Quale Blancpain?
Quella di Jean Claude Bivier è quella che più di ogni altra, nel ventennio 80/90 ci ha fatto vedere un po' di "vera" orologeria.
Una casa che ha sfornato calibri entrati diritti nella storia, come il FP71 (automatico a rotore decentrato tra i più sottili al mondo) e la serie di cronografi 118x (manuali o automatici, normali, rattrapanti o flyback) a innesto verticale ancor oggi insuperati per ridotto spessore.
Movimenti che sono rapidamente diventati le ebauche preferite da tutte le più note aziende, come appunto i FP1185 ancor oggi montati a distanza di oltre 30 anni da AP e VC sui rispettivi royal oak e overseas in variante cronografo, e altri che hanno ridefinito le differenze tra meccanismi come il Tourbillon voilant e il caroussel, grazie al genio di maestri come Vincent Calabrese con il suo tourbillon volante a 8 giorni di carica, un vero prodigio di tecnica ancor più in quell'epoca di orologeria povera fatta di nozze coi fichi secchi.
Altri ancora hanno segnato l'epoca delle grandi complicazioni, come il 1735 (primo cronografo rattrapante con calendario perpetuo, ripetizione a minuti e tourbillon interamente di manifattura).
Insomma, una fucina di novità come in tempi più recenti lo è stata la Roger Dubuis di Carlos Dias, ormai defunta dopo il passaggio al gruppo Swatch.
La Blancpain attuale è solo un marchio apposto su orologi a dir poco discutibili, di quella manifattura che era (di fatto il nome commerciale della Frederic Piguet con la quale costituiva il sodalizio nelle mani del buon Bivier) non è rimasto praticamente nulla, come nulla è rimasto di quella visione che in poco tempo seppe portare alla ribalta dell'orologeria una casa fino ad allora sostanzialmente sconosciuta e che nel passato aveva saputo ritagliarsi un piccolo spazio solo con uno dei primi (se non il primo) tra gli orologi subacquei professionali.
Osservare le moderne "oscenità" stilistiche su cui è impresso questo marchio non fa altro che aumentare il rimpianto per la sua ingloriosa involuzione.
Alla fine il cerchio della storia si è chiuso e Blancpain è tornata ad essere quella che era negli anni 60, una casa pressoché ignorata con, di fatto, un solo modello dall'appena sufficiente riscontro commerciale.
Uno dei tanti esempi di come le holding dell'orologeria abbiano masticato malamente tutto quello che di buono era venuto fuori dalla rinascita post quarzo dell'orologeria svizzera.