questa è l'Italia se ce lo siamo dimenticati, o non ne parliamo abbastanza. E' il paese in cui conta solo il particulare, la propria famiglia e nulla lo stato o l'interesse della collettività ( si chiama familismo amorale, molto diffuso in certe regioni di Italia, ma un po' ovunque).
Un’annotazione sociologica: il “familismo amorale" – in quanto categoria sociologica - non esiste, anche se è un concetto ripetuto stancamente da decenni, da un certo
milieu intellettuale, come se fosse acquisito definitivamente. In realtà è una leggenda metropolitana, come i coccodrilli nelle fogne di New York.
Ho già nelle orecchie l’obiezione: “Ma perché, non è vero che in molte zone dell’Italia, soprattutto del Sud, è diffusa la mentalità per cui si può andare contro le leggi dello Stato, ma è bene tutelare la propria famiglia?”
Questa osservazione, al di là della sua accuratezza, non fonda però una categoria sociologica (per chi sa che cosa significa). Non dimostra cioè che i legami familiari aumentino la propensione al crimine, né che esista una necessaria contrapposizione tra morale familiare e morale pubblica.
Bisognerebbe dimostrare, con un’osservazione scientifica, che il fenomeno si ripeta in tutti i contesti sociali e con tutti i modelli familiari; che chi non ha vincoli familiari sia meno propenso al crimine; che la struttura dello Stato non abbia incidenza sul fenomeno (bisognerebbe cioè escludere che il rapporto di causa-effetto possa essere esattamente opposto: in uno Stato oppressivo o rapace o incapace di garantire sicurezza, si sviluppano più facilmente reti alternative di solidarietà); che la solidarietà familiare e dei corpi intermedi non possa tradursi, in contesti diversi, in un fattore aggregante favorevole alla morale pubblica; ecc.
Nulla di tutto questo emerge dalla (immeritatamente) celebrata opera del 1958 -
The Moral Basis of a Backward Society - da cui deriva l’espressione, scritta dal politologo e sociologo americano Edward C. Banfield dopo aver osservato un unico paesino dell'Italia meridionale (!), e senza aver svolto qualsivoglia analisi storica.
La prospettiva di Banfield era viziata da un forte pregiudizio moralistico (non a caso parla di “amoralità”...), derivante dall’applicazione forzata – con anche una coloritura razzista - del suo personale metro di giudizio morale, espressione del suo contesto culturale.
Sullo scarso rigore scientifico di quel lavoro si è soffermata, tra gli altri, Loredana Sciolla, nello studio
Italiani, stereotipi di casa nostra (ed. Il Mulino).