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Orologi e Co... / Re:Nascita e declino ....Massotto viaggi poco e leggi pochissimo
« il: Maggio 11, 2012, 00:07:12 am »
Io giro il mondo per motivi professionali e verifico che siamo poverissimi in Italia, ma non tutti sono poveri come noi. Per questo ribadisco che i marchi quale Panerai non sono in declino, anzi... Leggete l'articolo del Sole24, non del bar di provincia. Massotto Per cortesia, prima di scrivere informati meglio, grazie! Si parla di finanza non di impressioni dell'orologiaio.
Moda24Industria Finanza
Angelo Bonati: «Officine Panerai punta sul retail e apre entro l'anno altri 15 monomarca»
di Giulia CrivelliCronologia articolo4 maggio 2012
Storia dell'articolo
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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 11:02.
Angelo Bonati, 61 anni ottimamente portati, ama i contrasti, nella vita e nel lavoro. Dice che l'avventura con Panerai, il marchio di orologi del gruppo Richemont che guida dal 1997, è la sfida professionale più bella della sua vita e che continuerà a seguire la sua idea di sviluppo controllato, necessaria perché il marchio resti esclusivo e la distribuzione appositamente rarefatta, «finché glielo lasceranno fare». È innamorato dei suoi orologi, connubio perfetto tra design italiano e maestria orologiera svizzera: Panerai è nato nel 1860 a Firenze e oggi è uno dei pochi marchi a produrre quasi esclusivamente orologi, tutti meccanici, il 60% dei quali con movimento prodotto all'interno. Secondo l'annuale rapporto Vontobel – il più completo e autorevole tra quelli dedicati al settore degli orologi – nell'esercizio fiscale 2011-2012 Panerai ha raggiunto i 250 milioni di euro di fatturato. Per l'esercizio in corso, che si chiuderà il 31 marzo 2013, i ricavi cresceranno almeno a una cifra e l'Ebit dovrebbe attestarsi tra il 23 e il 25%, un po' sopra la media degli "specialist brand" del gruppo Richemont. Diventati famosi anche come orologi ufficiali della Marina militare italiana, pratici, indistruttibili, senza fronzoli, oggi i segnatempo Panerai – nonostante siano tra i più grandi e "mascolini" in circolazione – hanno un pubblico estremamente variegato, che comprende le donne e collezionisti di ogni tipo, dagli amanti del genere sportivo ai massimi conoscitori di movimenti artigianali. Forse proprio per mischiare un po' le carte e costruire il mito Panerai non solo intorno alla figura degli incursori della Marina, Bonati ha legato il marchio alle regate d'epoca, sponsorizzando quattro diversi circuiti. La novità del 2012 è il restauro di Eilean, un ketch di 23 metri sul quale, nel 1982, i Duran Duran girarono «Rio», veleggiando ad Antigua. A distanza di 30 anni Eilean e la band inglese – che tra pochi mesi avrà l'onore di aprire le Olimpiadi di Londra – sono tornati sull'isola caraibica per partecipare alla Panerai Classic Yachts Challenge, di sui Bonati è particolarmente orgoglioso.
Com'è nato il legame con la vela d'epoca, per nulla scontato, in fondo, per un marchio con uno stile così assertivo, per non dire aggressivo, come Panerai?
Personalmente, subisco moltissimo il fascino del mare e delle barche a vela in particolare. Nel nostro mondo, quello dell'alta orologeria, sono molte le aziende che, con modalità diverse, hanno scelto di legarsi a singoli eventi o circuiti di regate. Noi abbiamo scelto i velieri d'epoca per una sorta di affinità elettiva, forse non scontata, come dice lei, e forse proprio per questo, nel lungo periodo, più credibile. Credo che le barche d'epoca offrano la possibilità unica di viaggiare contemporaneamente nello spazio e nel tempo: il fascino, l'eleganza e l'autenticità di una barca in legno hanno il potere di evocare tutti i mari percorsi, le storie vissute a bordo, le imprese sportive o eroiche, le donne e gli uomini che sono stati appassionati proprietari o semplici ospiti di queste signore del mare. Le barche d'epoca fanno sognare, proprio come i nostri segnatempo. Se un orologio Panerai non facesse sognare, nessuno lo comprerebbe.
Aggiungiamo che il mondo delle barche d'epoca è frequentato da un'élite di persone molto facoltose, simile a quella che compra orologi di lusso...
Il fattore economico esiste, certo. Basti pensare che per mantenere un veliero d'epoca bisogna investire ogni anno il 20% circa del suo valore. Se una barca viene acquistata per 50 milioni di euro, ad esempio, il proprietario deve spenderne circa altri 10 ogni 12 mesi per tenerla in ottimo stato. Bisogna essere ricchi, sicuramente, ma anche molto appassionati, altrimenti si trovano altri modi per spendere i propri capitali, le proprie energie, il proprio tempo.
Panerai sponsorizza da molti anni circuiti di barche d'epoca nel Mediterraneo e in due oceani, ma è il primo anno che partecipate con una barca vostra alle regate di Antigua. Perché questo atto di lucida follia?
Sì, quest'anno non ci siamo limitati a sponsorizzare l'Antigua Classic Yachts Challenge, ma abbiamo gareggiato con Eilean, una barca splendida, nata in Scozia nel 1936, con due alberi e una superficie velica di 300 metri, che ha bisogno, in regata, di un equipaggio di 18 persone. L'abbiamo ritrovata ad Antigua nel 2006 e ci abbiamo messo cinque anni a restaurarla, nei Cantieri Del Carlo di Viareggio. Un investimento importante e credo che più di uno dei miei collaboratori avesse qualche dubbio sull'opportunità di una scelta così passionale, ma anche un po' folle. Il ritorno d'immagine però è stato fantastico, anche se difficilmente quantificabile, e ora tutti concordano sull'opportunità, a volte, di fare scelte di comunicazione un po' fuori dal comune.
La vela, come lo sport più in generale, parla un linguaggio universale. E Panerai aspira a essere un brand globale.
Oggi il nostro primo mercato è ancora l'Italia, seguita dall'Europa e dagli Stati Uniti, ma l'Asia e in particolare la Cina, sono in fortissima crescita. Sì, vogliamo continuare a crescere e diventare un marchio conosciuto ovunque. Viviamo però un paradosso comune a molti marchi del lusso: la crescita è inevitabile, quasi una dolce condanna che viene insieme al successo e lo certifica. Ma dobbiamo restare esclusivi: un orologio Panerai rimane una conquista, non la soddisfazione immediata di un bisogno primario.
Qual è il vostro best seller?
I nostri prezzi partono da circa 4mila euro, ma non sono gli orologi meno costosi i più venduti, anzi. Uno di quelli di maggior successo è il tourbillon da 160mila euro. L'episodio più divertente è successo a Hong Kong, mercato strategico per noi: un cliente cinese è entrato in boutique con la moglie e ha cominciato a farsi mostrare i modelli, uno per uno. Lui sembrava non essere mai soddisfatto e la moglie appariva sempre più distratta, forse pure annoiata. L'interesse del cliente si è riacceso solo quando ha visto il modello da 160mila euro, che tra l'altro ha una cassa ancora più grande degli altri. A quel punto si sono illuminati sia lui sia la moglie e ne hanno comprato uno ciascuno.
La "moda" degli orologi extra large anche per le donne è riconducibile proprio a Panerai. Avete pensato di fare orologi ad hoc per le donne?
Mai! Proprio perché siamo contenti che le donne li abbiano scelti di loro spontanea volontà, per loro gusto e piacere, non perché noi le abbiamo assecondate o cercate o stuzzicate con cascate di diamanti sui quadranti.
Oltre alla vela, il suo pallino sono i negozi. Nel 2011 avete aperto in via Monte Napoleone e la rete continua a crescere. Per il 2012 che piani avete?
Gli Stati Uniti sono uno dei nostri obiettivi principali, anche perché è dall'inizio dell'anno che lì si sente aria di ripresa, a differenza dell'Europa. In Nord America entro la fine dell'esercizio fiscale 2012-2013, che per noi si chiude nel prossimo marzo, dovremmo arrivare a 15 boutique: negli Stati Uniti attualmente ne abbiamo già sei. Oltre alle sette boutique che abbiamo già aperto (Mumbai, Thaichung, Al Khobar, La Jolla, Bangkok, Manila, Jeddah), sempre entro l'esercizio, nel mondo, dovremmo inaugurare altri otto monomarca. Il problema sono le location: le cerchiamo esclusivamente prime.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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Angelo Bonati: «Officine Panerai punta sul retail e apre entro l'anno altri 15 monomarca»
di Giulia CrivelliCronologia articolo4 maggio 2012
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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 11:02.
Angelo Bonati, 61 anni ottimamente portati, ama i contrasti, nella vita e nel lavoro. Dice che l'avventura con Panerai, il marchio di orologi del gruppo Richemont che guida dal 1997, è la sfida professionale più bella della sua vita e che continuerà a seguire la sua idea di sviluppo controllato, necessaria perché il marchio resti esclusivo e la distribuzione appositamente rarefatta, «finché glielo lasceranno fare». È innamorato dei suoi orologi, connubio perfetto tra design italiano e maestria orologiera svizzera: Panerai è nato nel 1860 a Firenze e oggi è uno dei pochi marchi a produrre quasi esclusivamente orologi, tutti meccanici, il 60% dei quali con movimento prodotto all'interno. Secondo l'annuale rapporto Vontobel – il più completo e autorevole tra quelli dedicati al settore degli orologi – nell'esercizio fiscale 2011-2012 Panerai ha raggiunto i 250 milioni di euro di fatturato. Per l'esercizio in corso, che si chiuderà il 31 marzo 2013, i ricavi cresceranno almeno a una cifra e l'Ebit dovrebbe attestarsi tra il 23 e il 25%, un po' sopra la media degli "specialist brand" del gruppo Richemont. Diventati famosi anche come orologi ufficiali della Marina militare italiana, pratici, indistruttibili, senza fronzoli, oggi i segnatempo Panerai – nonostante siano tra i più grandi e "mascolini" in circolazione – hanno un pubblico estremamente variegato, che comprende le donne e collezionisti di ogni tipo, dagli amanti del genere sportivo ai massimi conoscitori di movimenti artigianali. Forse proprio per mischiare un po' le carte e costruire il mito Panerai non solo intorno alla figura degli incursori della Marina, Bonati ha legato il marchio alle regate d'epoca, sponsorizzando quattro diversi circuiti. La novità del 2012 è il restauro di Eilean, un ketch di 23 metri sul quale, nel 1982, i Duran Duran girarono «Rio», veleggiando ad Antigua. A distanza di 30 anni Eilean e la band inglese – che tra pochi mesi avrà l'onore di aprire le Olimpiadi di Londra – sono tornati sull'isola caraibica per partecipare alla Panerai Classic Yachts Challenge, di sui Bonati è particolarmente orgoglioso.
Com'è nato il legame con la vela d'epoca, per nulla scontato, in fondo, per un marchio con uno stile così assertivo, per non dire aggressivo, come Panerai?
Personalmente, subisco moltissimo il fascino del mare e delle barche a vela in particolare. Nel nostro mondo, quello dell'alta orologeria, sono molte le aziende che, con modalità diverse, hanno scelto di legarsi a singoli eventi o circuiti di regate. Noi abbiamo scelto i velieri d'epoca per una sorta di affinità elettiva, forse non scontata, come dice lei, e forse proprio per questo, nel lungo periodo, più credibile. Credo che le barche d'epoca offrano la possibilità unica di viaggiare contemporaneamente nello spazio e nel tempo: il fascino, l'eleganza e l'autenticità di una barca in legno hanno il potere di evocare tutti i mari percorsi, le storie vissute a bordo, le imprese sportive o eroiche, le donne e gli uomini che sono stati appassionati proprietari o semplici ospiti di queste signore del mare. Le barche d'epoca fanno sognare, proprio come i nostri segnatempo. Se un orologio Panerai non facesse sognare, nessuno lo comprerebbe.
Aggiungiamo che il mondo delle barche d'epoca è frequentato da un'élite di persone molto facoltose, simile a quella che compra orologi di lusso...
Il fattore economico esiste, certo. Basti pensare che per mantenere un veliero d'epoca bisogna investire ogni anno il 20% circa del suo valore. Se una barca viene acquistata per 50 milioni di euro, ad esempio, il proprietario deve spenderne circa altri 10 ogni 12 mesi per tenerla in ottimo stato. Bisogna essere ricchi, sicuramente, ma anche molto appassionati, altrimenti si trovano altri modi per spendere i propri capitali, le proprie energie, il proprio tempo.
Panerai sponsorizza da molti anni circuiti di barche d'epoca nel Mediterraneo e in due oceani, ma è il primo anno che partecipate con una barca vostra alle regate di Antigua. Perché questo atto di lucida follia?
Sì, quest'anno non ci siamo limitati a sponsorizzare l'Antigua Classic Yachts Challenge, ma abbiamo gareggiato con Eilean, una barca splendida, nata in Scozia nel 1936, con due alberi e una superficie velica di 300 metri, che ha bisogno, in regata, di un equipaggio di 18 persone. L'abbiamo ritrovata ad Antigua nel 2006 e ci abbiamo messo cinque anni a restaurarla, nei Cantieri Del Carlo di Viareggio. Un investimento importante e credo che più di uno dei miei collaboratori avesse qualche dubbio sull'opportunità di una scelta così passionale, ma anche un po' folle. Il ritorno d'immagine però è stato fantastico, anche se difficilmente quantificabile, e ora tutti concordano sull'opportunità, a volte, di fare scelte di comunicazione un po' fuori dal comune.
La vela, come lo sport più in generale, parla un linguaggio universale. E Panerai aspira a essere un brand globale.
Oggi il nostro primo mercato è ancora l'Italia, seguita dall'Europa e dagli Stati Uniti, ma l'Asia e in particolare la Cina, sono in fortissima crescita. Sì, vogliamo continuare a crescere e diventare un marchio conosciuto ovunque. Viviamo però un paradosso comune a molti marchi del lusso: la crescita è inevitabile, quasi una dolce condanna che viene insieme al successo e lo certifica. Ma dobbiamo restare esclusivi: un orologio Panerai rimane una conquista, non la soddisfazione immediata di un bisogno primario.
Qual è il vostro best seller?
I nostri prezzi partono da circa 4mila euro, ma non sono gli orologi meno costosi i più venduti, anzi. Uno di quelli di maggior successo è il tourbillon da 160mila euro. L'episodio più divertente è successo a Hong Kong, mercato strategico per noi: un cliente cinese è entrato in boutique con la moglie e ha cominciato a farsi mostrare i modelli, uno per uno. Lui sembrava non essere mai soddisfatto e la moglie appariva sempre più distratta, forse pure annoiata. L'interesse del cliente si è riacceso solo quando ha visto il modello da 160mila euro, che tra l'altro ha una cassa ancora più grande degli altri. A quel punto si sono illuminati sia lui sia la moglie e ne hanno comprato uno ciascuno.
La "moda" degli orologi extra large anche per le donne è riconducibile proprio a Panerai. Avete pensato di fare orologi ad hoc per le donne?
Mai! Proprio perché siamo contenti che le donne li abbiano scelti di loro spontanea volontà, per loro gusto e piacere, non perché noi le abbiamo assecondate o cercate o stuzzicate con cascate di diamanti sui quadranti.
Oltre alla vela, il suo pallino sono i negozi. Nel 2011 avete aperto in via Monte Napoleone e la rete continua a crescere. Per il 2012 che piani avete?
Gli Stati Uniti sono uno dei nostri obiettivi principali, anche perché è dall'inizio dell'anno che lì si sente aria di ripresa, a differenza dell'Europa. In Nord America entro la fine dell'esercizio fiscale 2012-2013, che per noi si chiude nel prossimo marzo, dovremmo arrivare a 15 boutique: negli Stati Uniti attualmente ne abbiamo già sei. Oltre alle sette boutique che abbiamo già aperto (Mumbai, Thaichung, Al Khobar, La Jolla, Bangkok, Manila, Jeddah), sempre entro l'esercizio, nel mondo, dovremmo inaugurare altri otto monomarca. Il problema sono le location: le cerchiamo esclusivamente prime.
©RIPRODUZIONE RISERVATA