Scusate, ma siamo partiti per la tangente…
Non stavamo parlando di “scheletrati” o “ultrapiatti” (orologi spessi meno di 6 mm…): non buttiamo sempre tutto in vacca…
Inizialmente, avevo accennato il mio rammarico per il fatto che, introducendo nuove complicazioni, Voutilainen voglia aumentare uno spessore che per alcuni suoi orologi è già elevato (al di là del mi piace/non mi piace): 11 mm per un solo tempo sono –
in chiave tecnica - un’enormità! Cinque mm in più di un ultrapiatto, ma anche due/tre in più di comuni e robustissimi “trattori” (come amava dire un vecchio forumista
).
Al giorno d’oggi “piace grande e grosso”, perché “si vede meglio”?
Concordo sul fatto che la maggior parte dei potenziali acquirenti di questi orologi di fascia extra-lusso questa filosofia.
Io la contesto vivamente. Sul piano estetico: l’eleganza e la vestibilità di un orologio di dimensioni contenute (sia pure rapportate al tipo di movimento: è ovvio che per un crono rattrapante non mmi aspetto di restare sotto i 10 mm) sono ineguagliabili. E sul piano tecnico: il pregio e la difficoltà di realizzazione di movimenti più sottili penso trovino concordi anche quanti non lo considerano un fattore determinante.
Ma
non era questo. l’oggetto della diatriba.
Il dissenso è nato quando Claudio ha fornito come spiegazione quanto riferito da Voutilainen stesso, cioè che questi spessori elevati (ripeto: non parliamo della rinuncia a cimentarsi negli ultrapiatti!) sono voluti per questioni di... robustezza.
Qui ho osservato – e ribadisco – che si tratta di una
“calla” (a Roma
“darla calla” significa darla “calda”, cioè fornire come spiegazione una bugia rassicurante).
Ho postato poco tempo fa le immagini del nuovo Blancpain Bathyscaphe: misura 38x
10,77 mm ed è impermeabile fino a 30 bar!!! Hai voglia a resistenza...
Se restiamo quindi ai
dati di fatto, e non alle opinioni estetiche:
1) gli spessori utilizzati da alcuni indipendenti non sono necessari a garantire alcuna "robustezza" (per di più in orologi che costano quanto un miniappartamento e che il proprietario maneggia con ogni cura per paura che si graffino, altro che sollecitazione delle parti interne).
2) l’elaborazione di calibri relativamente sottili (senza arrivare agli ultrapiatti) richiede grande impegno e investimenti anche per orologiai di genio, che però non hanno alle spalle una struttura in grado di mobilitare le risorse necessarie.
Come li mettiamo insieme questi dati di fatto?
Io mi limito a unirli con quello che avete osservato anche voi, cioè che la richiesta di mercato non è sensibile alla questione degli spessori contenuti.
Per cui il bravo orologiaio-imprenditore sceglie di impegnare le sue risorse non illimitate per curare quegli aspetti – complicazioni ardite, originalità delle soluzioni, decorazioni raffinatissime – che il mercato apprezza di più.
Non c’è in questa analisi nessuna svalutazione delle capacità di questi grandi artigiani.
Il loro lavoro resta straordinario.
Anche se… le grosse dimensioni a questo lavoro tolgono qualcosa: sia esteticamente (per me) sia tecnicamente (e questo resta un dato oggettivo, nessuno si stracci le vesti).