Nel 1987 su la Repubblica compare questo articolo, dove con mia grande incredulità si capisce che al polso di Luigi Durand De La Penne non c'è un radiomir 3646 ma un Marvin....
Buona lettura
E DOPO 46 ANNI GLI INGLESI 'CELEBRANO' DE LA PENNE
LIVORNO Ma il mio cappello di lana e il coltello dove sono finiti, li rivoglio, dice con voce ferma Durand de la Penne. Sono passati 46 anni ma l' ammiraglio non ha dimenticato. Oggi ha i capelli bianchi, è leggermente ingrassato. Non dimostra però 73 anni e ricorda benissimo quello che gli sequestrarono gli inglesi dopo la cattura, dopo che aveva minato la corazzata Valiant: un berrettuccio di lana fatto a mano dalla moglie, un coltello e l' orologio, un modesto e semplice Marvis. L' orologio è tornato in Italia, l' ha riportato Henry Brownringgs, figlio di Thomas, l' ufficiale che cercò di farsi rivelare da Durand de la Penne il punto in cui era stata sistemata la carica esplosiva che aveva portato dentro il porto di Alessandria attaccata alla punta di un maiale. L' ammirazione degli inglesi Era la notte tra il 18 e il 19 dicembre del 1941. Il giovane ufficiale italiano non rispose. La nave saltò in aria. L' impresa suscitò ammirazione negli allora nemici inglesi tanto che Churchill parlò di bombe applicate con grande coraggio e abilità. Thomas Brownringgs, capo di Stato maggiore dell' ammiraglio Cunningham, comandante delle forze navali del Mediterraneo, tentò di restituire quell' orologio a de la Penne nel 1946 ma lui lo rifiutò, sdegnosamente. Se lo tenga, disse seccato. Ma quei giorni sono ormai lontani, la guerra e l' eroico assalto al porto di Alessandria fanno parte della storia. L' ex ammiraglio ora siede sul palco del cinemino dell' Accademia navale di Livorno insieme a Henry Brownringgs che è arrivato in Italia per restituire qull' orologio. Nessuna cerimonia ufficiale per questo magico momento ma una lezione di storia che i 300 cadetti seguono con attenzione, seduti impettiti nelle seggioline blu. Ci sono le autorità locali, qualche invitato e pochi giornalisti accorsi per registrare il fatale momento della consegna. L' orologio resterà però a Livorno, Durand de la Penne lo dona all' Accademia. Lui vorrebbe il cappello che era stato amorosamente preparato dalla moglie. Ma nessuno è riuscito a ritrovarlo così come il coltello. Dell' ufficiale inglese oggi dice che lo interrogò in maniera formale, brevemente. Ma in rapporto di fine operazione usò parole ben diverse. Quando mi portano nella baracca trovo un ufficiale armato di pistola che mi chiede in italiano dove ho messo l' apparecchio scrisse una volta rientrato in Italia dopo la prigionia e mi consiglia di rispondergli perché lui è molto nervoso avendolo fatto alzare a quell' ora di notte. Siccome non rispondo mi dice che il mio palombaro ha già detto tutto. Non ci credo e allora mi dice che avrebbe trovato il modo di farmi parlare. Torniamo sul motoscafo che dirige verso bordo: sono circa le 4. Troviamo a poppa il comandante della nave che mi chiede anche lui dove ho messo la carica. Siccome mi rifiuto di rispondere vengo accompagnato dall' ufficiale di guardia e dalla scorta verso prua. Attesi, soffrii, sperai, si legge in quel rapporto. Avvisò il comandante della Valiant, l' ammiraglio Morgan, alle 6 del 19 dicembre del 1941, dieci minuti prima dell' esplosione. L' equipaggio fu messo in salvo. A bordo della corazzata c' era anche Filippo d' Edimburgo. I due si rividero molti anni più tardi, al Quirinale. Lo sa che ero imbarcato sopra la Valiant, chiese il principe. Io ero sotto, rispose Durand de la Penne. Fu una pagina eroica che ha colpito fortemente l' immaginazione popolare tanto che sull' attacco al porto di Alessandria sono stati realizzati due film, un lavoro teatrale e sono state dedicate decine di poesie. Lo ricorda l' ammiraglio Romani che tiene questa particolare lezione dopo che Salvatore Ficarra, comandante dell' Accademia, ha speso qualche parola per questo fatto d' arme che ci sta tanto a cuore. In quella leggendaria notte dal sommergibile Scirè si staccarono tre semoventi a lenta corsa, il famoso maiale (un nome dato per la battuta di un marinaio che non riusciva ad attraccare: Lega il maiale). Tre coppie che riuscirono a penetrare nel porto di Alessandria piazzandosi sulla scia di alcune navi inglesi che stavano rientrando. Una volta all' interno si dispersero. Ciascuno operò in piena autonomia, commenta il vicedirettore di Repubblica, Gianni Rocca, nel suo Fucilate di ammiragli che ricostruisce minuziosamente l' azione. Acqua nella tuta Fu difficilissimo sistemare la carica (il maiale era caduto sul fondo, dalla tuta passava acqua). Ma se non passavano quelle navi saremmo ancora lì ad attendere, assicura con garbato umorismo Durand de la Penne, bombardato dalle domande degli allievi dell' Accademia. E' stato l' episodio della guerra dove è stato ottenuto il massimo risultato con il minimo costo, commenta Henry Brownringgs, di professione storico.