sono morti per questoBinario unico? Una balla. In Puglia sono morti per questo
Era un giorno da segnare in agenda per tutti, quel 19 luglio 2013. Lo si è ben visto all’aeroporto di Bari, dove sono apparsi all’improvviso i big della politica pugliese. Davanti a tutti, con bel paio di forbicione in mano per la cerimonia del taglio del nastro l’allora presidente della Regione, Nichi Vendola. Alle sue spalle, un po’ ingrugnito per la scena rubata dall’altro, Michele Emiliano che in qule momento era sindaco di Bari.
E poi primi cittadini di tutti i capoluoghi e i comuni, tra cui Pasquale Cascella, allora sindaco di Barletta ed ex portavoce al Quirinale di Giorgio Napolitano. C’era perfino un monsignore, Alberto D’Urso a rappresentare l’arcidiocesi di Bari-Bitonto con in mano l’aspersorio per la bendizione di rito. E poi una sfilza di manager e dirigenti pubblici e privati.
Davanti a tutti naturalmente il presidente e amministratore delegato di Ferrotramviaria, Enrico Maria Pasquini, perché ad essere inaugurata e benedetta quel giorno era l’ultimo tratto della linea ferroviaria che oggi si direbbe maledetta: quella in cui si sono scontrati e accartocciati due treni, portando via 23 vite e ferendo decine di passeggeri. L’ultimo tratto di quella linea era quello che che la portava all’aeroporto Karol Wojtyla di Bari, la ragione per cui sulle carrozze maledette qualcuno viaggiava l’altro ieri.
Grande evento dunque, e parolone sparse con generosità da Vendola ed Emiliano: grazie a quella ferrovia- dissero- la Puglia era entrata definitivamente in Europa, e altre amenità simili con la roboante retorica del presidente della Regione Puglia. Fu l’occasione anche di un piccolo incontro pubblico, con i saluti ufficiali dei vari relatori che precedettero il taglio del nastro davanti ai gongolanti amministratori della Ferrotramviaria. Il direttore generale della compagnia, Massimo Nitti, strabordò, definendo quel prolungamento con passante nella città di Bari “un qualcosa che colpisce i sensi”. Ma si spinse oltre il rappresentante del ministero dei Trasporti, Alessandro De Paola, direttore dell’Ufficio speciali trasporti impianti fissi (Ustif) della Puglia, che lodò preso dall’entusiasmo “l’alto livello tecnologico della realizzazione innovativa soprattutto per la parte di segnalamento e sicurezza, che la pone fra le infrastruttiure di alto livello tecnologico in Italia”.
Mai complimenti furono concessi così frettolosamente e fuori posto, come tragicamente si è visto in queste ore. Quell’intervento dell’ingegnere però ci dice una cosa: l’Ustif Puglia, e quindi il ministero dei Trasporti, era il controllore di quella linea ferroviaria. E avrebbe dovuto conoscere perfettamente quel che è emerso in queste ore ed è la causa principale del terribile incidente ferroviario: l’assenza proprio di quel sistema di segnalamento e sicurezza di cui è dotata tutta la rete ferroviaria italiana su cui passano treni veloci e meno veloci di Ferrovie dello Stato.
I dispositivi Sctm- sistemi di sicurezza per controllare la marcia dei treni- non c’erano e non erano in funzione sull’intera tratta Bari-Ruvo di Puglia, e ci fossero stati come nel resto di Italia quei due treni non si sarebbero scontrati perché sarebbero stati automaticamente fermati prima di trovarsi uno di fronte all’altro. Quell’assenza avrebbe dovuto essere nota al ministero dei Trasporti che ancora oggi se ne lava le mani, e conosciuta pure da tutte le autorità istituzionali della Puglia. Che invece si spellavano le mani raccontando frottole e facendo pure i complimenti a chi non li meritava proprio.
Tutta la stampa ieri se l’è presa con il binario unico, che c’entra poco o nulla con quel che è accaduto. La maggiore parte della rete ferroviaria italiana corre su binari unici, e così è anche negli altri paesi di Europa. Ma su quei binari ci sono sistemi automatici di sicurezza che fermerebbero i treni in caso di errore umano. Perché non c’è solo l’errore colposo fra le eventualità possibili: un macchinista potrebbe sentirsi male, magari essere colpito da infarto, e così chi da una stazione dovrebbe dare il via libera o meno al passaggio dei treni. I Scmt servono anche a a supplire ad eventualità simili. Poi certo, il doppio binario per cui era in corso una gara avrebe ridotto i rischi, ed è vero che l’apertura delle buste è stata rinviata dal 6 al prossimo 26 di luglio. Ma sarebbe stata solo il primo passo di un lungo lavoro: si sarebbe aggiudicata la gara, e poi il secondo binario ci avrebbe meso mesi e forse anni prima di essere costruito, collaudato ed entrare in funzione. Sarebbe bastato assai meno invece acquistando i sistemi di segnalamento e sicurezza che su quella linea non esistevano.
Lo sapevano tutti che quello era il rischio di Ferrotramviaria. Tanto è che la Regione Puglia nell’aprile 2014 ha finanziato l’acquisto con fondi europei tratti dal Po Fesr 2007-2013. Mica un investimento da restare in mutande: 4,8 milioni di euro per la tratta Bari-Bitonto e altri 8,78 milioni di euro per la tratta Bitonto-Ruvo di Puglia. Per la prima il contratto è stato firmato dopo una procedura negoziata con Alstom Ferroviaria spa nel gennaio 2015. Nell’ultimo bilancio approvato nel maggio scorso Ferrotramviaria scrive che “le attività sono ancora in corso, essendo state interferite da diverse altre attività e dall’intenso esercizio ferroviario”. Parole misteriose, perché che i treni corrano è evidente, ma quali diverse altre attività erano più urgenti di quella della sicurezza della linea, che tale non era? Per la tratta Bitonto-Ruvo sempre Alstom Ferroviaria aveva firmato un contratto nel marzo 2015 “e i lavori sono in corso di esecuzione. Si ritiene che detti sistemi Scmt sia sulla tratta Bari-Bitonto sia quelli sulla Bitonto-Ruvo potranno essere attivati entro settembre 2016”. Troppo tardi, purtroppo per i 23 che non ci sono più.
Franco Bechis