Gli amanti dei diametri contenuti e dello stile equilibrato esistono ancora (forse sono davvero pochi quelli che uniscono anche la competenza tecnica).
Perché non coltivare questa nicchia di mercato, almeno con parte della propria produzione?
Secondo me, chi insegue soltanto la tendenza prevalente manifesta anche una certa miopia imprenditoriale: perché la tendenza prevalente sembra quella più ricca di occasioni, ma è anche quella più affollata di concorrenti...
Con l'ultimo periodo non sono d'accordo per nulla. Sarebbe miope imprenditorialmente fare oggi un orologio da uomo di 36 mm, o piatto, perché non si vende. Il numero di appassionati che apprezzano queste cose è talmente basso che lo vedi dalle quotazioni attuali degli orologi di piccole dimensioni: te li tirano dietro, qualunque marchio abbiano sopra. E allora una persona agli inizi che deve vivere su un solo modello, con un nome sconosciuto, con un pezzo che per come è lavorato e costruito sarà già molto costoso, figurati se razionalmente può mettersi pure a rischiare su diametri piccoli...non capire questo vuole dire per me essere accecati da fissazioni per cui si pensa che il proprio sia il gusto di tutti. Ma così non è.
Come è stato spiegato molte volte oggi costruire orologi più piccoli è molto ma molto più facile che in passato. Ma per affermarli sul mercato ci vuole una forza di mercato. Non è mai un marchio piccolo o giovane che crea una moda. Pertanto è incomprensibile avere pretese verso questi artigiani che non si hanno verso i grandi costruttori: loro sì che avrebbero teoricamente la forza di imporre un ritorno alle piccole dimensioni, forse. Se non lo fanno loro, come si può pretendere che lo possa fare un piccolo artigiano? Se qualcuno me lo spiega lo ringrazio.
Io non sostenevo che i marchi piccoli o gli artigiani debbano "creare una moda" o invertire le tendenze (anche se a volte accade...).
A me sembra, semplicemente, che una nicchia di mercato per gli orologi “classici” esista ancora: alcuni modelli di diametro contenuto sono ancora in catalogo delle maisons, e qualcosa vendono.
Peraltro, il cane si morde la coda: esistono clienti (pochi, ma esistono) che vorrebbero diametri o spessori contenuti per certe tipologie di orologio; e, non trovando tali orologi, sono costretti a ripiegare su dimensioni più grandi (con il negoziante che non vuole avere troppe giacenze e ti fa il lavaggio del cervello: “ormai si usano solo così!”). Clienti, quindi, arruolati loro malgrado nel novero di quelli che richiederebbero dimensioni eccessive…
Questa nicchia, che esiste, sicuramente potrebbe essere meglio coltivata.
Teniamo conto che parliamo di prodotti i cui costi variabili (spese di lavorazione per il singolo pezzo) hanno incidenza molto maggiore dei costi fissi, anche a causa dello scarso contenuto di innovazione tecnologica applicato allo sviluppo dei singoli modelli (lo constatiamo con scarso entusiasmo, ma così è).
Prendendo in considerazione innanzitutto le grandi maisons, queste hanno costi fissi di tipo generale (impianti, personale, marketing, assistenza, ecc.) che possono agevolmente spalmare sul complesso della loro produzione.
Sono in grado, quindi, di destinare “parte della produzione” (come scrivevo) a prodotti classici, senza che questo comporti costi marginali rilevanti e senza eccessive preoccupazioni sui livelli di queste vendite (ricordiamo anche i margini di profitto di ogni esemplare…).
Alcune già lo fanno, ma solo per poche referenze. Costituirebbe davvero un piccolo sforzo allargare il numero delle referenze disponibili, magari proponendo lo stesso modello in versioni diverse: un solotempo in versione 34 e 37 mm; un complicato in versione 36 e 40 mm. Alle versioni più piccole… basta non mettere la ciambella!
Altro discorso – che richiederebbe altro tipo di investimenti – è l’impegno a rilanciare su larga scala la moda dell’orologio classico. In teoria si può fare (proponendolo come nuovo standard di esclusività, coinvolgendo testimonial di prestigio, ecc.), ma i margini di rischio imprenditoriale sono in questo caso considerevolmente più alti, per cui la riluttanza è comprensibile.
Se parliamo poi degli indipendenti o degli artigiani, questi hanno costi fissi sensibilmente minori. Cosicché il discorso, mutatis mutandis, non cambia molto…
Capisco la riluttanza di un piccolo produttore a proporre solo orologi classici, perché per farsi un nome bisogna proporre anche articoli della tipologia (dimensioni) più richiesta. Ma, trattandosi di produttori che già nascono per coprire nicchie di marcato (quella degli amanti di un’orologeria particolarmente raffinata con lavorazione semiartigianale), dovrebbero essere mentalmente attrezzati anche per coprire “sottonicchie” come quella degli orologi classici.
Attenzione: si tratta di riuscire a piazzare alcune decine di pezzi! Non è certo impossibile, neanche in un mercato che ha un surplus di offerta (ma il punto è proprio quello di differenziare l’offerta…), se teniamo conto che il bacino di utenza è … tutto il mondo!
Non è impossibile, ma non è neanche facile, perché questa utenza di nicchia è molto frammentata e deve essere intercettata. Vent’anni fa non sarebbe stato possibile. Ma oggi c’è internet e la vendita per corrispondenza è ormai consuetudine…
Servono certamente capacità imprenditoriali, oltre che di tecnica orologiera: bisogna costruire un sito internet ben fatto, in più lingue, con contenuti capaci di esaltare il pregio dell’orologeria classica; bisogna saper organizzare una presenza sui social network; bisogna entrare in contatto con realtà associative che hanno un potenziale interesse per questa tipologia di prodotto “classico” (cultori dell’antiquariato, amanti del ben vestire, ecc.), magari proponendo accordi commerciali; bisogna saper offrire una personalizzazione spinta del prodotto…
E servono, infine, grande passione per un certo tipo di orologeria e un pizzico di coraggio (che, se accompagnato alle capacità, non è incoscienza).
Insomma, servono doti che sicuramente non possiamo chiedere al diciottenne che ci ha dato l’occasione per questo ragionamento (tralasciando la questione se la sua opera prima debba o meno avere un obiettivo commerciale). Ma, per esempio, le chiederei a Coyon…
Molto ben argomentato, ma non mi convince. Coyon mai per me potrebbe fare un orologio da 34 mm, non perché non ne sarebbe capace, ma perché sul piano imprenditoriale si condannerebbe all'insuccesso. Potresti teoricamente provare a proporre una cosa del genere se uno avesse una gamma completa di orologi di dimensioni considerate normali oggi, allora qualche esperimento si potrebbe anche fare considerato il grosso delle vendite assicurato. Ma non può essere Coyon a farlo. Forse potrebbe provarci Journe, ma perché poi mi chiedo, visto che comunque sarebbe una produzione di pochi esemplari che secondo me penerebbe a vendere. Non è vero che i costi fissi degli indipendenti siano più bassi, ritengo invece che sia vero l'esatto contrario. Producono poco quindi devono necessariamente caricare costi molto alti su pochi pezzi. Certo chi parte da calibri non di manifattura risparmia, ma non pensare che i costi siano bassi. Per uno poi che fa manifattura con pochi pezzi i costi sono alle stelle, ed è pure costretto ad avere margini ridotti alla vendita, perché non potrà vendere ai prezzi di AP o di Patek o di Vacheron. Quindi no, sarebbe una operazione commerciale per me insensata, senza sbocco possibile positivo. Se non inizieranno i grossi non saranno mai i piccoli a farlo, e non c'è niente da fare su questo.
Ma poi...di cosa stiamo discutendo? Perché come avevo risposto ad Ermanno oggi costruttori con modelli da uomo da 34 mm, eccetto un solo modello Nomos, non ci sono. C'è, ma è uscito da qualche mese un solo modello Lange da 35 mm. Ci sono alcuni Breguet da 35 mm che sono sopravvissuti in gamma, ma che poi dal vero non ho mai visto perché sono orologi che non chiede nessuno, anche se almeno uno di loro mi piace. Ci sono certo case che fortunatamente hanno ancora in listino qualche 37-38 mm, ma sono rimanenze del passato, non modelli nuovi. Qualcosa di nuovo si comincia a rivedere a 39 mm, ma poca roba. Insomma, questo è il mercato. Io sarei felice se tornassero le misure piccole, complessivamente più comode e belle, ma la vedo dura. Sarebbe già molto se tornasse una offerta significativa sui 38-39 mm.
Aggiungo poi che ritengo comunque eccessiva l'attenzione alle dimensioni della cassa. Perché concentrandoci su di essa perdiamo di vista fattori anche estetici più importanti. Il problema sono i tantissimi orologi che sono copie di copie malriuscite di orologi che un tempo erano classici. Si è perso in gran parte un certo tipo di gusto, di ricerca di equilibrio, e lo vedi da come vengono disegnati male tanti quadranti su orologi che si vorrebbero classici. Questo per me è un problema maggiore di quello delle dimensioni della cassa, ma che ha ragioni molto più profonde di essere e che non riguardano solo l'orologeria. Insomma, tanti dicono che bisogna valutare gli orologi in base ai tempi della loro commercializzazione, ma poi vedo che loro fanno l'esatto contrario, valutano l'orologeria di oggi solo con i criteri di un passato che è passato, e che difficilmente tornerà, direi quasi che certamente non tornerà. Ci si chiude in una pretesa quasi di superiorità di gusto ma in realtà quando si smette di capire il presente vuol dire che semplicemente si è vecchi, almeno mentalmente.