Orologico Forum 3.0

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persson

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« Risposta #15 il: Dicembre 10, 2008, 22:00:28 pm »
fabri5.5 ha scritto:

viene difficile crederlo ma chi si avvicina maggiormente al concetto manifattura è seiko.
arriva a produrre in casa i vetri e i lubrificanti per i propri movimenti.

ah, io i giapponesi nn li sottovalutati mai...

Uhren

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« Risposta #16 il: Dicembre 10, 2008, 22:55:45 pm »
alanford ha scritto:

La storia di rolex e della manifattura è a dir poco comica.
E' vero che quello è un SUO movimento ma è prodotto in milioni di esemplari, probabilmente più di tutti i movimenti eta usati da tutti messi insieme.
Per manifattura permettetemi di considerare un J.P.Journè ed altri capolavori del tipo.
Il resto sono chiacchiere e produzione di massa.

Non sono d'accordo con questo. Un produttore "che fa da se" ci mette del suo: ingegno, tecnologia e sviluppo. in molti casi ed in molti settori. Già questo per me giustifica un costo in più rispetto a chi si limita ad elaborare un calibro altrui, spesso aggiungendovi poco o nulla. Chi inventa, chi ci mette del suo, per me è da apprezzare "a prescindere", contro la dilagante omologazione dell'industria e del commercio. Meglio un calibro Rolex fatto da macchine e montato su milioni di orologi, ma studiato e progettato da ingegneri Rolex, che un'elaborazione del movimento che in molti casi è più lavoro da orafo che di orologiaio e montato su un unico orologio.
Pensate che molti pasticcieri oggi non fanno più nulla, ma si limitano a vendere cornetti o dolci prodotti da un produttore del luogo, che spesso rifornisce anche altre pasticcerie
Permettete dunque che se io conosco un pasticciere che produce da se sono più attratto? Meglio una nutella prodotta in miliardi di esemplari, ma fatta come sempre, piuttosto che un cornetto di un pasticciere comprato da un terzista. Che poi anche il prodotto del terzista possa essere buono, non si discute, ma io premio il "fare da se". Forse il termine manifattura è sbagliato, si dovrebbe parlare di calibro prodotto in casa...
 

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« Risposta #17 il: Dicembre 10, 2008, 23:02:01 pm »
Avrei voluto aprire una discussione proprio su questo tema, ma approfitto della discussione in corso per dire come la penso in merito.
Ho in arrivo a breve dalla Germania, due orologi; un Osco Parat e un junghans anni '50, ambedue "Manufakturwerk", laddove per manifattura si intende, se non mi sbaglio: "costruito per non meno dell'85% dalla stessa maison da cui prende il nome", giusto?
Se poi vogliamo attribuire alla definizione "di manifattura", l'ulteriore pregio di essere realmente un manufatto, cioè fatto a mano, sono veramente poche le maison che possono fregiarsi di un simile privilegio. L'impiego sempre più diffuso di apparecchiature a controllo numerico, fa si che costruirsi in casa la maggior parte dei componenti, sia diventato abbastanza "facile" (oltrechè più conveniente) il tutto, porta molte maison a potersi vantare di dotare la propria produzione di calibri "di manifattura", ma quanto c'è di manufatto, ovvero fatto a mano in queste meraviglie dell'orologeria? Qualche lappatura? Qualche scritta incisa a mano? E' sufficente? Ai posteri l'ardua sentenza!
Per contro, molte manifatture operanti negli scorsi decenni, non potendo ancora fare ricorso a tecnologie evolute come le attuali, erano "costrette" a ricorrere in larga parte alla costruzione basata essenzialmente sulla manualità degli addetti, quindi manifattura fatta a mano, anche se attrezzature meccaniche, erano impiegate già da allora. Potendo calcolare confrontandoli, i tempi di intervento manuale necessari alla costruzione di un singolo pezzo, ai giorni nostri e diciamo...50 anni fa, salterebbe subito all'occhio la differenza; molto più lunghi 50 anni fa.
Questa è un'altra delle ragioni per cui amo il vintage.[:D][:D][;)]

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« Risposta #18 il: Dicembre 10, 2008, 23:31:48 pm »
Ritengo abbastanza scontato che se 50 anni fa i singoli pezzi venivono finiti a lima o retificati con carta vetrata fine, oggi per qualsiasi component ci si affidi a controlli numerici, frese o retificatrici che siamo a discapiti del romanticismo ma a vantaggio di costi di gestione e precisione..le macchine anno permesso di produrre componenti sempre piu precisi ed all'evoluzione di tutta la meccanica in generale.
Quello che cambia sono sicuramente il grado di finitura e di conseguenza anche lo scarto e ,almeno penso il modo di assemblare e di curare i particolari.
Massimiliano Pancaldi

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« Risposta #19 il: Dicembre 10, 2008, 23:35:11 pm »
è senza dubbio motivo di riflessione vedere orologi che montano lo stesso calibro a prezzi molto diversi, ma non penso che gli ingegneri rolex siano migliori o peggiori  di quelli eta. chissà se rolex desse in fornitura per terzi i suoi milioni di calibri costerebbero più di 100 euro cosi come quelli eta

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« Risposta #20 il: Dicembre 10, 2008, 23:59:17 pm »
Sicuramente anche per rolex inciderà sul prezzo d'acquisto e non poco il brand...
d'altra parte è cosi per tutto..esempio : una sciarpa di lana nera costa al mercato 10 euro,di lana nera di prada ne costa 150,00...a meno che non sia fatta di platino trattato è ancora piu palese che il guadagno del sig. prada è notevole...eppure vende, facendo leva su chi segue le mode, il marchio prestigioso, conosciuto, prestigioso.
Diciamoci la verità, quanti andando a comprare un portoghese si interessano del fatto che abbia un movimento da 300 euro!? i pochi intenditori disposti magari a spenderne 2000 in piu per un iwc con movimento di manifattura dove anche la stessa iwc guadagna molto meno, ma a loro non interessa,perchò il 70% del fatturato lo fanno con il portoghese![:p]
Ford diceva: smettere di fare pubblicità equivale a smettere di guardare l'orologio per non fermare il tempo.
Massimiliano Pancaldi

ROGER

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« Risposta #21 il: Dicembre 11, 2008, 09:12:44 am »
Messaggio di maxmodena

Buondi',
Sarei curioco di sapere, perche si trovano in commercio orologi che pur montando lo stesso movimento ( es. eta valjoux ) hanno tra di loro differenze di prezzo che possono errivare anche a 20,000 euro??
Potrei capire un movimento di manifattura..
Quali altre particolari incidono sul prezzo di un'orologio e quanto incide il brand???[:D][:D][:D]
Grzie


La risposta è semplice: perchè in realtà NON montano lo stesso movimento!
Dire che il movimento è di base V7750 (tra parentesi, uno dei movimenti più affidabili e meglio progettati in produzione) non significa che alla fine SIA LO STESSO movimento.

Già all'origine un produttore può comprare solo l'ebauche e svilupparci sopra le proprie particolarizzazioni... può comprare il movimento grezzo e farsi in casa le finiture (hai idea delle ore di lavoro artigianale per ornare i ponti, smussare tutti gli angoli, ecc.?)... o può comprare il movimento già rifinito, anche qui a diversi livelli di finitura. Ne consegue grandissima differenza di prezzo solo sul movimento.

Ma un orologio NON E' solo MOVIMENTO!
I materiali, la progettazione e l'assemblaggio di cassa, vetro, quadrante, lancette... fanno un grandissima differenza, sia sul valore reale del prodotto finito, sia sul suo costo!

.::R063R::.

Manu

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« Risposta #22 il: Dicembre 11, 2008, 11:05:10 am »
davvero
me lo son sempre domandato pure io
vedi certi crono a 700/800/1000 euro
e altri..col medesimo mov..a 7000/8000

Airangel

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« Risposta #23 il: Dicembre 11, 2008, 11:12:04 am »
quello che ha scritto roger è giusto....però....forse sono lavorazioni un pò troppo sovrastimate....in tempi di cnc (le vere manifatture si contano sulle dita di una manco pure monca)....per me quello che pesa e molto è il blasone, perchè questi, non dimentichiamolo.....hanno dei margini da far venire i brividi...[B)]

Manu

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« Risposta #24 il: Dicembre 11, 2008, 11:15:18 am »
da qualche parte ho letto che eta-valjoux lo produce e vende alla case in tre diversi gradi di rifinitura: certo, che ci sian "migliaia" di euro tra la "a" e la "c" mi dà da pensare un po'. giusto quello che dice airangel, un po' sovrastimate..certe cose!

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« Risposta #25 il: Dicembre 11, 2008, 18:23:54 pm »


orologi 213 - novembre 2007
 

 
QUANDO SI DICE "MANIFATTURA"

Visitando le sedi produttive della Girard-Perregaux, discutendo con i responsabili e, soprattutto, considerando la grande disponibilità di risorse impiegate, è possibile comprendere appieno la vera realtà di una manifattura, ben oltre le parole e i proclami cui siamo abituati
Una linea di produzione per piccole serie di movimenti. Si contano diverse teste ciascuna con vari utensili. I pezzi, caricati a monte, percorrono il ciclo di lavorazione passando sotto di esse per le varie operazioni.
 
Per i calibri complicati, non prodotti in grandi serie, si utilizzano macchine con una sola testa e tantissimi utensili. La platina rimane sempre ferma sulla tavola portapezzi e subisce tutte le lavorazioni.
 
Tutti i pezzi grezzi vengono verificati per controllare la precisione delle lavorazioni, i fori e i vari centraggi.
 
Un quadrante in smalto di una serie particolare rappresenta i confini della Repubblica Popolare Cinese. A destra il lavoro di preparazione eseguito con filo in oro per contenere i diversi colori di smalto entro gli spazi voluti.
 
Un'attrezzatura fotografica avanzata collegata a un computer permette di fotografare e fissare sullo schermo tutti i punti di contatto dei denti della ruota di scappamento sulle leve dell'àncora. Il controllo viene fatto su tutti gli orologi prodotti.
 
Nel reparto in cui vengono rifiniti e montati i tourbillon non ci sono macchine utensili di alcun tipo. Regna sovrana la manualità degli orologiai.
 
La tipica gabbia del tourbillon con tutte le sue componenti montate, divenuta il vero simbolo della Manifattura.
 
Il lavoro di lucidatura di un ponte di tourbillon eseguita con bastoncino di bosso.
 
Il delicato lavoro di incisione del motivo floreale sulla platina di un tourbillon scheletrato, eseguita rigorosamente a mano.
 
Quattro lime diverse servono non già a levigare i pezzi bensì a rifare il filo a tenerissimi bastoncini di bosso che, intrisi di pasta diamantata di granulometria infinitesima, vengono utilizzati per lucidare le componenti.
 
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E' la prima cosa che Luigi Macaluso ha tenuto a precisare durante il nostro incontro. In pochissimi altri casi il termine "manifattura" è così calzante come per Girard-Perregaux. La dimostrazione è il grandissimo numero di movimenti che la Casa produce e che la rende, di fatto, del tutto indipendente. Se la maggior notorietà tra gli appassionati è senz'altro legata al tourbillon su tre ponti d'oro (inserito in molti modelli di alta orologeria), gli orologi di manifattura - come vengono chiamate le collezioni diciamo "semplici" - sono animati da ben quattro serie di calibri automatici di base, destinati sia al pubblico maschile che femminile, che spaziano dalle 8 linee e 3/4 (19,4 millimetri) alle 13 linee e 1/4 (30 millimetri).
Tutte le complicazioni sono presenti in catalogo, dalla gran data con riserva di carica e fasi di luna alle ore del mondo, al cronografo con ruota a colonne, per passare a calendari perpetui, ripetizioni a minuti e chi più ne ha più ne metta. Il tutto ideato, progettato e prodotto "in house". Non mancano neppure tre calibri al quarzo di differente diametro, dotati dei più moderni aggiornamenti tecnologici, testimoni dello spirito pionieristico che ha contraddistinto la Girard-Perregaux fin dall'introduzione della nuova tecnologia, alla fine degli anni '60: non vengono attualmente utilizzati per orologi in collezione e sono venduti a terzi ma, rifiniti come sono, non sfigurerebbero certamente dentro un Girard-Perregaux, anzi - è un'idea di chi scrive, è chiaro - meriterebbero di essere ammirati da un fondello a vista. Il Presidente ci ha riferito di avere qualche idea in proposito...
Del Sowind Group, cui fa capo oltre a Girard-Perregaux anche la consorella JeanRichard, tengono saldamente le redini Luigi Macaluso e i suoi due figli Stefano e Massimo. Gli ultimi due, rispettivamente al comando di Girard-Perregaux e di JeanRichard, pur giovanissimi hanno dato prova di aver assorbito lo spirito dei due marchi e, in completa autonomia, saranno sicuramente in grado di perpetrarne il successo mantenendo un'invidiabile quanto anomala (nel panorama svizzero) indipendenza... torinese.
A un'unica grande sede produttiva di movimenti e casse corrispondono le distinte sedi delle due manifatture, poste a poche decine di metri una dall'altra a La Chaux-de-Fonds. Villa Margherita completa il quadro e accoglie il museo Girard-Perregaux. Il piano terra di Villa JeanRichard ospita invece il museo di macchine, strumenti e attrezzature dell'orologeria.
Marcel Dubois, direttore di produzione che ci accompagna nella visita alla manifattura, ci spiega che Sowind considera i due marchi come distinti clienti e a ciascuno fornisce casse e movimenti diversi. JeanRichard, infatti, utilizza calibri dedicati. Con orgoglio Massimo Macaluso ci ha mostrato gli ormai dieci diversi calibri JeanRichard, presentati con un ritmo incalzante, che animano le collezioni e declinati sulla base del celeberrimo - anche se recentissimo - calibro JR1000, meccanico a carica automatica.
La disponibilità di svariati calibri di base Girard-Perregaux avrebbe potuto far ritenere opportuno utilizzarli anche per JeanRichard, mutatis mutandis (vale a dire con finiture diverse e magari con un diverso rotore), invece si è optato fin dall'inizio per un movimento completamente nuovo e dedicato.
A questa varietà di calibri e a tutti gli investimenti che comportano in termini di progettazione, sviluppo, messa punto per cominciare, approvvigionamento e gestione delle forniture per continuare, non corrispondono che 30.000 orologi all'anno, suddivisi tra i due marchi, e a poche consegne di movimenti a terzi. è il prezzo da pagare per mantenersi fedeli all'indipendenza e all'approccio globale dell'orologeria tipico delle manifatture, appunto, che creano, sviluppano e producono da sole.
Non è un caso che Girard-Perregaux a pieno titolo si vanta di produrre "watches for the few since 1791" e che abbia incentrato la più recente campagna pubblicitaria sul concetto di "wait", cioè dell'attesa. Come dire che oggetti importanti, che siano orologi piuttosto che automobili o strumenti musicali, hanno bisogno di un tempo di gestazione inevitabilmente lungo e aborriscono la fretta di cui, pure, è condita la realtà quotidiana.
Risulta pleonastico concludere che altri si vantano molto di più per decisamente molto meno. Ma questo è un altro tratto tipico della famiglia torinese di cui vi parlavo.
La visita alla manifattura inizia nel reparto dove nascono i movimenti. Marcel Dubois ci spiega che esistono in buona sostanza due tipi di macchinario. Dove si producono piccole serie (diciamo dell'ordine di mille pezzi) si utilizzano macchine transfer a più postazioni di lavoro in cui il pezzo viene fatto scorrere, come se si trattasse di una linea di montaggio. In ognuna viene svolta un'operazione e il pezzo esce praticamente ultimato e pronto per la finitura.
I pezzi unici o le complicazioni, invece, vengono prodotti con macchine a una sola testa dotata di moltissimi utensili (sono 48 quelli utilizzati per la platina di un tourbillon). Qui il pezzo rimane fermo e l'unica testa, ogni volta con un utensile diverso, esegue in sequenza tutte le lavorazioni.
La precisione con cui si lavora è dell'ordine dei 3 micron e viene costantemente verificata con telecamere a infrarossi.
Nel reparto attiguo, in cui vengono lavorate le casse, il livello di precisione è inferiore di un ordine di grandezza (un centesimo di millimetro). Ma i macchinari sono più complessi perché, a differenza che sui movimenti, si lavora in tre dimensioni,
Le operazioni di stampaggio sono ridotte al minimo perché non garantiscono, specialmente per certi modelli di cassa, la precisione di finitura voluta. Nella cassa Vintage 1945, tanto per fare un esempio, la lunetta viene lavorata a parte e saldata successivamente. Se venisse stampata insieme alla carrure, risulterebbe impossibile rifinirla in corrispondenza del tipico segmento orizzontale in rilievo che la tiene separata dalle anse.
La cassa attualmente più difficile da realizzare, ci dicono, è quella del Paramount di JeanRichard, in cui le due tipiche graffette orizzontali che delimitano il quadrante sono costruite a parte. Le operazioni di "machinery" vengono effettuate anche di notte in automatico, fatta eccezione per quando si lavora il titanio, che ha la fastidiosa tendenza a bruciare se si raggiungono elevate temperature di lavorazione.
La visita continua al reparto finitura dove rimaniamo stupiti nel constatare che il perlage viene effettuato in modo del tutto manuale anche sui calibri di base. Ciò inevitabilmente comporta l'unicità di ogni singolo movimento. Marcel ci spiega una delle scelte di campo di Girard-Perregaux: lo sforzo della progettazione è creare movimenti più piatti possibile per non tradire l'eleganza degli orologi che quasi sempre è strettamente legata a spessori ridottissimi. Questo implica difficoltà progettuali e costruttive non da poco: altri, che pure producono movimenti di straordinaria qualità, puntano decisamente di più sull'ottenimento dell'affidabilità non lesinando sul dimensionamento dei singoli componenti, facendo inevitabilmente lievitare lo spessore.
Il reparto smalti ci riserva una gradita sorpresa. Dei pochi che vi fanno parte (la tecnica dello smalto era quasi andata perduta se non fosse per il rinnovato interesse che i mercati emergenti - quello cinese in primis - hanno sempre tradizionalmente dimostrato per questa specialità) la figura di spicco è quella di Vanessa Lecci - italianissima - cui non è sembrato vero di incontrare giornalisti italiani interessati al suo specifico settore, così di nicchia. Con una passione davvero palpabile ci illustra la sfida che il quadrante in smalto - cloisonné o champlevé non importa - rappresenta. La tecnica non ammette errori e spesso qualsiasi imperfezione di colore, di cottura o di preparazione, può risultare fatale e vanificare interminabili lavori preparativi. Gli smalti, composti di ossidi di piombo e silice, vengono cotti per non più di un minuto in forno a circa 800° C. Per compensare le tensioni sul quadrante un controsmalto va applicato sul retro del supporto metallico.
La visita prosegue al reparto complicazioni e al laboratorio prove dove vengono eseguiti sugli esemplari di serie i test più diversi: si va dalle consuete prove di tenuta alla verifica di resistenza dei cinturini sia in cuoio che in metallo. Di questi ultimi va sperimentata l'affidabilità delle maglie chiuse a vite. Su un'attrezzatura dotata di una sofisticata macchina fotografica vengono eseguiti mille scatti al minuto, riprodotti sul monitor LCD di un PC, per verificare il contatto di ogni dente della ruota di scappamento sulle leve di entrata e uscita dell'àncora.
Al reparto tourbillon, in cui ci guida Jacques Ourny, orologiaio di provata esperienza, lavorano complessivamente 24 persone. La produzione annua è di circa 200 tourbillon declinati nelle innumerevoli versioni a catalogo, con particolare riguardo alle richiestissime versioni scheletrate. Queste comportano una complicazione di lavorazione supplementare. Ogni calibro va infatti abbinato alla sua cassa fin dall'inizio per evitare qualsiasi sbavatura nelle superfici di contatto tra la cassa e il movimento, appunto.
Con pazienza infinita (dividendo il numero di pezzi prodotti per il numero di addetti che vi si dedicano in esclusiva, è facile comprendere che la produzione per orologiaio non arriva a dieci pezzi all'anno) un'orologiaia lucida il ponte del tourbillon, utilizzando quattro diversi bastoncini in legno di bosso impregnati all'estremità di pasta diamantata con granulometria infinitesima che varia impercettibilmente all'avanzare delle operazioni. Ognuna è contraddistinta da un colore diverso per renderla riconoscibile. Con quattro distinte lime pure dedicate, viene di volta in volta rifatto il filo dei tenerissimi bastoncini di legno di bosso. Un altro orologiaio ci mostra con orgoglio una curiosa e ingegnosa attrezzatura che si è autocostruito per facilitare il montaggio dei componenti della gabbia.
A chi si chiede come possano essere giustificati i prezzi di orologi di questo tipo, basterebbe trascorrere una mezz'oretta qui dentro, in atmosfera protetta e con camice e sovrascarpe, naturalmente.

 

 
Massimiliano Pancaldi

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« Risposta #26 il: Dicembre 11, 2008, 18:25:26 pm »
Un po' " ingombrante " come allegato, ma lo reputo molto interessante.[;)]
Massimiliano Pancaldi

Albe

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« Risposta #27 il: Dicembre 11, 2008, 18:37:03 pm »
..ammazzate!!
ma quelli più semplici dei turbillon o complicati?

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« Risposta #28 il: Dicembre 11, 2008, 18:47:43 pm »
Qui spiaga un po' in generale, dalla " piccola serie " al turbillon...
Massimiliano Pancaldi

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« Risposta #29 il: Dicembre 11, 2008, 19:11:56 pm »
E cmq anche loro utilizzano per quasi tutta la gamma CNC... penso che la differenza la faccia il grado di finitura ed il numero di ore che si impiega a fare un pezzo.
E cmq non è facile capire qual'è un giusto rapporto qualità prezzo!?
Massimiliano Pancaldi