Poi ci sarebbe da capire cosa intendiamo tutti per “manualità” …
Manualità significa prendere un bulino in mano ed incidere..?? Direi di si però potrei anche dire che il bulino è uno strumento e quindi la faccenda diventa semi-manuale..?? Sono punti di vista..
Se c’è l’apporto di una macchina complessa ma dietro questa complessa macchina serve un operatore che gestisca la movimentazione, parliamo di lavoro manuale o no … Per me si ma forse per altri no …
Condivido.
In linea generale, possiamo parlare di
"manualità" (che è una delle componenti dell’artigianalità) laddove c'è una lavorazione che dà un risultato
unico e
irriproducibile, perché anche quando riprende schemi prefissati o utilizza macchinari richiede una componente di sensibilità individuale e di perizia manuale.
Cosicché chi utilizza un macchinario ad azionamento manuale, se si tratta di una lavorazione di precisione, non è un semplice tecnico, ma un
artigiano.
Ovviamente, esistono diversi livelli di manualità.
In una lavorazione a bulino abbiamo una manualità completa, perché lo strumento non compie nessuna "intermediazione" rispetto all'azione (forza, direzione, ecc.) di chi lo adopera.
In una fresa ad azionamento manuale, in una macchina
à guillocher, abbiamo una manualità parziale - una "semi-manualità", come suggerito da Michele -, perché la sensibilità dell’artigiano influisce solo su alcuni aspetti della lavorazione.
Ma questa sensibilità resta determinante, perché consente un risultato difficile da raggiungere e, in ogni caso, mai perfettamente uguale a un altro (anche se, rispetto alla lavorazione a bulino, le differenze saranno molto più piccole).
Per cui penso che il termine
“guilloché à la main” lo possiamo accettare.
In un macchinario elettronico, invece, l’apporto manuale è quasi assente, o comunque tale da poter essere svolto da un tecnico senza incidenza sul risultato finale.
Un artigiano, come massima espressione della sua professione, ha sempre cercato di raggiungere la perfezione.. Oggi sembra quasi (e lo dico da artigiano) che l’unico modo per distinguersi dall’industria sia la “sprezzatura” o meglio, si cerca di far vedere l’artigianalità (quindi imperfezioni naturali dovute a limiti umani) come segno distintivo, valorizzando questo aspetto senza portarlo ai due estremi, ovvero, la troppa perfezione o la grossolanità … Rimango sbalordito di fronte alla perfezione e sempre pronto a fare un plauso a chi ci riesce con tanta maestria .. però non nego che la sprezzatura mi affascina e se riesco a scovare, con perizia, l’artigianalità in un oggetto … allora mi si scalda il cuore.
Qui vorrei fare una precisazione sul termine
“sprezzatura”, che mi sembra Michele usi nel senso di imperfezione.
La parola risale a Baldessar Castiglione, che nel suo
Il libro del cortegiano la introdusse per indicare un
atteggiamento della persona, in particolare il contrario di “affettazione”. Se quest’ultima è la ricercatezza artificiosa e ostentata, la “sprezzatura” non è semplicemente la disinvoltura o la naturalezza, ma l’arte di
far trasparire una ricercatezza (le “cose rare e ben fatte”)
che appaia spontanea (“mostrare ciò che si fa e dice” come realizzato “senza fatica e quasi senza pensarvi”).
Il termine può essere esteso dall’atteggiamento al risultato: in tal caso è espressione di sprezzatura
non il difetto o l’imperfezione, ma quel dettaglio – accuratamente studiato – che esprima naturalezza: nell’abbigliamento (un nodo di cravatta non simmetrico, un bavero “scivolato”), nel componimento scritto (una figura retorica di impatto immediato come l’anacoluto, che usava anche il Manzoni), nell’esecuzione di un brano musicale (una variazione che abbia il sapore dell'improvvisazione, ma già sperimentata), ecc. Trovare esempi di sprezzatura nell’orologeria meccanica – il regno della precisione – forse è più difficile.
Insomma: il vero artigiano dovrebbe ricercare sempre la perfezione, pur sapendo che l’imperfezione è inevitabile.
Il difetto ricercato intenzionalmente, o accettato senza troppa pena, per esibire l’artigianalità, non è espressione di “sprezzatura”, ma forse il suo contrario: un espediente affettato.