In genere cerco di resistere alla tentazione di farmi coinvolgere nelle discussioni politiche. Non tanto perché accendono facilmente gli animi, quanto perché sono troppo dispersive, un vaso di Pandora che una volta scoperchiato richiederebbe pagine e pagine di approfondimenti per motivare ogni analisi (soprattutto se non allineata alle vulgate correnti).
Però voglio… cadere in tentazione.
Democrazia e libertà – Argomento vasto e “filosofico”, che però costituisce la premessa per esprimere ogni giudizio sulla Brexit.
La democrazia è un sistema perfetto? Niente affatto.
Non solo perché è imperfetta nelle decisioni che assume, ma anche perché è sempre “incompleta”.
La democrazia, infatti, non è soltanto elezioni, ma un
insieme di meccanismi delicati che devono essere compresenti: deve basarsi su una coscienza civile matura (importanza della cultura); deve consentire ai cittadini un giudizio consapevole almeno nelle questioni di carattere generale (importanza cruciale di libertà e pluralismo dell’informazione); deve esprimere classi dirigenti consapevoli per le questioni tecniche (importanza della democrazia rappresentativa); deve essere il più vicino possibile al cittadino, perché questi possa esercitare un controllo immediato (quindi diversi livelli di rappresentanza, sussidiarietà); non deve richiedere mai una delega assoluta (lo Stato, anche se i suoi organi sono espressione di elezioni “democratiche”, non deve essere totalizzante e non deve comprimere gli spazi della società civile e dei corpi intermedî); ecc.
Quando critichiamo le moderne democrazie, quindi, dovremmo sempre capire se stiamo criticando le democrazie in sé o i
deficit di democrazia…
(Se critico la qualità della preparazione di un ingegnere, devo capire se ritengo inutile la laurea in ingegneria in sé - per cui chiunque può mettersi a costruire palazzi - oppure sto criticando una facoltà che non rilascia lauree serie …)
Ciò detto, anche quando tutti i “meccanismi” democratici fossero sufficientemente presidiati, non avremmo decisioni “giuste” (sempre che qualcuno sia capace di stabilire quali sono).
Questo perché la democrazia non confida nella capacità dei cittadini di stabilire cosa è “giusto”, ma nella capacità del cittadino “medio” – il “
common man ” -, anche quello meno istruito, di tutelare i proprî interessi meglio di quanto possa farlo chiunque altro.
Per dirla con Pericle: “benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla”.
In una
vera democrazia la scelta degli indirizzi politici generali e la selezione delle classi dirigenti dovrebbero essere la risultante di una mediazione degli interessi dei diversi gruppi e strati sociali, e quindi perseguire,
con l’approssimazione possibile, l’interesse comune.
Quindi, se non è la perfezione delle decisioni l’obiettivo della democrazia, anche una decisione pienamente – e non solo formalmente - “democratica” può essere “ingiusta”. La storia conosce molti casi di decisioni popolari discutibili o rivelatesi profondamente sbagliate. Però… libere.
Il problema è che,
se si scelgono strade diverse, si è sicuri di comprimere la libertà, ma non si è per niente sicuri che vengano assunte decisioni migliori.
Le oligarchie o le dittature, infatti, sono rette pur sempre da uomini. I quali, anche quando siano più istruiti, sono mossi da passioni, interessi e meschinità come e più dell’ultimo dei braccianti agricoli.
La questione, in effetti, resta sempre quella: di quali interessi si fanno garanti i gruppi dirigenti? Più è ristretta la platea che li esprime, più sono particolari gli interessi tutelati.
Esempio spicciolo: quanti di voi, tra coloro che abitano in un condominio, e che sanno quanto sia seccante star dietro a tutte le complesse normative civilistiche ed amministrative che regolano la vita condominiale, si sentirebbero di rinunciare al proprio diritto di sedere in Assemblea, delegando tutto al vicino del terzo piano così esperto in quelle materie? Quello sarà anche tanto bravo, ma al dunque portato a difendere i suoi interessi…
Esempio più generale: un aspetto interessante dei Paesi socialisti, prima della caduta del Muro di Berlino, emergeva non tanto nei dati sull’efficienza produttiva (che tutti sapevano essere molto scarsa), ma in quelli sulla distribuzione della ricchezza (la cosiddetta “curva di Lorenz”): la sperequazione economica di redditi e patrimoni era pari a quella dei Paesi capitalisti che presentavano le maggiori diseguaglianze!
E fin qui abbiamo ragionato nell’ipotesi di confrontare una democrazia con un’oligarchia o una dittatura “illuminata”: la prima resta preferibile.
Ma aggiungiamo una domanda: se dittatura (od oligarchia) dovesse essere, chi ci garantisce che il dittatore sia persona “illuminata” e non – semplicemente – il più spregiudicato nella conquista del potere? Il dittatore è tale non solo nella gestione del potere, ma anche nella conquista…
Chi ci garantisce che il potere nel condominio lo prenda (e come?) l’esperto signore del terzo piano e non il pappone del seminterrato?
Chi ci garantisce di svegliarci con Putin (ammesso che sia un buon risveglio) e non con Maduro o Kim Jong-un?
In Europa: chi ci garantisce che non vengano privilegiati gli interessi dei Paesi nordici (come già avviene)? Non serve sognare le dittature/oligarchie, perché… ce le abbiamo già!
Concludo: dobbiamo sì ricercare “giustizia sociale”, “benessere”, “efficienza”, “sicurezza”… ma senza mai accettare baratti con la libertà (che non va confusa con il regno in cui ognuno fa quello che gli pare…), perché ogni baratto di questo tipo è sempre a perdere.
Citando Churhill: “La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che si sono sperimentate finora”.
(Si potrebbe casomai ragionare dei “correttivi” alla democrazia per evitare derive plebiscitarie, ma davvero ci impelaghiamo in discorsi vastissimi.
Un'altra lezione di Pannella, oltre al carattere ormai solo transnazionale della unica democrazia possibile, era la felicità della monarchia costituzionale, cioè il vantaggio di avere una pluralità di fonte di potere, di cui una dinastica, proprio per correggere tendenze giacobine populiste plebiscitarie insite in ogni democrazia occidentale e rafforzatasi nel rapporto con il sistema dei media che hanno occupato è trasformato l'arena pubblica (direi deformato).
Questa non la sapevo e mi incuriosisce molto… Esistono approfondimenti al riguardo?)
Democrazia e Unione Europea – Il principale problema dell’Unione Europea non è quello di essere “incompleta”, ma che
non è democratica. I centri di potere effettivo non sono eletti, ma sono organi rappresentativi – quando va bene - di secondo livello, se non addirittura di terzo livello o espressione della cooptazione in ceti burocratico-giudiziarî autoreferenziali.
Le istituzioni politiche europee sono ostaggio della finanza, che ormai condiziona pesantemente anche molti governi nazionali (Italia
in primis ) e i principali
media.
Non solo: a queste istituzioni non democratiche è stato riconosciuto il potere di emanare norme o pronunciare sentenze che prevalgono sul diritto interno (e quindi sulla volontà democratica) di molti Paesi membri.
Queste stesse istituzioni non democratiche farneticano sull’uso “improprio” della democrazia in Gran Bretagna e diffondono scenarî apocalittici basati su dati artefatti.
A me i telegiornali di questi giorni hanno dato il voltastomaco per lo sfacciato sforzo manipolatorio… ("Ranieri e Pellé saranno cacciati via?"
)
L’Europa unita ha dato – e può dare - molto con l’integrazione dei mercati, la circolazione delle persone, la promozione della concorrenza, il coordinamento delle politiche fiscali. È però andata oltre la sua missione quando ha iniziato a pretendere di imporre le politiche produttive o, addirittura, quelle sociali (la gestione del fenomeno migratorio,
incentivato dall’Unione Europea, è stata la goccia che sta facendo traboccare il vaso, non solo in Gran Bretagna).
Le conseguenze della Brexit – Dissento dagli interventi precedenti. In Gran Bretagna cambierà pochissimo. Non faceva parte dell’euro, aveva già numerose deroghe
ad hoc sulle regole comunitarie. I trattati commerciali e di circolazione delle persone saranno rinnovati in forma diversa. Le banche internazionali non fuggiranno dalla City, Ranieri e Pellé potranno continuare a percepire i loro lauti compensi, i giovani italiani qualificati che lavorano a Londra potranno continuare a farlo. Cambierà qualcosa solo per quelli che erano andati lì allo sbaraglio, in cerca di fortuna, contando innanzitutto sul sussidio di disoccupazione…
(Simone: se ritieni di avere le carte in regola, e che valga davvero la pena lasciare l’Italia, non c’è motivo per cui tu debba abbandonare i tuoi progetti).
Le conseguenze potenzialmente pericolose, piuttosto, sono nell’effetto “contagio”. Il crollo del sistema euro avrebbe conseguenze ben più dolorose.
Ma anche qui: non possiamo dare la colpa al “nemico esterno”, guardare il dito e non la luna.
Le cose che non andavano bene per gli Inglesi – invadenza e miopia di istituzioni non democratiche – vanno ancor meno bene per noi, che non abbiamo nemmeno le loro deroghe.
Non dobbiamo, per la paura delle conseguenze che deriverebbero da una crisi dell’Europa unita, legarci mani e piedi alle
élites che hanno preso in ostaggio le istituzioni europee. Quelle
élites usano e alimentano la nostra paura per ricattarci.
La sopravvivenza dell’Europa è legata, prima ancora che a una sua "maggiore integrazione" (in che forma? A beneficio di chi?), a una sua radicale riforma. Rispettosa della libertà dei popoli.
La Brexit potrebbe diventare addirittura, in questa chiave, un salutare scossone.