Orologico Forum 3.0

Raul Pages

ilcommesso

Re:Raul Pages
« Risposta #105 il: Novembre 01, 2017, 14:16:30 pm »

Lego

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Re:Raul Pages
« Risposta #106 il: Novembre 01, 2017, 14:20:23 pm »
Alcune puntualizzazioni:

Journe, anno 2017, è tarato sui 900 pezzi annui.
Se sicuramente è indipendente come azienda e come mente creativa, lo è un po ' meno per altri aspetti.
La produzione lo pone più a livello industriale che artigianale; l'organigramma è particolarmente "staffato": amministratore delegato, direttore generale, responsabile finanza, direttore commerciale, ...
La struttura stessa ha un'impostazione più industriale, anche e soprattutto nel concetto, tipicamente svizzero, di separare in modo molto gerarchico le varie competenze - concetto opposto da Voutilainen, per esempio - specie per il personale più tecnico: rifinitori, rhabilleur (che sono gli assemblatori, quelli che erroneamente vengono definiti orologiai, ma che non lo sono, perché nulla progettano ma solo assemblano e riparano, senza per questo nulla togliere alle loro capacità, competenze e preparazione).
Journe ha anche una fabbrica di quadranti e una fabbrica di casse, alla periferia di Ginevra, poco distante dall'Atelier.

Il Chronomètre Bleu quota a listino oramai 25k euro, euro più euro meno a seconda del cambio.

La grande differenza fra un indipendente, Journe compreso, ed una realtà prettamente industriale la si comprende ed assapora incontrando queste persone, parlando con loro, visitando con loro i loro Ateliers.
E' una realtà che altrimenti difficilmente si percepisce, e che poi più nettamente si riesce a contrapporre ad esperienze di realtà diversamente e maggiormente - dimensionalmente - organizzate.

Errol

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Re:Raul Pages
« Risposta #107 il: Novembre 01, 2017, 14:31:09 pm »
Mi piacerebbe che qualcuno riuscisse  a spiegarmi perché se uno produce 900 orologi con 50 dipendenti può definirsi indipendente rispetto a chi ne produce 9000 con 500 dipendenti oppure 90.000 con 5000 dipendenti .

Uno che produce 900 orologi è una impresa, più piccola di chi ne produce molti di più ma sempre impresa è. Uno come Journe, che chi mi conosce sa quanto l’ho amato e quanto lo amo tutt’ora, gli orologi che produce, forse con qualche eccezione, non sa nemmeno più come sono fatti. A qui livelli di fatturato e spese c’è chi li disegna (magari sulle sue linee guida), chi sviluppa i calibro, i prototizzatori, ecc ecc.
Per me, e ripeto per me, indipendente è chi un orologio lo disegna, lo sviluppa e lo produce, con le sue mani non con quelle degli altri.

È una diversa visione del concetto di indipendente è non voglio convincere nessuno. Per me è così
« Ultima modifica: Novembre 01, 2017, 14:33:03 pm da Errol »
        

S.M.

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Re:Raul Pages
« Risposta #108 il: Novembre 01, 2017, 15:09:47 pm »
Ho riesumato una vecchia discussione a riguardo.

Interessante....
Ciò che non si muove non si usura.......Quello che non c'è non si rompe.

ilcommesso

Re:Raul Pages
« Risposta #109 il: Novembre 01, 2017, 16:12:40 pm »
Mi piacerebbe che qualcuno riuscisse  a spiegarmi perché se uno produce 900 orologi con 50 dipendenti può definirsi indipendente rispetto a chi ne produce 9000 con 500 dipendenti oppure 90.000 con 5000 dipendenti .
..................

È una diversa visione del concetto di indipendente è non voglio convincere nessuno. Per me è così

Journe ha ampliato la gamma ed ingrandito l'azienda, normale che non si metta a controllare di persona ogni orologio che produca.
Ma non ho dubbi che i nuovi calibri nascano tutti dalla sua mente.
Dufour sarà un grandissimo orologiaio, ma per me la sua produzione è di nessun interesse, paragonata a quella di Journe.
Non in termini qualitativi ma quantitativi.
Resonance, Grande et Petit sonnerie, centigraphe... se non avesse validi collaboratori, forse avremmo solo un altro bravissimo lucidatore di biselli e non avremmo visto tutto questo  ::)

Lange ha sui 500 dipendenti e produce 5-6000 orologi (forse oggi di più) ma non è indipendente poichè si inserisce in un gruppo in cui sinergie e risorse economiche sono di ordini di grandezza molto imparagonabili a chi fatturi pochi milioni.

Richard Mille è indipendente ma in realtà gli fanno tutto Vaucher e R&P, quindi il termine di indipendente in realtà serve a ben poco  ;D

Per me l'indipendenza è un concetto identificabile in autonomia produttiva e costruttiva,ma spesso non riesce a coniugare entrambi i termini.

S.M.

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Re:Raul Pages
« Risposta #110 il: Novembre 01, 2017, 16:27:53 pm »
Certo che 900 pezzi l'anno per Journe mi sembrano pochini.

Per carità, non ho notizie che dicano il contrario, anzi tutto va in questa direzione, però fatico a credere che riesca a mantenere quel popò di struttura che ha messo su, comprese le esclusive boutique monomarca, con il ricavato dalla vendita di soli 900 orologi.

Se è così, è ancora più degno di ammirazione perchè dimostra che con prezzi tutto sommato onesti (parlando di alta orologeria) si riescono a tirar su dei bei profitti mantenendo la qualità eccelsa.

Ciò che non si muove non si usura.......Quello che non c'è non si rompe.

Re:Raul Pages
« Risposta #111 il: Novembre 01, 2017, 17:15:38 pm »
Mi piacerebbe che qualcuno riuscisse  a spiegarmi perché se uno produce 900 orologi con 50 dipendenti può definirsi indipendente rispetto a chi ne produce 9000 con 500 dipendenti oppure 90.000 con 5000 dipendenti .
..................

È una diversa visione del concetto di indipendente è non voglio convincere nessuno. Per me è così

Journe ha ampliato la gamma ed ingrandito l'azienda, normale che non si metta a controllare di persona ogni orologio che produca.
Ma non ho dubbi che i nuovi calibri nascano tutti dalla sua mente.
Dufour sarà un grandissimo orologiaio, ma per me la sua produzione è di nessun interesse, paragonata a quella di Journe.
Non in termini qualitativi ma quantitativi.
Resonance, Grande et Petit sonnerie, centigraphe... se non avesse validi collaboratori, forse avremmo solo un altro bravissimo lucidatore di biselli e non avremmo visto tutto questo  ::)

Lange ha sui 500 dipendenti e produce 5-6000 orologi (forse oggi di più) ma non è indipendente poichè si inserisce in un gruppo in cui sinergie e risorse economiche sono di ordini di grandezza molto imparagonabili a chi fatturi pochi milioni.

Richard Mille è indipendente ma in realtà gli fanno tutto Vaucher e R&P, quindi il termine di indipendente in realtà serve a ben poco  ;D

Per me l'indipendenza è un concetto identificabile in autonomia produttiva e costruttiva,ma spesso non riesce a coniugare entrambi i termini.

R.M. ha un socio che si chiama Audemars Piguet, infatti i calibri sono tutti realizzati da Papi...  proprio indipendente non direi

Re:Raul Pages
« Risposta #112 il: Novembre 01, 2017, 17:26:19 pm »
Per me indipendente è l'atelier, o piccola impresa, nata dalle idee, movimenti e design di un grande orologiaio, indipendente economicamente dalle grandi Maisons del settore.
Orologi ideati e studiati dal fondatore e proprietario che per questi motivi ricalcano lo stile, l'ingegno e volendo, anche i difetti del suo deus ex machina

Ad esempio, l'ultimo vincitore del GPHG, la Ferdinand Berthoud 1753, è stata presentata come un'indipendente, e il suo Chronomètre FB 1.3, questa straordinaria creazione ha anche molte peculiarità che potrebbero ricondurla all'atelier di un indipendente, se non fosse che la società è stata creata ed è mantenuta con i fondi di Chopard quindi immagino non sia del tutto indipendente, inoltre non c'è un unico orologiaio dietro ma un team e quindi sarà difficile in futuro ritrovare uno stile univoco in tutte le creazioni.
« Ultima modifica: Novembre 01, 2017, 17:44:06 pm da claudio969 »

Istaro

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Re:Raul Pages
« Risposta #113 il: Novembre 01, 2017, 19:56:14 pm »
Bellissima discussione che leggo con grande attenzione, pur non avendo modo, in questo periodo, di offrire un contributo assiduo.
Intervengo solo con due integrazioni.

Si è parlato di alcuni grandi indipendenti come di “artisti”. Definizione a mio avviso inappropriata, perché confonde l’artista con l’artigiano (che può essere artigiano eccelso).

Difficile in due righe esprimere che cos’è davvero “arte”, tema su cui si sono spesi negli ultimi secoli fiumi di inchiostro, senza ovviamente giungere a definizioni universalmente condivise.
Vorrei solo sottolineare che negli splendidi orologi di cui parliamo troviamo sì alcune caratteristiche comuni a un’opera d’arte. Caratteristiche necessarie  per parlare di un oggetto d’arte, ma non sufficienti.

Non è sufficiente, per parlar d’arte, l’unicità  del manufatto: tutte – o quasi - le opere d’arte sono uniche; ma lo sono in diversa misura quasi tutti i prodotti artigianali, peraltro a prescindere dalla qualità. E possono essere unici persino prodotti industriali: un grande yacht di lusso è “unico”, ma non ha nessuna finalità artistica.
Non è sufficiente neppure l’originalità/creatività, che può essere propria di “normali” beni di consumo, per i quali l’originalità dell’idea è protetta dal brevetto. (Senza contare che l’originalità può essere espressione davvero di un’idea geniale, motivo di un avanzamento della conoscenza; ma anche semplice esercizio fine a se stesso e privo di interesse generale).
Nemmeno è sufficiente la perizia realizzativa, perché la padronanza della tecnica artistica è solo una componente dell’operare artistico.
Infine, per quanto l’arte sia un linguaggio estetico, neanche la semplice bellezza  è sufficiente a distinguere lo splendido manufatto artigianale (o industriale) da quello artistico.

Insomma: un’opera d’arte dev’essere sì unica, espressione di originalità creativa, realizzata con abilità difficilmente replicabile, esteticamente apprezzabile.
Ma deve anche costituire una forma di comunicazione dell’artista. Il quale rappresenta la realtà, secondo la propria interpretazione; o trasmette un messaggio ideale, un’intuizione conoscitiva, un sentimento.

Nulla a che vedere, mi sembra, con gli orologi – anche straordinari - di alcuni indipendenti: espressione di altissime forme di artigianato; ma non di “arte”.
Forse uno dei pochi orologiai-artisti (almeno secondo la mia limitata conoscenza della storia dell’orologeria) fu Breguet, il quale non si limitò a creare orologi unici e meravigliosi, ma seppe anche, in qualche modo, ridefinire la natura del segnatempo e, quindi, il suo significato nell’immaginario collettivo.
"Non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)

Istaro

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Re:Raul Pages
« Risposta #114 il: Novembre 01, 2017, 20:00:00 pm »
Il secondo aspetto su cui mi vorrei soffermare è quello sulla “contrapposizione” tra pregio tecnico e cura delle finiture.

Se ne è parlato altre volte.
A me sembra che se siamo appassionati di orologeria meccanica – e non appassionati di tecniche decorative… - l’emozione principale debba venire dalla tecnica orologiera, in tutti i suoi aspetti: raffinatezza delle complicazioni, qualità della cronometria, affidabilità, materiali, miniaturizzazione, usabilità, ecc.

Ciò non toglie che un “grande” orologio, tecnicamente parlando, merita, innanzitutto, un grande disegno; ed anche, secondariamente, grandi finiture.
Come le “grandi” auto (spesso ci piace attingere a quel settore per le metafore): hanno quasi sempre avuto linee da sogno; a volte anche interni di lusso.
Però le finiture eccelse applicate a un calibro “normale” (o con variazioni nel disegno non motivate da reali benefici dimensionali o funzionali, ecc.) restituiscono un segnatempo sì pregevolissimo, ma che non dovrebbe far scaldare i cuori più di una grande complicazione; né giustificare cifre da capogiro.

Per queste considerazioni generali mi sento in sintonia con quanto scritto finora da Stefano, soprattutto con riferimento a certi solo tempo da 50.000 cucuzze.
Ma concordo con Claudio quando ricorda che il tutto non può essere ridotto a una schermaglia “indipendenti sì / indipendenti no”, visto che anche e soprattutto tra gli indipendenti troviamo realizzazioni pregevolissime sul piano tecnico (il fatto che siano “innovative”, invece, mi emoziona meno: apprezzo le innovazioni che si dimostrino davvero migliori delle realizzazioni che le hanno precedute).
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Re:Raul Pages
« Risposta #115 il: Novembre 01, 2017, 20:32:07 pm »
Bellissima discussione che leggo con grande attenzione, pur non avendo modo, in questo periodo, di offrire un contributo assiduo.
Intervengo solo con due integrazioni.

Si è parlato di alcuni grandi indipendenti come di “artisti”. Definizione a mio avviso inappropriata, perché confonde l’artista con l’artigiano (che può essere artigiano eccelso).

Difficile in due righe esprimere che cos’è davvero “arte”, tema su cui si sono spesi negli ultimi secoli fiumi di inchiostro, senza ovviamente giungere a definizioni universalmente condivise.
Vorrei solo sottolineare che negli splendidi orologi di cui parliamo troviamo sì alcune caratteristiche comuni a un’opera d’arte. Caratteristiche necessarie  per parlare di un oggetto d’arte, ma non sufficienti.

Non è sufficiente, per parlar d’arte, l’unicità  del manufatto: tutte – o quasi - le opere d’arte sono uniche; ma lo sono in diversa misura quasi tutti i prodotti artigianali, peraltro a prescindere dalla qualità. E possono essere unici persino prodotti industriali: un grande yacht di lusso è “unico”, ma non ha nessuna finalità artistica.
Non è sufficiente neppure l’originalità/creatività, che può essere propria di “normali” beni di consumo, per i quali l’originalità dell’idea è protetta dal brevetto. (Senza contare che l’originalità può essere espressione davvero di un’idea geniale, motivo di un avanzamento della conoscenza; ma anche semplice esercizio fine a se stesso e privo di interesse generale).
Nemmeno è sufficiente la perizia realizzativa, perché la padronanza della tecnica artistica è solo una componente dell’operare artistico.
Infine, per quanto l’arte sia un linguaggio estetico, neanche la semplice bellezza  è sufficiente a distinguere lo splendido manufatto artigianale (o industriale) da quello artistico.

Insomma: un’opera d’arte dev’essere sì unica, espressione di originalità creativa, realizzata con abilità difficilmente replicabile, esteticamente apprezzabile.
Ma deve anche costituire una forma di comunicazione dell’artista. Il quale rappresenta la realtà, secondo la propria interpretazione; o trasmette un messaggio ideale, un’intuizione conoscitiva, un sentimento.

Nulla a che vedere, mi sembra, con gli orologi – anche straordinari - di alcuni indipendenti: espressione di altissime forme di artigianato; ma non di “arte”.
Forse uno dei pochi orologiai-artisti (almeno secondo la mia limitata conoscenza della storia dell’orologeria) fu Breguet, il quale non si limitò a creare orologi unici e meravigliosi, ma seppe anche, in qualche modo, ridefinire la natura del segnatempo e, quindi, il suo significato nell’immaginario collettivo.

D'accordo con molte delle cose che affermi ma non nelle conclusioni, l'arte ha avuto per secoli scopi essenzialmente di cronaca che ha perso con la nascita della fotografia. L'ultimo secolo ci ha offerto un'arte più libera da questi obblighi altrimenti dovremmo dire che l'arte dinamica del gruppo 0 di Kazuo Shiraga o il grande Pollock non sono artisti...
Il discorso ci porterebbe lontano e OT, in conclusione io ritengo che tutti gli artigiani che eccellono nel loro campo e arrivano a miscelare idee geniali e tecnica sopraffina non sono soltanto rari ma sono artisti... così come pittori e scultori quando eccellono nel loro campo con originalità e unicità possono definirsi artisti.
Se Breguet era un artista, non si può dire diversamente di Daniels, Dufour, Voutilainen, ecc...
« Ultima modifica: Novembre 01, 2017, 21:05:16 pm da claudio969 »

Errol

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« Risposta #116 il: Novembre 01, 2017, 21:35:53 pm »
Bellissima discussione che leggo con grande attenzione, pur non avendo modo, in questo periodo, di offrire un contributo assiduo.
Intervengo solo con due integrazioni.

Si è parlato di alcuni grandi indipendenti come di “artisti”. Definizione a mio avviso inappropriata, perché confonde l’artista con l’artigiano (che può essere artigiano eccelso).

Difficile in due righe esprimere che cos’è davvero “arte”, tema su cui si sono spesi negli ultimi secoli fiumi di inchiostro, senza ovviamente giungere a definizioni universalmente condivise.
Vorrei solo sottolineare che negli splendidi orologi di cui parliamo troviamo sì alcune caratteristiche comuni a un’opera d’arte. Caratteristiche necessarie  per parlare di un oggetto d’arte, ma non sufficienti.

Non è sufficiente, per parlar d’arte, l’unicità  del manufatto: tutte – o quasi - le opere d’arte sono uniche; ma lo sono in diversa misura quasi tutti i prodotti artigianali, peraltro a prescindere dalla qualità. E possono essere unici persino prodotti industriali: un grande yacht di lusso è “unico”, ma non ha nessuna finalità artistica.
Non è sufficiente neppure l’originalità/creatività, che può essere propria di “normali” beni di consumo, per i quali l’originalità dell’idea è protetta dal brevetto. (Senza contare che l’originalità può essere espressione davvero di un’idea geniale, motivo di un avanzamento della conoscenza; ma anche semplice esercizio fine a se stesso e privo di interesse generale).
Nemmeno è sufficiente la perizia realizzativa, perché la padronanza della tecnica artistica è solo una componente dell’operare artistico.
Infine, per quanto l’arte sia un linguaggio estetico, neanche la semplice bellezza  è sufficiente a distinguere lo splendido manufatto artigianale (o industriale) da quello artistico.

Insomma: un’opera d’arte dev’essere sì unica, espressione di originalità creativa, realizzata con abilità difficilmente replicabile, esteticamente apprezzabile.
Ma deve anche costituire una forma di comunicazione dell’artista. Il quale rappresenta la realtà, secondo la propria interpretazione; o trasmette un messaggio ideale, un’intuizione conoscitiva, un sentimento.

Nulla a che vedere, mi sembra, con gli orologi – anche straordinari - di alcuni indipendenti: espressione di altissime forme di artigianato; ma non di “arte”.
Forse uno dei pochi orologiai-artisti (almeno secondo la mia limitata conoscenza della storia dell’orologeria) fu Breguet, il quale non si limitò a creare orologi unici e meravigliosi, ma seppe anche, in qualche modo, ridefinire la natura del segnatempo e, quindi, il suo significato nell’immaginario collettivo.

D'accordo con molte delle cose che affermi ma non nelle conclusioni, l'arte ha avuto per secoli scopi essenzialmente di cronaca che ha perso con la nascita della fotografia. L'ultimo secolo ci ha offerto un'arte più libera da questi obblighi altrimenti dovremmo dire che l'arte dinamica del gruppo 0 di Kazuo Shiraga o il grande Pollock non sono artisti...
Il discorso ci porterebbe lontano e OT, in conclusione io ritengo che tutti gli artigiani che eccellono nel loro campo e arrivano a miscelare idee geniali e tecnica sopraffina non sono soltanto rari ma sono artisti... così come pittori e scultori quando eccellono nel loro campo con originalità e unicità possono definirsi artisti.
Se Breguet era un artista, non si può dire diversamente di Daniels, Dufour, Voutilainen, ecc...

Scusa se rispondo sempre a te... ma, esagerando, Breguet era un genio, gli altri sono manovalanza specializzata
        

Bertroo

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Re:Raul Pages
« Risposta #117 il: Novembre 01, 2017, 22:07:00 pm »
🤣🤣🤣

fansie

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Re:Raul Pages
« Risposta #118 il: Novembre 02, 2017, 10:20:46 am »
Scusa se rispondo sempre a te... ma, esagerando, Breguet era un genio, gli altri sono manovalanza specializzata
[/quote]


Breguet ha inventato tutto, ma dire che gli altri sono manovalanza specializzata è un po' limitativo per gli altri, che comunque in alcuni casi, sono stati artefici di idee assolutamente geniali.

Altrimenti portando l'esempio alla musica, si potrebbe dire che i Beatles sono i geni (perchè hanno inventato e portato alla diffusione il 90% dei generi musicali attuali) e gli altri, muovendosi in un contesto giá delineato, sono tutti manovalanza specializzata. Invece per me, altri gruppi e compositori che sono venuti dopo e magari si sono mossi in un contesto giá definito, sono comunque stati dei grandi artisti.

Poi chiaramente, alla domanda chi è stato il gruppo piú importante nella storia della musica, dai Rolling Stones, a David Gilmour, agli U2, tutti, intervistati, hanno detto i Beatles. Cosí come (immagino), se si chiedesse a Journe, a Papi, a Calabrese, eccetera.. tutti questi direbbero che il piú grande genio nella storia dell'orologeria è stato Breguet.

Si fa per parlare eh... ho detto la mia  :D
Federico

Bertroo

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Re:Raul Pages
« Risposta #119 il: Novembre 02, 2017, 11:36:16 am »
Tra i geni ci metterei anche Daniela vicino a Breguet.