Meno barriere, imparando ad accettare anche i gusti altrui, entro certi limiti, e facendo evolvere i nostri. E comunque accettando, anche senza condividere, quelli altrui.
Sono d'accordo... ma anche no!
Qui torna in mente il Veltroni delle strepitose imitazioni di Crozza, nemico imperterrito del principio di non contraddizione:
"Occorre lottare contro l'evasione fiscale,
ma anche difendere gli evasori".
"Stiamo con i giovani precari,
ma anche con gli imprenditori che li sfruttano. Pacatamente".
“Mi sento
dentro e fuori il PD che ho fondato, perché io sono così, sono rimasto così, e continuo a essere convinto che una tavolozza a più colori sia più simile alla realtà della vita delle persone” (attenzione, quest’ultima citazione non è di Crozza, ma è autentica di Veltroni!
)
Che cosa significa la necessità di “accettare, anche senza condividere, i gusti altrui”?
Significa che dobbiamo evitare di prendere in giro chi non indossa orologi che incontrano il nostro gusto? Che non dobbiamo deprimerci se scopriamo che non tutti la pensano come noi?
A me sembra che non serva, a questo scopo, il rifiuto degli “steccati”: basta il minimo sindacale di buona educazione e di equilibrio mentale…
Se invece significa che non si deve cercare di avere idee chiare e di affinarle, che si deve rinunciare a esporle e argomentarle...
Si, secondo me le regole dell'eleganza possono evolvere. Ma la domanda da farsi è: si sono evolute? Cioè , esiste un concetto diverso di eleganza che è sufficientemente largamente condiviso? Esiste una sorta di nuovo classico? No, direi che si possa dire che non esiste. Esistono tante cose nuove, diverse, stili, ma un nuovo classico elegante che ha sostituito il vecchio direi di no. Siamo in una epoca in cui vecchi modelli non vivono più, ma nuovi ancora definiti e accettati non ci sono e non è detto che ci saranno.
Cambiano gli stili, ma non cambiano i principî generali che regolano l’eleganza.
Se non si sono imposti stabilmente nuovi stili, capaci di soppiantare definitivamente il classico – che resta un riferimento, anche se sempre meno praticato –, è proprio perché i nuovi stili non sono elaborati coerentemente e lentamente, sulla base di principî di eleganza, ma sono imposti e aggiornati freneticamente, sulla base di logiche commerciali.
A ben vedere, l’eleganza - che significa “saper scegliere” - è un insieme di principî, un’aspirazione, il desiderio di camminare e di comprendere (Balzac ne ha scritto un trattato…). Nulla a che vedere con un generico e pigro “stare bene con se stessi”.
Poi possiamo decidere che non ci interessa, figurarsi.
i gusti sono soggettivi per definizione
Giusto. Ma l’estetica e l’eleganza sono una cosa diversa dai “gusti”…
A qualcuno (molti?) possono
legittimamente piacere persino cose orribili e sommamente ineleganti.
Io mi sono stupito molto quando ho potuto constatare che persino nei luoghi e nelle occasioni di massima formalità le regole classiche dell'eleganza classica non siano più rispettate, anzi siano apertamente violate senza che nessuno abbia qualcosa da ridire.
Questo significa solo che l’eleganza non è (in realtà non lo è mai stata) una convenzione sociale, un’espressione di conformismo.
Oggi il nuovo conformismo è proprio quello del look appariscente, “disinvolto”, “trasgressivo”.
Insomma: ognuno è indubbiamente “libero” di indossare gli orologi che gli pare.
Ma le dimensioni – come anche le forme, il disegno, le finiture, il pregio meccanico, la cura costruttiva, i materiali – non sono indifferenti alla qualità dell’orologio
da polso.