Grazie Angelo.
Intanto agevolo la lettura
http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1989837&codiciTestate=1&sez=giornali&testo=&titolo=Richemont%20investita%20dalla%20crisiFinora sembrava che la crisi l'avesse risparmiata. Invece, Richemont, la holding finanziaria svizzera, quotata a Zurigo, che riunisce i giganti dell'orologeria e della gioielleria di lusso da Cartier a Van Cleef & Arpels, da Piaget a Jaeger LeCoultre, a Baume&Mercier, è stata penalizzata dalla caduta del mercato cinese e dalla fiammata del franco svizzero.
La conseguenza è che i conti dell'esercizio chiuso a fine marzo sono i peggiori mai realizzati dal gruppo ginevrino dalla fine del decennio. Tanto che ha dovuto rivedere i prezzi dei suoi orologi e dei gioielli a livello globale. Il suo fatturato è aumentato soltanto dell'1% a 10,4 miliardi di euro, il suo profitto operativo è rimasto stabile, a 2,7 miliardi, e il suo utile netto è caduto del 35%, a quota 1,3 miliardi di euro.
Il gruppo, che conta 8.700 dipendenti nella Confederazione elvetica, è stato penalizzato da una serie di fattori contrari venuti dall'Asia e dalla Svizzera, a cominciare dalla fiammata del franco. la moneta svizzera, con la quale il gruppo registra una parte importante dei costi di produzione, è passata da 0,96 euro dopo l'abbandono, a gennaio, del corso legato all'euro, da 0,83 euro deciso dalla Banca nazionale elvetica. Questa rivalutazione ha generato una perdita di 686 milioni di euro, secondo i calcoli del gruppo che pubblica i propri conti in euro.
Inoltre, indipendentemente da questo fattore monetario, l'attività di Richemont è stata penalizzata nella Cina continentale (l'8% delle vendite) e soprattutto a Hong-Kong (16%) Malgrado la crescita delle vendite a Taiwan e in Australia, le vendite della regione Asia-Pacifico (39% dell'attività) sono diminuite del 6%.
Le vendite di orologi sono crollate sotto i colpi della politica contro la corruzione in Cina, e delle manifestazioni di settembre a Hong-Kong, Tuttavia il gruppo è convinto che nel lungo periodo la domanda di prodotti di alta qualità continuerà a aumentare a livello globale, secondo quanto ha fatto sapere il presidente del consiglio di amministrazione, Johann Rupert. Per questo, Richemont ha messo in campo misure, dal momento che la questione non è quella di delocalizzare le attività svizzere del gruppo, secondo Richemont. Il gruppo svizzero sta per portare a termine il proprio programma di investimenti nel suo laboratorio di produzione avviato negli ultimi anni, è convinto che i suoi laboratori ultramoderni gli permetteranno una grande flessibilità produttiva. Un atout, mentre le vendite di orologi (che sono all'incirca la metà della propria attività) sono diminuite del 2% a livello mondiale, nonostante la domanda sia rimasta robusta in Occidente, comprensiva dei turisti cinesi.
Per adattarsi ai rivolgimenti della parità dei cambi, Richemont ha adottato degli aggiustamenti tariffari in tutte le sue filiali e boutique. L'intento è garantire che il prezzo di gioielli e orologi, al netto delle tasse, resti il medesimo dovunque nel mondo, mentre i concorrenti assumo forti differenze di prezzo fra l'Europa e l'Asia. Di colpo, è sono stati abbassati i prezzi nei paesi dell'area del dollaro e in Cina, mentre sono stati aumentati nella zona euro e in Giappone. Aggiustamenti che però non hanno impatto sul fatturato globale.
A breve termine, questi aggiustamenti hanno fatto sprofondare del 17% in aprile le vendite all'ingrosso alle boutique multimarca e ai grandi magazzini. La situazione si è normalizzata nelle prime due settimane di marzo su questi mercati, secondo quanto ha assicurato il gruppo svizzero della gioielleria.
Intanto, secondo le previsioni dello studio Bain, il mercato mondiale del lusso continuerà a rallentare. Bain stima che il fatturato del comparto in questione aumenterà soltanto del 2-3% nel 2015, dopo una crescita limitata al 4% nel 2014, arrivata 224 miliardi di euro. Sempre secondo Bain il deprezzamento dell'euro ha avuto un impatto sui flussi turistici e sui comportamenti di acquisto dei cinesi che realizzano il 30% della spesa complessiva nel proprio paese o durante i viaggi. I flussi turistici cinesi hanno anche comportato la performance della Corea del sud e del Sudest asiatico. In Cina, secondo le conclusioni di bain, il mercato ha ripreso e marcia in crescita nonostante i marchi del lusso fatichino a ridinamizzarlo.