Orologico Forum 3.0

«La crise horlogère n’est pas une crise économique»


Beppe

Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #1 il: Settembre 29, 2016, 14:33:00 pm »
https://www.letemps.ch/economie/2016/09/28/crise-horlogere-nest-une-crise-economique

Ho letto l'intervista a M.Bennahmias, il patron di AP.     
Poche parole, franche e convincenti, coerenti con i risultati della Marca che dirige.
Complimenti.
Beppe.

Istaro

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Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #2 il: Settembre 29, 2016, 15:38:37 pm »
L’articolo postato in apertura mi ha dato lo spunto di rovistare un po’ nel sito della FHS (Federazione dell’industria orologiera svizzera), ricco di statistiche interessanti (aggiornate mese per mese!) sulle esportazioni di orologi svizzeri, sia per quantitativo sia per valore: suddivisione per i principali mercati, per fascia di prezzo, per materiale (metallo prezioso o meno), per tipologia di movimento (“elettronici” o meccanici).
http://www.fhs.swiss/fre/statistics.html (c’è anche la versione in inglese).

Il sito rammenta che i dati sugli orologi “esportati” (che sono ovviamente il grosso della produzione svizzera) non corrispondono a quelli effettivamente venduti. Bisogna tenerne conto, perché se di norma lo scostamento non sarebbe significativo, sappiamo che negli ultimi due anni non è così, viste le ingenti partite di invenduto che le case stanno riacquistando, soprattutto dal mercato orientale.

Mancano le cifre per singola maison, per i quali resta insostituibile, allo stato, il contributo di Antonio (Croix_de_Malte_®), relativo però al 2014 (non gliene sono arrivati di più recenti?  :P ): http://www.orologico.info/index.php?topic=20351.0

Un fatto mi è balzato agli occhi: il mercato italiano è il quarto al mondo per valore delle esportazioni. Dopo Honk Kong , Stati Uniti e – di un’incollatura – Cina; e davanti a “colossi” come Giappone, Germania, Singapore, Francia, Regno Unito ed… Emirati Arabi (!). La Russia non è tra i primi dieci: ricordiamo l’importante svalutazione del rublo, ma anche il fatto che molti cinesi e russi acquistano all’estero, per evitare i forti dazi sull’importazione.

Il dato dell’Italia mi sembra in ogni caso molto interessante (e accresce la mia irritazione quando vado nel sito internet di una maison  e non trovo la versione in lingua italiana!  >:( ).
"Non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)

Istaro

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Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #3 il: Settembre 29, 2016, 18:16:06 pm »
https://www.letemps.ch/economie/2016/09/28/crise-horlogere-nest-une-crise-economique

Nel merito dell'intervista a Bennahmias, bisogna annotare che il timoniere di una delle poche aziende che crescono, in questo frangente di crisi, segue ricette di tenore diverso da quelle più volte invocate - mi sembra - in questo forum.

Non ritiene che ci sia una carenza di idee e innovazione (anche se ha in pancia Renaud & Papi), ma che bisogna principalmente "ricreare desiderio, sedurre i clienti, realizzare lusso emozionale".

Non è per niente preoccupato del peso preponderante che ha per il marchio il Royal Oak.

Non ritiene che i prezzi esagerati siano un freno, anzi sottolinea che la maison  supporta i concessionari "che fanno sforzi per vendere i pezzi più cari".

Non ritiene che si stia contraendo il mercato potenziale per l'orologeria di lusso, il quale anzi "si accresce senza sosta". Se "l'alto di gamma dell'orologeria svizzera ha prodotto nel 2015 tra i 500.000 e i 600.000 orologi", noi "abbiamo 40 milioni di potenziali clienti".

Sottolinea semmai l'importanza di crescere con prudenza e diversificando i mercati.

Ma il nodo della questione, secondo lui, è la politica distributiva.
Nei punti vendita deve essere più selettiva: meno operatori (per accrescere l'immagine di esclusività), più qualificati.
Inoltre, si interroga su nuovi canali per raggiungere i potenziali utenti "davvero ricchi che non frequentano più le boutiques".

Insomma: i valori di contenuto del prodotto, e di un più equilibrato rapporto qualità/prezzo, non sono nemmeno menzionati.


Secondo me il suo discorso è valido a breve/medio termine, perché i clienti "davvero ricchi" si orienteranno sul bene orologio, come oggetto di "lusso emozionale", solo finché questo oggetto sia socialmente riconoscibile. Cioè fino a che rimarrà in piedi un mercato più vasto, di fascia media e anche medio-bassa, che utilizza l'orologio, ha concrete possibilità di accesso ad orologi di buona fattura, e guarda come ad un oggetto del desiderio gli orologi di lusso.

Però non so se il CEO di una grande azienda debba farsi carico di sostenere settori di mercato in cui non opera e non fa profitti...
(Casomai potremmo dire che dovrebbe cercare di ampliare il suo specifico bacino di utenza, quello dei potenziali clienti "davvero ricchi", puntando non solo su quanti guardano al fattore emozionale, ma anche su coloro che guardano a qualità e innovazione. Ma è difficile quantificare il numero di coloro che, oggi come oggi, ritengono questi elementi determinanti per spendere decine di migliaia di euro/dollari...)
« Ultima modifica: Settembre 30, 2016, 19:28:48 pm da Istaro »
"Non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)

tick

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Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #4 il: Settembre 29, 2016, 18:38:08 pm »
Non è per niente preoccupato del peso preponderante che ha per il marchio il Royal Oak.

Io non sono francofono e ho capito poco e male del testo, ma questo l'ho letto anche io. Il fatto che il signore in questione lo dica però non ne fa una verità assoluta. Mi sembra anzi una cosa evidentemente preoccupante avere una tale percentuale della tua attività legata ad una sola linea.
Mi sembra più una di quelle cose evidenti che non puoi negare e provi a passare come normale. Poi però dice anche che i punti vendita più interessanti sono quelli che vendono anche gli "ossi", segno evidente che spererebbero bene di vendere anche altro.
Rolex potrebbe scampare con il Sub, il Daytona e qualche GMT. Tuttavia invece di produrre quelli a rotta di collo "perde tempo" anche con il resto della gamma ed anche Rolex da sempre ha politiche che favoriscono i concessionari che diversificano. Se ho risorse per produrre 10 orologi, che senso avrebbe farne 6 che brucio in un pomeriggio e 4 che nessuno considera se non al 40% di sconto? Che senso ha produrre e spedire i "complicati" YM e Sky Dweller che evidentemente nessuno vuole?
La realtà è che oltre alle parole nessuno vuole essere trainato da un solo cavallo e che ogni sera si accende un bel cero perchè la salute del cavallo sia preservata.
The quieter you become, the more you can hear

Istaro

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Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #5 il: Settembre 29, 2016, 18:55:11 pm »
Non è per niente preoccupato del peso preponderante che ha per il marchio il Royal Oak.

Io non sono francofono e ho capito poco e male del testo, ma questo l'ho letto anche io. Il fatto che il signore in questione lo dica però non ne fa una verità assoluta. Mi sembra anzi una cosa evidentemente preoccupante avere una tale percentuale della tua attività legata ad una sola linea.
Mi sembra più una di quelle cose evidenti che non puoi negare e provi a passare come normale. Poi però dice anche che i punti vendita più interessanti sono quelli che vendono anche gli "ossi", segno evidente che spererebbero bene di vendere anche altro.
Rolex potrebbe scampare con il Sub, il Daytona e qualche GMT. Tuttavia invece di produrre quelli a rotta di collo "perde tempo" anche con il resto della gamma ed anche Rolex da sempre ha politiche che favoriscono i concessionari che diversificano. Se ho risorse per produrre 10 orologi, che senso avrebbe farne 6 che brucio in un pomeriggio e 4 che nessuno considera se non al 40% di sconto? Che senso ha produrre e spedire i "complicati" YM e Sky Dweller che evidentemente nessuno vuole?
La realtà è che oltre alle parole nessuno vuole essere trainato da un solo cavallo e che ogni sera si accende un bel cero perchè la salute del cavallo sia preservata.

Beh, oltre ad "accendere un cero" ha sottolineato anche lo sforzo di ringiovanimento, perché "il peggior rischio, per un design, è invecchiare con la sua clientela".

Ha anche fatto capire che hanno qualche progetto per le altre linee di prodotto.

Ad ogni modo, non sto dicendo che abbia ragione lui.

Però mi sembra interessante annotare come una maison possa andar bene, e meglio di molti altri nel suo settore, facendo l'esatto contrario - o quasi - di quello che tutti (me compreso) suggeriamo nel forum.

Possiamo pensare che nel lungo periodo si tratti di una politica miope. Ma "nel lungo periodo - diceva Keynes - saremo tutti morti..."

Insomma, non è mai facile insegnare il mestiere a chi lo fa di professione. Si può sempre far meglio (tanti CEO fanno danni), ma non è mai facile individuare con precisione dove e perché...
"Non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)

Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #6 il: Settembre 30, 2016, 09:05:10 am »
una curiosità: ma è davvero lui quello in foto con i guantoni.....???? :o :o :o

io lo ricordavo così: (foto recente...)



Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #7 il: Settembre 30, 2016, 10:19:41 am »
E' la stessa persona, ma sulla foto coi guantoni sembra invecchiato di 20 anni... forse più che i guantoni era meglio indossare la panciera! ;D
Il ringiovanimento avrà forse giovato ad AP, ma a lui ha fatto l'effetto contrario...
Non c'è nulla di nobile nell'essere superiore a qualcun'altro.
La vera nobiltà è essere superiore a chi eravamo ieri.
-Samuel Johnson-

tizioecaio

Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #8 il: Settembre 30, 2016, 18:10:47 pm »
Soliti bla bla di gente lontana dalla realta' un anno luce....e mezzo... :o :o

gidi_34

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Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #9 il: Settembre 30, 2016, 19:19:28 pm »
voi non appassionati di fotografia non avete notato nulla?

Io subito ho notato che li c'è tanto di quel photoshop che il volto ha altri connotati...guardate la foto con i guantoni (non modificata)...guardate in mezzo alla fronte che cosa ha...poi guardate la foto per le riviste patinate...quell'escrescenza in mezzo alla fronte è scomparsa...come tutto il volto è stato tirato e levigato.

:D


Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #10 il: Settembre 30, 2016, 21:11:48 pm »
Al di là di qualche ritocco che ci può stare sulle foto da copertina, le immagini appartengono a due periodi diversi. Ho fatto una carrellata ed ho visto Francois-Henry in tutte le salse, a volte magro e giovane, a volte più grasso e vecchio.
Ad oggi comunque è così:
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Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #11 il: Ottobre 04, 2016, 19:12:48 pm »
Sembra Prodi.... :o

Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #12 il: Ottobre 04, 2016, 23:50:19 pm »
Sembra Prodi.... :o


Allora Audemars è in buone mani... :D :D :D
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-Samuel Johnson-

ciaca

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Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #13 il: Ottobre 05, 2016, 14:13:16 pm »
A me pare assomigli ad Hollande, il che è anche un peggior presagio.
Comunque puntare su un solo modello (declinato ormai in una variegata gamma di varianti) non è stata una scelta e nemmeno una scelta sbagliata.

É il mercato che ha deciso questo, premiando il Royal Oak e ignorando le alte proposte "classiche".
Case come Rolex si sono costruite la loro fortuna allo stesso modo (l'oyster è di fatto sempre lo stesso orologio declinato in vari modelli al pari del Royal Oak), ed è stata la salvezza di AP che praticamente ormai da 30 anni vive e prolifera grazie al Royal Oak, che l'ha prima salvata dal fallimento negli anni 70 e 80 e poi portata al grande successo commerciale nel seguito.

La storia dimostra che avere una gamma di prodotti accomunati da un unico "family feeling" del modello iconico, in orologeria, é  una scelta premiante e chi non è riuscito a farlo è sempre andato male.
« Ultima modifica: Ottobre 05, 2016, 14:14:50 pm da ciaca »
"A megghiu parola è chidda ca un si dici"

mbelt

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Re:«La crise horlogère n’est pas une crise économique»
« Risposta #14 il: Ottobre 05, 2016, 15:33:13 pm »
Non è per niente preoccupato del peso preponderante che ha per il marchio il Royal Oak.

Io non sono francofono e ho capito poco e male del testo, ma questo l'ho letto anche io. Il fatto che il signore in questione lo dica però non ne fa una verità assoluta. Mi sembra anzi una cosa evidentemente preoccupante avere una tale percentuale della tua attività legata ad una sola linea.
Mi sembra più una di quelle cose evidenti che non puoi negare e provi a passare come normale. Poi però dice anche che i punti vendita più interessanti sono quelli che vendono anche gli "ossi", segno evidente che spererebbero bene di vendere anche altro.
Rolex potrebbe scampare con il Sub, il Daytona e qualche GMT. Tuttavia invece di produrre quelli a rotta di collo "perde tempo" anche con il resto della gamma ed anche Rolex da sempre ha politiche che favoriscono i concessionari che diversificano. Se ho risorse per produrre 10 orologi, che senso avrebbe farne 6 che brucio in un pomeriggio e 4 che nessuno considera se non al 40% di sconto? Che senso ha produrre e spedire i "complicati" YM e Sky Dweller che evidentemente nessuno vuole?
La realtà è che oltre alle parole nessuno vuole essere trainato da un solo cavallo e che ogni sera si accende un bel cero perchè la salute del cavallo sia preservata.

Beh, oltre ad "accendere un cero" ha sottolineato anche lo sforzo di ringiovanimento, perché "il peggior rischio, per un design, è invecchiare con la sua clientela".

Ha anche fatto capire che hanno qualche progetto per le altre linee di prodotto.

Ad ogni modo, non sto dicendo che abbia ragione lui.

Però mi sembra interessante annotare come una maison possa andar bene, e meglio di molti altri nel suo settore, facendo l'esatto contrario - o quasi - di quello che tutti (me compreso) suggeriamo nel forum.

Possiamo pensare che nel lungo periodo si tratti di una politica miope. Ma "nel lungo periodo - diceva Keynes - saremo tutti morti..."

Insomma, non è mai facile insegnare il mestiere a chi lo fa di professione. Si può sempre far meglio (tanti CEO fanno danni), ma non è mai facile individuare con precisione dove e perché...
Ma è qui il problema, la conoscenza....AP non va bene, nel modo più assoluto. Se ora sta andando leggermente meglio è perché ha ridotto ad un terzo prima di altri le referenze (ripeto "ad un terzo") e ha ridotto moltissimo la produzione. Ha fatto cioè proprio quello che alcuni di noi dicono da anni. L'ha fatto prima di altri perché l'azienda è stata prima delle altre sull'orlo del fallimento, e anche gli assetti proprietari sono mutati oltre ai vertici. Quindi credo che leggendo l'intervista del CEO AP conoscendo questa realtà il quadro che emerge è tutto diverso da quello che descrivi.
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