di domanda (rispetto ad una soglia fisiologica di acquisti in effimero) si spiegano solo col desiderio degli acquirenti di parcheggiare liquidità in beni considerati rifugio. È la ragione per la quale mercati come quello tedesco (con gente non meno ricca o abbiente di italiani degli anni 80 o cinesi del nuovo millennio) non hanno MAI fatto registrare numeri importanti, proprio perché il tedesco per forma mentis (ma direi tutto il nord Europa protestante incluso regno unito e parte degli USA) non potrà mai considerare gli orologi come una forma di risparmio.