Avendo a disposizione un po’ di tempo, mi sono preso la briga di
smontare una delle bufale più clamorose che hanno imperversato in questi giorni, cioè che ci sarebbe stato un diffuso “pentimento” sul voto inglese, al punto che se si fosse tornato a votare gli elettori che hanno “aperto gli occhi” avrebbero capovolto il risultato.
Chi è interessato ad approfondire i meccanismi della manipolazione mediatica, che incontriamo tutti i giorni e su cui si fonda il potere dei gruppi dirigenti, può proseguire nella lettura di un post piuttosto lungo (ma non troppo
).
Chi è affezionato a una bufala solo perché suffraga le sue tesi può risparmiarsi la lettura.
Innanzitutto, la natura manipolatoria di questa bufala del “pentimento” generale avrebbe dovuto essere già evidente, sulla base del più elementare buon senso e senza bisogno di particolari analisi, ad ogni persona che guardi i fatti con sufficiente distacco e disincanto.
Non ha senso, infatti, pensare che le convinzioni maturate in mesi di serrata campagna elettorale possano mutare
repentinamente e
diffusamente perché i perdenti strillano (strillavano anche prima di perdere) o per una seduta negativa di cambio della sterlina.
I ripensamenti del giorno dopo sono casi sporadici, di elettori che magari erano indecisi al momento del voto e continuano ad esserlo anche in seguito, sia in uno schieramento sia nell’altro.
Ripensamenti più diffusi ci saranno sicuramente in base all’evolversi della situazione, come accade dopo
ogni consultazione popolare. Ma, anche qui, potranno avvenire in un senso o nell’altro.
L’enfasi sul “pentimento “ generale degli Inglesi è stata una manipolazione mediatica strumentale alle preoccupazioni delle
élites europee: creare un impatto emotivo nelle opinioni pubbliche degli altri Paesi dell’Unione, affinché sia limitato l’effetto contagio: “Come potete pensare di volere anche voi un referendum di questo tipo? Non vedete che gli Inglesi se ne sono pentiti subito?”
Ma se non ci accontentiamo del buon senso, e vogliamo analizzarla da vicino la manipolazione, facciamolo pure.
Mettiamo da parte i mitomani che su twitter si spacciano per
leavers pentiti; o che da tutta Europa hanno sottoscritto la petizione per ripetere il referendum, con centinaia di migliaia di accessi multipli (tanto che il Governo britannico ha dovuto bloccarla).
Veniamo al sondaggio di cui tanto si è parlato, anche in un articolo postato da ciaca.
http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/brexit-news-second-eu-referendum-leave-voters-regret-bregret-choice-in-millions-a7113336.htmlEbbene: l’articolo è dell’
Indipendent, noto quotidiano della sinistra
liberal contrario, ovviamente, alla Brexit. Il suo approccio è esemplare di come gran parte dei
media ha affrontato l’argomento.
Titolo (traduco direttamente):
“Una ricerca sulla Brexit suggerisce che 1,2 milioni di persone che hanno votato per il Leave sono pentite della loro scelta, con un capovolgimento che potrebbe cambiare il risultato”.Da questo titolo si ricava una “notizia” che è stata ripresa, con lo stesso tenore, dai
media di tutta Europa, senza nessuna seria analisi del contenuto: ovviamente non avevano interesse (anche se sarebbe il loro mestiere…) sottoporre a vaglio critico un messaggio funzionale alle richieste del proprio editore.
Innanzitutto, notiamo l’ipocrisia di alcuni termini usati, che non cambiano l’impatto del messaggio (“Se si rivotasse, cambierebbe tutto!”), ma rivelano la manipolazione: la ricerca - si legge - non dimostra alcunché, ma “suggerisce”… Non è scritto che sulla base dei “pentimenti” il risultato del referendum cambia, ma che “potrebbe” cambiare…
Cambiare in che termini?
Ebbene, già il sottotitolo (che pochi leggono) sgonfia in larga parte la “notizia”:
“Se si svolgesse un secondo referendum, il risultato sarebbe molto più vicino”.Ora, a parte il fatto che già ipotizzare un secondo referendum è un’assurdità manipolatoria (se vincesse il
Remain, che si fa? Si gioca la “bella” in capo neutro?
), apprendiamo che
il risultato sarebbe semplicemente… “più vicino”! Vale a dire che, tenendo conto dei "pentiti" del
Remain - come vedremo fra poco - e del margine di errore statistico - come dimostrato dai sondaggi che prima del referendum hanno dato vincente il
Remain fino all'ultimo - , secondo lo stesso
Indipendent probabilmente vincerebbe ancora il
Leave.
Insomma, la “notizia” ricavabile dal titolo – e dalla
vulgata che si è diffusa in tutt’Europa - si rivela una “non notizia”, perché basata su un’interpretazione artefatta del dato
presunto della ricerca.
Ma non basta: anche il dato che emerge dalla ricerca – “1,2 milioni di persone che hanno votato per il
Leave sono pentite della loro scelta” – è adulterato (per questo ho scritto dato “presunto”)!
Andiamoci dunque a guardare direttamente la ricerca-sondaggio, fatta dall’istituto demoscopico Opinium.
Di questo istituto apprendiamo innanzitutto che ha come suo principale
media partner l’altro grande quotidiano inglese della sinistra
liberal,
The Guardian. E sappiamo quanto l’orientamento politico sia determinante nel “modellare” le rilevazioni demoscopiche, anche se fatte con criterî “scientifici”.
I sondaggi pubblici, nella moderna società della comunicazione, spesso non servono per capire (a questo scopo ci sono i sondaggi riservati…), ma per influenzare l’opinione pubblica. Non a caso le testate giornalistiche hanno i loro istituti di “fiducia”, e anche gli istituti più autorevoli, che non hanno come interlocutore una sola area politica, sanno come “adattare” l’impostazione di un sondaggio a seconda della committenza: con l’ordine delle domande, con il tenore delle stesse, con le risposte offerte come possibili, con la stratificazione del campione, ecc.
Ebbene,
già il fatto stesso di porre una domanda sull’eventuale “pentimento” di una quota di elettori immediatamente dopo una consultazione è un’evidente anomalia, visto che una tale domanda non viene normalmente posta nelle analisi post-voto.
In ogni consultazione – elettorale o referendaria – ci sono indecisi fino all’ultimo istante. Qualcuno decide addirittura il suo voto nella cabina elettorale! È normale che, in questa limitatissima fascia di elettorato, possano esserci oscillazioni anche nei giorni successivi (“Avrò votato bene?”).
Ma si tratta di oscillazioni che valgono per tutti gli schieramenti, e che non sono consolidate: oggi, forse, cambio idea sulla base di un evento che mi ha colpito; domani la cambio di nuovo. Non si tratta di veri “pentimenti” (mutamenti di opinione consolidati), se non in casi rarissimi.
I mutamenti di opinione consolidati e diffusi si hanno dopo settimane o mesi.
A che serve, dunque una rilevazione sui “pentimenti” del giorno dopo, se non a impacchettare la base falsamente “scientifica” su cui imbastire la campagna mediatica? Si tratta di un approccio alla rilevazione che si presta alla manipolazione.
Mettiamo poi a confronto il contenuto dell’articolo dell’
Indipendent con il sondaggio vero e proprio.
http://ourinsight.opinium.co.uk/sites/ourinsight.opinium.co.uk/files/vi_28_06_2016_v2.pdfInnanzitutto, nell’articolo si scrive che “
fino al 7% delle persone che hanno votato per la Brexit rimpiange la propria scelta”.
“Fino al”… Avete presente quei negozi che promettono liquidazioni con “sconti fino al 70%” e poi, quando entri, scopri che gran parte dei prodotti sono scontati al 20%?
Ebbene, quel “fino al” è un’altra espressione intenzionalmente ipocrita, perché ammette implicitamente che vengono sommate due categorie di risposte, presenti nel sondaggio, tra cui esiste una notevole differenza: quelli che “non sono pienamente convinti” (
“not really” ) della propria scelta e quelli che “non lo sono affatto” (
“not at all” ). La prima risposta, pari al 5% del campione, misura le oscillazioni di opinione non consolidate degli indecisi, di cui abbiamo parlato sopra. Solo la seconda risposta, pari al 2%, misura i veri “pentiti” (pag. 14 del sondaggio).
Ma non basta ancora.
E' sufficiente proseguire nella lettura dell’articolo dell’
Indipendent (i più si fermano al titolo…), per scoprire che
“anche il 3% di chi ha votato Remain è pentito della propria scelta”!Anche in questo caso dobbiamo scorporare il dato tra un 2% di non pienamente convinti e un 1% di pentiti.
Per cui, se andiamo a misurare la differenza tra i pentiti del
Leave (2%) e pentiti del
Remain (1%), il dato di scostamento effettivo dal risultato del referendum è dell’1%! (Altro che 7%...).
Tenendo conto dei margini di errore statistico, il dato tra pentiti dell’uno e dell’altro schieramento potrebbe essere anche capovolto!Ma non è finita.
Guardiamo i dati non in termini percentuali, ma in termini assoluti. Misuriamo, cioè, la numerosità campionaria riferita a queste risposte: sono
9 (nove!) gli intervistati che hanno detto di essere pentiti del
Remain, e
17 (diciassette!) i pentiti del
Leave. Se anche prendiamo in considerazione i non pienamente convinti (rispettivamente 14 e 45),
siamo in tutti i casi al di sotto di quella che gli statistici definiscono significatività campionaria, considerato che la popolazione di riferimento è di 33 milioni e mezzo (!) di votanti.
La stessa nota metodologica dell’istituto Opinium (pag. 1) pone come livello soglia quello di 50 risposte, al di sotto del quale i dati sono solo “indicativi” (quindi non statisticamente significativi, neanche applicando i margini di errore usuali).
Insomma: la statistica non ci dice niente di misurabile e apprezzabile sui “pentiti” del referendum sulla Brexit!
Riassumendo: se anche i dati fossero da assumere nella forma manipolatoria posta dall’articolo dell’
Indipendent, e così rilanciata dai
media europei, il risultato del referendum probabilmente non cambierebbe (si ridurrebbe solo il divario).
La realtà, però, è che
quel dato non esiste : i “pentiti” rilevati sono statisticamente insignificanti.
Il
farmer inglese o la casalinga di Voghera queste cose le possono capire, tanto quanto il docente universitario, usando il semplice buon senso di cui parlavo in precedenza, intuendo subito la natura truffaldina di certi sondaggi (o meglio: della manipolazione che dei sondaggi viene fatta).
Chi ama “informarsi” compulsando notizie qua e là, invece, dovrebbe fare lo sforzo supplementare di interpretarle con sufficiente senso critico, altrimenti rischia di farsi condizionare (anche quando si illude di servirsene per dar peso alle proprie tesi).