È a seguito della svalutazione monetaria della lira dei primi anni 90 che chi ha comprato certi orologi in lire in quel periodo ha preso due batoste: la prima a seguito dell'uscita della lira dallo SME a cui corrisposero aumenti di listino enormi, la seconda a seguito della svalutazione della lira nel cambio con l'euro per effetto dell'inflazione nei prezzi in euro praticamente raddoppiati rispetto a quelli in lire).
La svalutazione della valuta monetaria può incidere sull'inflazione, essenzialmente a causa dell'aumento del costo delle importazioni di prodotti denominati con valuta apprezzata.
Ma sulla variazione del potere d'acquisto (o del valore di un bene) incide solo l'inflazione, che incorpora già gli effetti delle fluttuazioni del cambio.
I due effetti non si sommano.
Sbagliato. E facilmente dimostrabile.
Prendi il prezzo di un daytona, di un jubilee o di un Royal Oak perpetuo in lire nei primi anni 90.
Rispettivamente 4milioni, 13milioni e 30 milioni. Convertiti in euro 2k, 7,5k e 15k.
Prendi i numeri indice ISTAT per le rivalutazioni monetarie e vedi quanto fanno oggi. Poi confronta il risultato con gli attuali listini (11,5k, 23k e 60k).
Quando hai fatto avrai la prova.
L'inflazione è una misura media, convenzionale, tutt'altro che esaustiva per descrivere la variazione del valore del capitale nel tempo tanto che in tutte le operazioni di matematica finanziaria (attualizzazione di poste future o capitalizzazione di poste attuali) NON si usa il tasso di inflazione come tasso di attualizzazione ma un saggio che va calcolato in vari modi.
Uno dei modi può essere il rendimento medio del capitale in investimenti dello stesso tipo, nel nostro caso un saggio realistico potrebbe essere appunto il tasso di crescita media dei listini di orologi equivalenti, che è facile dimostrare essere molto superiore al semplice tasso di inflazione.
Caro Angelo (scusa se solo ora trovo il tempo di replicare), stiamo mischiando le pere con le mele…
Io ho parlato della “variazione del
potere d’acquisto" (osservando una tua considerazione iniziale sulla variazione del “valore reale” degli orologi). Che – ribadisco – è definita solo dall’inflazione.
L’inflazione, in effetti, non è la causa o una delle cause di quella perdita, ma è esattamente l’indice che la misura!
Cito dall’Enciclopedia Treccani on line:
“Valore di scambio o potere d’acquisto della moneta e livello generale dei prezzi sono espressioni reciproche (…) Le variazioni del potere d’acquisto [della moneta sono] rilevabili indirettamente a mezzo dei numeri indici dei prezzi”. (Un discorso
a latere è quello sull’effettiva affidabilità delle metodologie di misurazione dell’inflazione, sulle discrepanze tra indici generali e indici settoriali, ecc.).
Questione diversa è l’indagine sui fenomeni economici che possano costituire una causa dell’inflazione: massa monetaria circolante, velocità di circolazione, dinamiche salariali, variazioni dei tassi di cambio…
Tu mi parli, nel tuo post che ho quotato, di “variazione del
capitale".
Probabilmente intendi la variazione del valore del capitale investito (in cespiti o beni capitali). Vuoi cioè sottolineare che una somma di denaro, impiegata in un “investimento”, può accrescere il suo valore in maniera superiore al tasso d’inflazione.
Vero (lo scopo degli investimenti è anche questo).
Però, tralasciando il fatto che nel misurare la redditività del capitale i “listini” non ci dicono nulla (quelli degli orologi, poi, sono affidabili come quelli degli pneumatici), stiamo – come dicevo - mischiando le pere con le mele.
Infatti, se parliamo delle variazioni del “potere d’acquisto” della moneta, e quindi del “valore reale” di un bene (come un orologio) acquistato/venduto a determinate cifre in due momenti diversi, l’inflazione è lo strumento che dobbiamo utilizzare. Queste sono le pere.
Tutt’altro discorso è: “Se avessi investito quella somma in una referenza più commerciale (o in un'altra forma di investimento: azioni, obbligazioni, ecc.), oggi avrei potuto non solo proteggere il valore reale, ma anche aggiungere un plusvalore (se l’investimento va bene…)”. Queste sono le mele.
In ogni caso, la fluttuazione dei tassi di cambio non
misura in alcun modo queste variazioni. Casomai le può
influenzare, in un ordine di grandezza più o meno marginale; ma questa grandezza è in incorporata dall'inflazione.
L'inflazione è un parametro che tiene conto delle svalutazioni monetarie solo indirettamente perché le dinamiche dei prezzi sul mercato interno sono influenzate solo in parte dall'andamento dei cambi.
Tanto che in Italia quando la lira svalutava del 20% e usciva dallo SME l'inflazione era sotto al 5%.
Esatto. Resta il fatto che la percentuale di svalutazione valutaria
non si somma all’inflazione nel definire la perdita di potere d’acquisto (che è misurata proprio dall’inflazione!), ma è solo uno degli elementi che possono determinarla. Nel caso che citi, il tasso di svalutazione della lira non determinò un tasso d’inflazione equivalente, perché non tutti i beni al consumo sono importati.
In conclusione, ripartendo dall’osservazione da cui è nato l’equivoco:
Un Orologio che 3/4 anni fa si pagava circa 7500 euro quando l'euro valeva il 30% in più rispetto ad oggi nel cambio col dollaro, e che oggi a distanza di 4 anni si vende (se si vende) a 6500, è un orologio che in termini reali ha avuto una svalutazione del 50%.
No.
Quell’orologio, pagato 7.500 euro nel 2014, dovrebbe valerne oggi – attualizzandone il valore sula base dell’inflazione misurata - circa 7.570. Se ne vale 6.500, in termini reali ha perso il 14% (il cambio col dollaro non c’entra).
Altro discorso è la sua redditività – o mancata redditività – come bene d’investimento, confrontata con quella - reale o sperata, passata o futura... - di altri beni d'investimento (a rischio più o meno elevato)…