Nel 1851 si tenne a Londra la prima delle Esposizioni universali, eventi che Walter Benjaminin ebbe a definire "luoghi di pellegrinaggio al feticcio merce”.
Nella seconda metà dell'Ottocento, infatti, iniziò a diffondersi il clima positivista di fiducia incondizionata nella scienza, nel progresso, nell'industria, di cui le Esposizioni erano la celebrazione.
E nell'ambito di questi eventi si tenevano numerosi concorsi (i "Grand prix", appunto, le "Medaglie d'oro", ecc.) nei quali le case gareggiavano per affermare la supremazia dei loro prodotti.
Accadeva non solo per gli orologi, ma per tutti i prodotti industriali, in ogni settore (se guardiamo una vecchia scatola di biscotti o di pennelli da barba, troviamo declamate vittorie in questo tipo di competizioni).
I concorsi divennero così numerosi, anche al di fuori delle esposizioni universali, da poter accontentare a turno molti produttori, costituendo una primitiva forma di pubblicità.
Se un orologio può vantare questo tipo di affermazione, quindi, significa che ai suoi tempi era senz'altro un buon orologio, ma non necessariamente che presentasse caratteristiche di particolare eccezionalità.
In questo caso, peraltro, parliamo delle vittorie non dell'orologio, ma della casa produttrice (sono 4 diversi Gran Prix: due svoltisi a Parigi, uno a Milano, uno a Bruxelles). E della levatura di Longines nessuno dubita.