É la real politik e non deve scandalizzare nessuno.
Ai tempi dei nostri avi romani ci sarebbero voluti 10 giorni per risolvere il problema ISIS, inclusi gli 8 giorni di viaggio tra andata e ritorno. Poi l'impero si è trasformato in una molle repubblica dove are baccanali era più importante che occuparsi della realtà e sappiamo com'è finita. La storia si ripete e non per caso, non fa sconti a nessuno facendo sempre il suo corso naturale e fisiologico.
Mi concedo una breve irruzione, perché il paragone con l’epoca romana suscita da tempo, in molti storici e analisti politici, riflessioni importanti.
Innanzitutto, bisognerebbe rilevare che l’epoca della crescita - politica, economica, militare, culturale - romana, durata circa cinque secoli, non è stata quella dell’Impero, ma quella della Repubblica.
Si trattava di una Repubblica ovviamente diversa da quelle odierne (il “peso” politico di patrizi e plebei era diverso, dipendendo dalla proprietà fondiaria, ecc.); ma c’era un fortissimo senso di appartenenza alla “cosa comune” - la
“res publica”, appunto – ed era saldo il coinvolgimento di tutti nella vita militare.
La successiva epoca dell’Impero non fu un momento di espansione, ma di stabilizzazione: i possedimenti troppo vasti riunivano ormai popolazioni assai eterogenee, in cui mancava l’
idem sentire, per cui si dovette ricorrere a meccanismi di governo diversi, più indiretti, e per forza di cose meno responsabilizzanti.
L’Impero conobbe il suo massimo splendore per meno di due secoli, “gestendo” - per così dire - l’inerzia della costruzione sociale edificata nel periodo precedente, e avviandosi poi rapidamente a un declino irreversibile.
Le classi dirigenti (nobiltà senatoria) e i ceti produttivi (ordine equestre, piccoli proprietari terrieri), infatti, non essendo più responsabilizzati nella gestione della cosa pubblica (e, soprattutto, negli obblighi militari), cercavamo solo di gestire affari privati; oppure di occupare posti di prestigio alla corte dell’imperatore o posti di sottogoverno, con conseguenze deleterie nella gestione amministrativa (corruzione, ecc.)
Il relativo benessere e il disimpegno sociale favorirono quella “mollezza” di costumi deprecata dagli scrittori dell’epoca, di cui una delle conseguenze più evidenti fu l’imponente calo demografico; calo che condusse a una crisi produttiva e spinse a richiedere l’ingresso nei territori dell’impero delle tribù barbare, ben presto preponderanti anche tra le fila dell’esercito.
La situazione sociale di oggi sembra la fotografia del tardo impero romano: benessere diffuso, rifiuto di affrontare sacrifici e disinteresse per la cosa pubblica, perdita di identità collettiva, calo demografico, crisi economica strutturale.Ciò su cui dovremmo riflettere è che
nessuna alchimia istituzionale (democrazia parlamentare o presidenziale, stati nazionali o unioni sovranazionali)
può supplire alla perdita di identità, al venir meno della disponibilità di tutti a sacrificarsi per il bene comune, al rifugio nell’evasione, alla paura del futuro che si manifesta nel rifiuto di far figli.
Il declino della civiltà occidentale, avviato da qualche decennio, sarà caratterizzato da conflitti sociali traumatici (le decrescite non sono mai “dolci”) e appare ormai irreversibile.