Terminata la mostra, faccio anch’io la mia modesta recensione degli orologi esposti.
Dico subito che nessuno mi ha deluso: tutti molto affascinanti, per un verso o per l’altro.
Poi è ovvio che alcuni mi hanno entusiasmato sotto ogni punto di vista, mentre di altri ho apprezzato alcuni aspetti più di altri (ma si trattava di una mostra, in cui era interessante valutare soprattutto l’originalità, la qualità tecnica, l’accuratezza realizzativa; per cui lascio da parte le considerazioni sui prezzi e ne faccio solo di sfuggita sulle dimensioni).
L’orologio per cui più di ogni altro valeva la pena andare alla mostra: il Tourbillon due minuti di Jean Daniel Nicolas (Roth).
Diciamo sempre che la visione diretta di un orologio è fondamentale, che non bisogna accontentarsi delle fotografie. Però è anche vero che con foto ben fatte (non con i
rendering computerizzati), magari corredate da macro, o addirittura con un video, spesso possiamo avere un’idea abbastanza vicina al vero (a parte l’aspetto della vestibilità).
Ebbene, di questo tourbillon di Roth possiamo cogliere in fotografia il disegno elegantissimo, l’eccelsa qualità delle finiture, ma non un elemento che una foto o un video non possono restituire: la tridimensionalità. Infatti, tra i diversi livelli - del quadrante, della gabbia del tourbillon, del fondo a specchio con la scala dei secondi - si crea una prospettiva meravigliosa, che può essere apprezzata fino in fondo solo con la visione diretta e il tourbillon in movimento.
Questa una foto che rende solo in parte quello che intendo:
Lo spessore contenuto di un orologio è in linea di principio una virtù, ma in questo caso gli 11 mm sono ben giustificati, perché consentono di realizzare questa profondità prospettica.
Il quadrante più bello: il George Daniels. Anche qui la visione diretta ci emoziona più di quanto già sappiano fare le foto: per la possibilità di apprezzare i diversi livelli e la leggerezza “setosa” dei componenti.
Sulla soglia del paradiso anche JDN, Klings. De Bethune Skybridge, Voutilainen, Dufour.
Il movimento più bello: Dufour. Seguìto a un’incollatura da Voutilainen e JDN.
Di Dufor debbo dire che non mi è neanche dispiaciuta la cassa satinata. Certo questa versione del Simplicity non è all’altezza di quella più classica ed elegante. Ma se mettiamo da parte il confronto, resta uno splendido modello.
L’orologio più “ipnotico”: il cronografo Asaoka (in cui si può apprezzare il movimento delle leve anche dal lato quadrante), seguìto dal Deep Space di Halter.
Dell’Asaoka vanno ricordate le dimensioni perfette (37 mm), anche se la leggibilità non è eccelsa.
Il più geniale e intrigante: l’Updown di Ballouard – bello l’oro rosso col quadrante in madreperla -, che ha un’affissione più riuscita dell’Half Time (i numeri “spezzati” di questo disturbano un po’). Se non fosse troppo grande…
Il più equilibrato: lo Tsunami di Asaoka. Con i suoi 37 mm e il disegno moderno, ma senza eccessi, sarebbe da acquistare domani, come splendido orologio informale.
Tra i più “indossabili”, per dimensioni e stile, anche Klings e Dufour.
Molto piacevole e sofisticato il Calendario di Ferrier: niente effetti speciali, ma se in fotografia può sembrare troppo scarno, dal vero il suo stile essenziale appare perfetto in ogni dettaglio. La sera del
vernissage ho chiacchierato a lungo con la responsabile delle relazioni esterne (?) della
maison, che mi ha fatto notare un bel particolare nel Ferrier che teneva al polso: se si guarda l’orologio di profilo, attraverso il suo vetro leggermente bombato, le sfere sembrano davvero lance proiettate in aria… Orologi pensati per essere impeccabili sotto ogni angolazione e prospettiva. Peccato solo per i 40 mm.
Il più elegante (e forse, per il mio gusto personale, il più bello da indossare): il (i) Klings. Per il disegno sublime di cassa, anse e quadrante. Per la meravigliosa raffinatezza delle decorazioni del quadrante. Per le dimensioni, quasi perfette per la tipologia (37 e 38mm). Per il fascino della lavorazione interamente artigianale. Sono peraltro gli orologi che hanno forse il miglior rapporto qualità/prezzo (!).
Chi ho lasciato fuori?
Mi sembra Claret, Smith e Gauthier.
Del primo, genio indiscusso della meccanica (e l’X-Trem ne è un eccellente esempio), non amo il
design: mi può anche intrigare un’affissione anticonvenzionale in un orologio che abbia una forma classica e proporzionata. Ma gli orologi integralmente anticonvenzionali, tanto più se enormi, fatico a considerarli orologi da polso. Li guardo con ammirazione per il contenuto tecnico, per l’originalità, anche per le scelte stilistiche
in rapporto alla tipologia (non sono brutti); ma non immaginerei mai di indossarli. Molto bello, casomai, il modello femminile (il Marguerite), però anch’esso enorme.
Lo Smith ha un’impostazione classica che apprezzo, rifinitissimo, ma non mi ha folgorato per un aspetto particolare.
I Gauthier sono molto ben fatti, ma li trovo un po’ “carichi”, poco equilibrati, troppo smaniosi di esibire l’originalità del movimento (nel quadrante il contatore delle ore è davvero troppo piccolo).
Come ho detto inizialmente, nessun orologio della mostra mi ha deluso. Ma questi ultimi mi hanno colpito meno degli altri.