Stavolta Dario, non sono d'accordo con te in uno solo dei concetti espressi, temo (è solo una supposizione, naturalmente) che questi oramai siano guidati dalla battaglia che avete iniziato con Marco.
Per me se questo settore ha un futuro lo deve solo a quei 4 indipendenti, chi più bravo chi meno, che con passione per l'orologeria,come moderni Don Chisciotte, sfidano le multinazionali del lusso, con le sole idee, la ricerca e 4 soldi in tasca.
Qualsiasi settore senza ricerca, anche quella più spinta, muore...pensa all'auto ad esempio se utilizzassimo lo stesso motore, freni, frizioni ecc... di 50anni fa, identici eh, perchè è cosi negli orologi da te tanto amati, pensa se ci fossero persone come te che dicessero no alla formula 1 che fa ricerca,no ai primi sistemi di centralina elettronica, antipattinamento, abs, ripartitori di frenata ecc...
Senza studio e ricerca, anche quella esasperata,non c'è futuro, l'uomo è nato per cercare di migliorarsi.... poi è naturale che non tutta la ricerca porterà a dei cambiamenti, che sarà utilizzata e che avrà sviluppi ma ne tu, ne nessun altro ha la sfera di vetro per dire cosa funzionerà e cosa no.
Io vorrei solo dirti che sentirti parlare ultimamente mi sembra che tu abbia scambiato l'orologeria MECCANICA per la gioielleria.
Io non la vedo così.
E' uno di quei casi in cui il paragone con le automobili va contestualizzato.
Che cos'è un "investimento"? E' la trasformazione di risparmio in capitale, con l'attitudine a produrre nuovo reddito.
Gli investimenti in ricerca sono fondamentali, in tutti i settori, per garantire un futuro produttivo ai settori stessi (o per creare nuovi settori e nuovi mercati, nei casi di maggiore lungimiranza).
Quindi l'ammontare di risorse da destinare a un investimento deve essere commisurato alla possibile redditività dello stesso.
Quella dell'automobile è la più grande industria manifatturiera al mondo, con un fatturato globale di alcune centinaia di miliardi di dollari e una concorrenza fortissima.
In quel settore l'innovazione è vitale, perché ha ricadute importantissime (anche se non sempre immediate) sulla funzionalità del prodotto e sulla sopravvivenza/espansione della casa produttrice.
Quella dell'orologio meccanico, invece, è un'industria vetusta. "Morta" - il senso di quello che intendeva anche Carlo (Gekko), che mi ha preceduto - non nel senso che sia estinta o in pessima salute, ma nel senso che non costituisce più una frontiera tecnologica, non ha più un ruolo di avanguardia nel costume.
Le frontiere tecnologiche, come abbiamo ricordato parlando ad esempio degli
smartwatches, sono l'elettronica, l'informatica, la cibernetica, le nanotecnologie, i nuovi materiali.
Non la meccanica.
Gli investimenti in innovazione tecnologica in un settore superato hanno necessariamente una ricaduta limitata, quali che siano le somme spese.
Vale per gli orologi meccanici, come per i sestanti (anche qui mi ricollego all'esempio di Gekko) o per le ghette o per le carrozze trainate da cavalli...
Per cui
non ha senso - perdonatemi -
attribuire la crisi del settore orologiero alla mancanza di investimenti in ricerca tecnologica che siano rilevanti per entità e contenuti. Significa confondere le nostre personalissime aspirazioni con la realtà.
Pensare di rilanciare un settore vetusto - come quelli che ho menzionato a mo' di esempio - con la ricerca e sviluppo è una prospettiva illogica, che richiederebbe, in mancanza di un mercato sufficientemente ricettivo, amministratori delegati in preda alle allucinazioni, consigli di amministrazione imbelli, azionisti con soldi da buttare, banche disposte a finanziare a fondo perduto...
Le cause della crisi del settore dell'orologeria meccanica sono altre, e le abbiamo ricordate: scarsa assistenza, insufficiente rapporto qualità/prezzo, livello eccessivamente elevato dei listini (che garantisce l'effetto
status symbol, ma riduce troppo la platea allargata di coloro che possono avvicinarsi al settore), perdita della cura artigianale nella fascia di eccellenza.
Attenzione: non intendo dire che l'innovazione in questo settore sia del tutto inutile, e che anzi le grandi
maisons non debbano impegnarsi maggiormente al riguardo. Intendo evidenziare che non è questo il nodo critico.
L'innovazione che serve, nell'orologeria meccanica, è quella utile a incidere su una delle criticità sopra ricordate, il rapporto qualità/prezzo. Innovazione diretta quindi a
migliorare il prodotto (sul versante della precisione, della resistenza dei materiali, della lubrificazione, della durata della carica, ecc.), non a rivoluzionarlo.
Le osservazioni più interessanti al riguardo le ha fatte Stefano.
In tal modo sarebbe possibile fidelizzare l'attuale clientela, garantendone il ricambio; e magari - se possibile - allargarne un po' i confini.
Aggiungo che può avere un senso persino l'innovazione "rivoluzionaria", quella che introduce meccanismi e affissioni del tutto anticonvenzionali.
Sapendo però che la platea dei possibili destinatari di queste innovazioni è una nicchia ristrettissima di appassionati molto particolari, che del prodotto orologio privilegiano esclusivamente un aspetto (mentre altri appassionati, con una prospettiva che non ritengo meno apprezzabile, cercano maggiormente l'equilibrio tra le varie componenti del prodotto).
Per cui la portata degli investimenti in ricerca di questo tipo dovrà essere commisurata a questi ristrettissimi sbocchi di vendita, sapendo che non potrà avere nessuna applicazione commerciale diffusa. Non serve nessuna "sfera di cristallo", perché questa si usa per predire il futuro; mentre qui stiamo esaminando - ripeto - un settore del passato (un passato che, beninteso, mi auguro possa sopravvivere in discreta salute ancora a lungo).
Un'ultima considerazione: anche laddove ci troviamo di fronte a innovazioni applicate a settori che hanno futuro, lo sforzo che ogni giorno tutti esercitiamo - addetti ai lavori e consumatori - è proprio quello di distinguere quelle valide da quelle velleitarie.
Quelle valide sono circa lo 0,1% del totale (non è una percentuale da "conservatori", ma una semplice constatazione).
Per cui, anche se non abbiamo la "sfera di cristallo", un minimo di accortezza per non buttare il nostro tempo e i nostri soldi (o quelli degli altri, se siamo chiamati a gestirli) è normale consuetudine.