Ritorniamo per un attimo al Micro rotore e usciamo per un attimo dalla sua estetica affascinante.
Perché nascono gli orologi a Micro rotore? Perché negli anni 60 con l'avvento del l'automatico ormai abbondantemente sviluppato e collaudato sin dai tempi dei primi sistemi messi a punto da Harwood ci si pone l'obbiettivo di realizzare calibri automatici ultrapiatti e in quanto tali adatti ad ospitare platine aggiuntive come quelle del calendario perpetuo, tradizionalmente utilizzato su orologi classici ed eleganti, quindi di diametro e spessore sufficientemente contenuti per la tipologia.
I produttori rispondono a questa sfida mettendo a punto soluzioni estreme e non convenzionali, diverse tra loro, ma tutte ugualmente affascinanti e ardite. Che sono la ragione principale che definisce il fascino di questa tipologia di calibri, tra cui quelli a Micro rotore di UG e Piaget, ancor più di Quanto non lo siano gli ultraplat manuali.
Che senso ha, quindi, in micro rotore su un calibro di spessore "convenzionale" ottenibile con una soluzione altrettanto convenzionale? E ancor più che senso ha un Micro rotore che non dovendo garantire nessun eccezionale contenimento dello spessore non offre nemmeno una soluzione particolarmente ardita e affascinante per la sua implementazione?
Per capire, da questo punto di vista, la differenza concettuale tra un UG 66 e un Chopard x.96 basta osservare il modo incredibile in cui il Micro rotore e la ruota di carica automatica sono integrate nell'UG.
Ci aiuta in questo senso l'esploso del 240, in cui si vede come il tutto é congegnato
Il tutto é assemblato e tenuto in posizione dalla ruota 1497 la cui parte centrale, fissa, é ancorata alla platina per mezzo della piccola vite 51143, mentre la parte mobile a cui è ancorata la massa oscillante per mezzo delle due viti 51497 è libera di ruotare sulla parte fissa attraverso sette microsfere.
Le suddette microsfere non possono vagare in quanto bloccate in posizione dalla particolare calettatura dell'anima della ruota, e oltre a permettere lo scorrimento della parte esterna su quella interna impediscono che le due parti abbiano gioco verticale, garantendo così che la massa oscillante non possa muoversi verticalmente. Tutto il sistema, inclusa la ruota 1165 montata sul ponte basculante e vincolata nel medesimo modo attraverso le microsfere in acciaio, ha uno spessore contenuto nello spessore della platina!
Questa é tutta la differenza che c'è tra un estremo calibro ultrapiatto e un convenzionale calibro demiplat, l'ingegno e l'ardimento delle soluzioni adottate per risparmiare quella manciata di decimi di millimetro. Che non fanno il "pregio" di un calibro, ne sono solo il risultato misurabile.
Correvano i ruggenti anni 60, quando ancora i cnc non esistevano e realizzare parti meccaniche con quelle dimensioni e quelle tolleranze era una vera sfida che solo pochissimi potevano raccogliere e vincere.
Altro che amplitudini e masturbazioni da cronocomparatore, buona parte della differenza tra una macchina estrema e una convenzionale é tutta qui.