Secondo me Patrizio da quella paginetta si può estrarre poco per quanto riguarda gli orologi (ma non solo quelli), molto più interessanti i report di Deloitte che abbiamo commentato in passato, a fuoco sull’argomento e ben frazionati. (Mi permetto anche un piccolo OT sulla qualità delle analisi del Sole che ultimamante in molti settori sta arrivando a dei livelli davvero imbarazzanti).
Che ci siano in giro troppi orologi però è evidente. A parole una riduzione della produzione potrebbe aiutare ma su questo mi permetto un paragone con un settore, la siderurgia, che conosco da vicino e che consente diversi paralleli (come fornisce anche esempi in senso opposto). Per anni credendo in una capacità infinita di assorbimento da parte del mercato si è investito molto in innovazione di processo e poco in quella di prodotto. Il risultato è stato un output che è aumentato a dismisura, con ogni impianto nuovo che produceva un ordine di grandezza sopra quelli precedenti. Soprattutto nel far east, che era in ritardo tecnologico, le nuove installazioni hanno immesso sul mercato molto più di quanto necessario. La crisi globale ha fatto il resto. Ci si ritrova così con impianti al 30% della capacità produttiva e costi miliardari da ammortizzare. La politica, essendo la siderurgia un settore strategico, ha provato a mettere qualche pezza e fare qualche trucchetto (dumping) ma con soluzioni di breve respiro. Si è arrivati ad utilizzare il prodotto finito come materiale da fondere. E arriviamo alla riduzione della produzione, ovvia conseguenza, che però non ha funzionato come previsto. E’ vero, sono morti molti impianti minori, ma quelli nuovi sono ancora a livelli di produzione ridottissimi. Questo perchè buona parte del prodotto è oggi considerato commodity: nel nostro campo è paragonabile all’indistinto piattume delle mille referenze che alla fine forniscono un servizio, l’ora, facilmente sostituibile. Inoltre la situazione del mercato ha portato più di una volta ad un timido rialzo dei prezzi per situazioni contingenti: questo ha provocato fiammate sui prezzi che hanno convinto chi aveva gli impianti al 20% di riportarli di nuovo al 70%, inondando il mercato nuovamente ed abbattendo ancora i prezzi. Questo per dire che non basta girare indietro la manopola della produzione, fino a che la capacità installata di tutte le case di orologeria resterà superiore in maniera netta alla domanda, allora non cambierà nulla. Fino a che non vedremo molto sangue scorrere, e tante case chiudere definitivamente baracca, la situazione sarà quella di oggi o dei periodi a venire.
Sicuramente vedremo una riconversione verso le referenze più richieste, ma anche quello non può essere che un palliativo: nel momento in cui la favola del Nautilus che arriva in 2 anni al doppio del listino comincerà a scemare, l’effetto crollo sarà amplificato da chi si disfa dell’usato per non restare col cerino in mano.
Sempre per stare nell’ambito della siderurgia, chi invece sta facendo i soldi è chi in passato ha investito innovando il prodotto: acciai speciali, nanotecnologie ecc., ed i relativi brevetti, oggi consentono di produrre numeri ragionevoli con buoni margini. Sono cose che a differenza degli orologi servono, non che ci sono per soddisfare il gusto personale. E qui le cose a mio modo di vedere prendono due strade separate.
Gli orologi che “servono”, domani, saranno gli smartwatch di cui abbiamo abbondantemente discusso. Hanno, e avranno sempre più, un set di funzioni legate alla quotidianità che li renderanno semplicemente comodi, magari in altre forme. E credo che questi sostituiranno la fascia bassa e media del mercato.
Sugli orologi “inutili”, quelli di lusso, credo che si tornerà a richiedere qualcosa di più che il semplice nome sul quadrante. Sono convinto che soluzioni innovative dovremo pur vederle, oppure qualità nella realizzazione di quelle più consolidate, oppure produzioni artigianali d’eccellenza, per convincere l’acquirente che sta portando a casa qualcosa di lusso si, ma con del valore all’interno.