I resellers vendono a prezzi di mercato tutta la merce che trattano, sia quella più richiesta e commerciale (Rolex, PP, ecc.) sia quella più di nicchia.
La differenza tra le due categorie è che nel primo caso (orologi "commerciali") l'elevato volume delle richieste - e degli scambi - ha due effetti: non solo quello di accrescere il prezzo, ma anche quello di renderlo più stabile.
E, paradossalmente, di diminuire il margine per il negoziante: perché è più difficile trovarne a prezzo conveniente da rivendere (il privato sa di poterli vendere anche da solo).
Con gli orologi di nicchia, invece, il basso volume degli scambi rende il prezzo più aleatorio.
La domanda e l'offerta che si devono incontrare non sono quelle di migliaia di operatori (che quindi si uniformano), ma quelle del singolo venditore e del singolo compratore nella transazione concreta. Qui il valore può essere maggiormente condizionato da fattori soggettivi: il prezzo richiesto può essere più o meno alto a seconda se il venditore ha o meno esigenza di monetizzare; il prezzo offerto può variare a seconda dell'interesse dell'acquirente per quella specifica referenza.
In questi casi, fa bene - dal suo punto di vista - il venditore a "sparare" alto, perché il prezzo concreto concorre a definirlo anche la sua richiesta. Non possiamo dire che "pretende" un prezzo più alto del "mercato" , perché questo prezzo sarà definito solo quando domanda e offerta si incontrano. Alcuni sporadici precedenti, per orologi con basso volume di scambi, non sono sufficienti a definire un valore di mercato stabile.
Il venditore, quindi, non "pretende"; casomai chiede. Se ottiene la cifra richiesta, ha ragione lui, il "mercato" è quello (magari perché l'acquirente "appassionato", smanioso di acquistare, non ha avuto abbastanza sangue freddo). Altrimenti deve moderare le sue pretese, e il valore di "mercato" sarà più vicino all'offerta dell'acquirente.