Abbiamo visto che la questione dei possibili interventi di prevenzione e messa in sicurezza degli immobili è complicata, sotto molteplici punti di vista.
Per cui sarebbe semplicistico sostenere che gli ostacoli agli interventi siano solo pigrizie immotivate.
Ma sarebbe altrettanto semplicistico sostenere che qualsiasi intervento sarebbe inutile...
Esistono tipologie di intervento diverse, più o meno invasive, più o meno costose, e quindi più o meno efficaci, la cui
praticabilità tecnica dipende sia dalla natura dell'immobile sia dal contesto in cui è edificato (palazzina isolata o appoggiata ad altre confinanti, natura del terreno, ecc.).
Esiste poi il profilo dell'
opportunità economica, legata a una serie di variabili tra cui il rapporto tra costo degli interventi, valore dell'immobile, rischiosità.
Per cui in molti casi potrebbe essere opportuno scegliere interventi meno costosi, che accrescono la sicurezza in percentuale minore di quanto farebbero interventi più costosi e profondi, ma che potrebbero essere in ogni caso da preferire all'inerzia assoluta e all'accettazione passiva del rischio massimo.
Dunque: come agire in presenza di tutte queste variabili?
L'unica risposta sensata mi sembra quella di imporre gli interventi in edifici pubblici o aperti al pubblico (alberghi, ecc.),
affidandosi invece
all'incentivo economico ai proprietari per gli interventi su immobili privati.
Infatti, solo il proprietario può legittimamente valutare l'opportunità economica di una spesa, soprattutto se è chiamato a contribuire personalmente, sia pure per frazione minoritaria.
Inoltre il privato è quello che meglio può assumere decisioni in merito ai pareri tecnici ricevuti.
Facile obiezione: che cosa ne sa una persona anziana di ingegneria strutturale? Le stesse cose che sa quando deve scegliere il tipo di lavori da effettuare in un'ordinaria ristrutturazione del proprio appartamento...
Così come non serve una laurea in ingegneria meccanica per scegliere un'automobile, non serve una laurea in legge per decidere col proprio avvocato che tipo di comportamento tenere in giudizio, non serve una laurea in medicina quando bisogna scegliere se sottoporsi o meno a un intervento.
Si sceglie una persona di fiducia, ci si consiglia con parenti o conoscenti.
In ogni caso,
la decisione del diretto interessato è sempre più oculata di quella assunta in nome dello Stato (sotto la supervisione di funzionari che, per non assumersi responsabilità, firmano solo la soluzione che li preserva da responsabilità formali, probabilmente la più costosa - soprattutto se c'è da dare il via a un bel circo di guadagni -, spesso la meno efficace).
Un'imposizione generalizzata di interventi a carico dello Stato sarebbe insostenibile, anche perché tarata sugli interventi più costosi (nessun tecnico, né il funzionario che lo autorizza, si assumerebbe - ribadisco - la responsabilità di approvare interventi che semplicemente riducono i rischi, ma sono economicamente più vantaggiosi).
Significherebbe ricostruire mezza Italia... Un approccio irrazionale, come tutti quelli centralistici.
costa molto ma molto di più intervenire ex post che ex ante.
Questo è un errore di prospettiva. Infatti, i costi per la ricostruzione vengono affrontati solo per i centri dove effettivamente si verificano terremoti gravi.
Ogni decennio sono purtroppo molti; ma sono una piccola parte di quelli potenzialmente interessati a interventi di prevenzione.
Non ha molto senso che lo Stato si faccia carico
oggi, con tutti gli sprechi che ho cercato di evidenziare, dei costi per prevenire i possibili terremoti che si verificheranno in tutte le zone sismiche italiane da qui a duecento anni...
Ha senso invece che lo Stato razionalizzi la spesa da affrontare, responsabilizzando i cittadini, col meccanismo dell'incentivo, nella selezione degli interventi più adeguati e opportuni.
Qualcuno può obiettare: ma gli incentivi ci sono già e non sembrano aver avuto grande efficacia.
Rispondo: sono un provvedimento recente, e quando sono stati utilizzati correttamente mi sembra che un'utilità l'abbiano avuta.
In altri casi abbiamo assistito alla miopia della politica (incentivi rifiutati dalla Regione Lazio a proprietari di seconda casa, la maggior parte ad Amatrice).
Altro ancora si potrebbe fare.
Dal punto di vista economico, si dovrebbe pensare ai finanziamenti (e non solo detrazioni) per i soggetti a basso reddito.
Dal punto di vista legale, esistono due forme di "sollecitazione" che potrebbero essere prese in considerazione, anche se dovrebbero essere attentamente studiate nelle modalità di attuazione.
Il "fascicolo del fabbricato", che darebbe ai proprietari maggiore consapevolezza della rischiosità del proprio immobile e inciderebbe sul valore dello stesso in caso di compravendita (una "inutile vessazione burocratica"? Beh, abbiamo già la certificazione energetica...)
Il secondo intervento potrebbe servire a consentire interventi anche nei casi di immobili confinanti, per vincere l'inerzia di alcuni che rende inutile l'intervento di altri: prevedere una sorta di "supercondominio" degli immobili tecnicamente soggetti a interventi comuni (la minoranza deve adeguarsi all'eventuale decisione della maggioranza, ma contribuisce al confronto sulla decisione e a definire la tipologia di intervento).