Mah...
Questo Grégory Pons dice espressamente, sin dall'inizio, di avere il dente avvelenato con Richemont, perché il gruppo avrebbe cercato di "segarlo" dai SIHH in quanto non sarebbe un giornalista allineato.
Tutto l'articolo è un'intemerata sarcastica e apocalittica, nella quale l'autore sottolinea che "va dicendo da anni" (anche lui?
) che erano visibili i segni della crisi.
Per ripulire le "stalle di Augia" in cui si sarebbe trasformato il gruppo Richemont, Pons dipensa a Rupert dieci "consigli":
1) togliersi le "lenti rosa", per avere una percezione corretta della realtà (ma va?
);
2) prendere atto che le ricette che hanno fatto crescere il gruppo ieri non sono più adatte oggi (ohibò!);
3) fare pulizia "senza pietà" - e senza rispetto per nessuna "vacca sacra" - del portafoglio marchi (ma sì... da quali marchi cominciamo?
);
4) fare un
repulisti nel
top management (ovvio!
);
5) mettere in opera una grande ristrutturazione aziendale che
riduca a un terzo (!) i dipendenti (però Pons si raccomanda di fare tutto ciò con responsabilità sociale...
);
6) tagliare tutti i "rami secchi", in particolare: macchinari (perché "il futuro dell'orologeria è nel ritorno dell'umano, non nei robots"), concessionari, stock di invenduto... (nient'altro?
);
7) assumere "veri progettisti", cacciando via tutti quelli che hanno lasciato che originalità e inventiva fossero soffocate dalla "cultura Richemont". Qui Pons si contraddice, perché sostiene anche che è stata fatta "naufragare la cultura orologiera sedimentata nei secoli ed è stata come estinta la luce creativa che aveva illuminato la luce dei vostri marchi"... Insomma: Richemont viene accusata contemporaneamente di una cosa - la mancanza di originalità - e del suo contrario - il tradimento della tradizione;
8 ) procedere a una revisione lampo di identità e posizionamento di tutti i marchi. Per far questo non servirebbero "centinaia di specialisti", ma basterebbero "poche settimane" a un "audace commando composto da un pugno di intenditori"... (un'autocandidatura?);
9) fare spazio a orologiai "indipendenti" all'interno del gruppo, anche a costo di abbandonare i marchi storici che non possono essere rilanciati (Pons quali abbandonerebbe?), per consentire al gruppo di "ricominciare, un domani, una nuova corsa ai profitti". Però, attenzione... "questi giovani creativi non devono essere castrati, hanno bisogno delle vostre risorse, non della vostra Gestapo gestionale" (insomma: i profitti dovrebbero essere rilanciati investendo in perdita sui giovani creativi...
). Quali indipendenti coinvolgere? I nomi, il buon Pons, li farà a Rupert solo a quattr'occhi...
10) circondarsi da un consiglio di "saggi indipendenti non retribuiti" (insomma, Pons ci tiene a precisare che la sua candidatura non è dettata da interessi economici... In prima battuta, è disposto a ridisegnare i destini di Richemont e dell'orologeria mondiale a titolo gratuito).
Insomma: articolo fumoso e borioso (io ne ho tracciato una sintesi asciutta, sia pure intervallata dai miei commenti; ma i toni utilizzati nel testo originale sono davvero enfatici e fastidiosi), scritto da una persona completamente a digiuno delle dinamiche d'impresa.
Le critiche fondate (abbastanza risapute...) si mischiano a quelle arbitrarie e ai luoghi comuni.
Manca ogni proposta concreta e realizzabile, se non la proiezione dei propri desideri e della propria personalissima visione dell'orologeria.
Mi ricorda il tipico megalomane da forum, figura da cui ognuno di noi rischia, nel proprio piccolo, di essere contagiato...
Il tutto con lo sgradevole sentore di una smania autopromozionale.