Sempre più convinto che abbandonare le proporzioni auree di un tempo abbia creato solo danni, nel lungo periodo, alla vitalità di questo settore.
Questo post, in altra discussione, mi ha spronato a riconsiderare in una
prospettiva diversa la questione – trita, ma ineliminabile – delle dimensioni degli orologi (per cui ritiro su il topic specifico).
Mettiamo un momento da parte il ragionamento se gli orologi grandi (contemporanei) siano “meglio o peggio” – più o meno eleganti, proporzionati, “maschi”, comodi, ecc. – rispetto a quelli di dimensioni contenute (classiche).
Interroghiamoci, piuttosto, sulle
conseguenze che la diffusione degli orologi di grandi dimensioni ha avuto sul settore, in particolare sulla percezione che le persone hanno dell’accessorio orologio.
Uno spunto in tal senso mi era già venuto, qualche tempo fa, guardando un’app con cui mia figlia stava giocando.
Si chiama
Subway Surfers, ed ha per protagonista un
“writer”, un/una giovane che corre sullo
skateboard con la sua bomboletta spray per disegnare graffiti, superando ostacoli e cercando di non farsi prendere dai poliziotti.
Mi direte: che c’entra con gli orologi?
La cosa interessante del gioco è la possibilità di personalizzare il protagonista, scegliendo il suo look sulla base di una serie di
“outfits” predefiniti: streetwear, dark, business, rasta, cosplay, gotico, steampunk, ginnico, biker, posh (lusso minimalista), chill-out (new age – pacifista – alternativo), shine (lusso sgargiante ed esibizionista)…
Ogni
outfit è davvero ben ricostruito in ogni particolare: i disegnatori dell’app si sono impegnati a offrire una panoramica ampia e accurata del costume contemporaneo.
Ebbene: soltanto con due degli stili disponibili il protagonista indossa l’orologio.
Il primo è lo stile
business: il protagonista (che ha una maschera per non farsi riconoscere come
writer, visto che è un giovane professionista o impiegato presso un’azienda) nell’animazione fa proprio il gesto di avvicinare il polso per guardare l’ora (io con lo
screenshot ho catturato l’attimo culminante).
L’orologio però non si vede, anche se il polsino della camicia è parzialmente ritratto. Segno che si tratta di un
dress watch o di un
business watch dalle dimensioni molto contenute.
Nella percezione degli autori dell’app (che non sono vecchi nostalgici dell’orologeria classica…)
a chi veste giacca e cravatta si confà l’uso di un orologio, e in particolare di un orologio non appariscente.
L’altro stile che prevede un orologio è lo
shine outfit.
Lo
screenshot che ripropongo non dovrebbe aver bisogno di commenti…
Nella percezione degli autori dell’app l’orologio grosso e appariscente non è più un normale accessorio di abbigliamento, ma un oggetto da esibire da parte di chi sceglie uno stile di lusso sgargiante (in questo caso quasi caricaturale, un po’
“cafonal”).
La cosa da sottolineare è che
in tutti gli altri outfits non è previsto l’orologio. Si suppone ovviamente che i protagonisti guardino l’ora sullo smartphone (magari, in una prossima versione dell’app, farà la sua apparizione lo smartwatch).
La “morale” che voglio trarre da questo quadretto di costume non è – spero sia scontato – che l’orologio piccolo è elegante mentre quello grande è cafone.
Non sto eleggendo gli autori di un app a maestri di eleganza.
Ciò che vorrei far notare, però, è che il punto di vista di questi giovani autori ci offre un – piccolissimo –
spaccato della percezione dell’orologio contemporaneo da parte della società.
In questa percezione,
l’orologio di grandi dimensioni – che sono ormai le dimensioni quasi uniche disponibili - non è più considerato un accessorio attraente (al di là dell’utilità) per la maggior parte delle persone, ma un oggetto di nicchia, un po’ esibizionista.
Le motivazioni personali del singolo “appassionato” (che possono essere nobilissime, e non aver nulla a che fare con l’esibizionismo) nulla incidono sull’immagine percepita. Anche perché, nella platea sempre più esigua degli acquirenti di orologi, gli “appassionati” sono infima minoranza.
Tutto ciò ha conseguenze devastanti sul settore.
Le case hanno assecondato di buon grado la richiesta dei grandi diametri (sin quasi a eliminare possibilità di scelta alternative), perché ciò consentiva di dare al prodotto orologio la "riconoscibilità" necessaria a una dimensione di nicchia extra-lusso, con margini di profitto enormi.
Ma si è trattato di una politica di corto respiro.
Ci può essere un vertice di eccellenza solo se poggia su una struttura con diversi livelli qualitativi. Se invece il settore nel suo complesso diventa asfittico (anche perché l’orologio anabolizzato inizia ad essere visto dai più come una stravaganza), perde ossigeno anche la produzione di élite, che a poco a poco implode.